Giovani promesse

"Vogliono fare gli animatori. Vorremmo aiutarli a scoprire di più, far emergere la dimensione spirituale che è alla base di una vocazione come questa"
11 Febbraio 2014

Quando Chiara – ventuno anni – mi telefona, sono piacevolmente sorpresa: sono stata la sua catechista per non più di tre anni, ma abbiamo conservato una reciproca simpatia, anche se non abbiamo più molte occasioni per incontrarci.

Lei adesso è animatrice dei giovanissimi di una piccola parrocchia vicina, segue un gruppo di dodici ragazzi tra i sedici e i diciassette anni, maschi e femmine, che stanno per concludere il loro percorso formativo e desiderano proseguire, vogliono fare gli animatori. Già questo è un fatto abbastanza inconsueto: “tutto il gruppo?” le chiedo.

“Sì, tutti. Sono molto amici, hanno mantenuto un impegno costante nel venire agli incontri, i pochi che hanno lasciato lo hanno fatto subito dopo la Cresima, ma loro no, e vogliono continuare. Abbiamo già fatto alcuni incontri con dei formatori, ci propongono strategie per gestire il gruppo, giochi, cose molto pratiche. Noi che li accompagniamo, però, sentiamo che questo tipo di formazione non è sufficiente. Vorremmo aiutarli a scoprire di più, far emergere la dimensione spirituale che è alla base di una vocazione come questa. Ne abbiamo parlato col parroco, e abbiamo pensato a te: puoi aiutarci?”

Mi chiede di guidarli in quattro incontri per parlare del significato cristiano del servizio che svolgono: una bella occasione. Così mi preparo, cercando innanzitutto di individuare qualche semplice strategia per sciogliere un pochino il clima tra noi (non mi conoscono, non mi va di passare per ‘la prof’ con cui si instaura un rapporto formale). Porto al primo incontro una serie di immagini, ritagli di giornale: chiedo loro di sceglierne una e di utilizzarla per condividere qualcosa di se stessi. Ci sono figure di ogni tipo, paesaggi, persone intente nelle attività più varie, auto, pc, telefonini, case, strumenti musicali, foto di concerti…

Si mostra con chiarezza, subito, quanto sono belli. Cerco di descriverli così come loro stessi hanno fatto.

La terra. Un ragazzo sceglie due mani che porgono una zolla di terra dalla quale spunta un germoglio: “Quando torno da scuola mi piace fare un giro nei campi, vedere le piante che crescono. Ci vedo tanta vita”.

Il lavoro. Due di loro parlano di sé attraverso le figure di uomini che fanno cose molto concrete, chi lavora su un’impalcatura, chi scava con una pala: “Io voglio vedere i risultati di quello che faccio. Non vedo l’ora di finire la scuola per fare qualche cosa di solido”.

“Io quando lavoro sono felice. Davvero, mi piace fare fatica e se sono stanco, sono felice”.

Un uomo che cammina in montagna: “A volte ci sono delle difficoltà da affrontare. Allora è importante fare come in montagna, mettere un piede dopo l’altro e andare avanti”.

Una mano chiusa a pugno: “Mi ricorda la forza, la forza che ci vuole per vivere” (mi sorprende questa ragazzina, il suo sguardo deciso e serio).

Un dipinto astratto: “E’ come sono io: ci sono sprazzi di luce e di colori, e anche una parte scura, ma non è ancora ben definito…”

Un libro aperto: “Mi piace leggere, studiare, capire”.

Un atleta: “Fare sport è bello, si imparano tante cose, il sacrificio…”

Una pellicola da film: “E’ il mio sogno, vorrei diventare fotografa”.

Famiglia, tanta famiglia.

Un uomo con una bimba sulle spalle: “Mia mamma e mio papà sono per me un punto di riferimento, mi fanno sentire sicuro”.

Un gruppo di adulti e bambini che si tengono per mano: “Io qui ci vedo la nostra famiglia, che è grande, ci sono nonni e genitori e noi fratelli, e tutti ci aiutiamo. Gli voglio bene” e rivolgendosi al fratello, che fa parte del gruppo:  “anche a te, scemo”. Ridono.

Una mano grande e una piccola che si stringono: “Mi fa pensare ai miei. Quello che conta è stare insieme, è la cosa più importante. Anche quando è fatica”.

Al termine sono io ad essere più ricca. Prendo in disparte Chiara e la ringrazio per avermi coinvolto in questa avventura. Poi le chiedo: “Cosa vorresti, prima di tutto, da questi incontri?”

“Essere aiutati ad incontrare il Signore”.

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