“C’era una volta”. Così iniziano le fiabe che ci hanno raccontato, quelle che ci hanno fatto stupire, tremare, gioire. Spesso, pur conoscendole a memoria, ce le siamo fatte leggere più volte dai nostri familiari. Storie fantastiche e coinvolgenti perché in fondo scorreva un filo di realtà che ci catapultava dentro con desiderio. C’era una volta…e c’è ancora! Ogni fiaba inizia così, ma possiamo dire che anche ogni vita inizia così.
Un giorno su un aereo, seduti accanto a me, c’erano una mamma con il bambino di circa 5 anni di cui ancora ricordo il nome: Cristian. Il viaggio si prospettava lungo e la mamma aveva già esaurito la lettura del libro delle favole che aveva saggiamente portato per intrattenerlo. Cosa raccontare dunque al figlio che ne chiedeva un’altra insistentemente? Ecco la risposta direttamente dal cuore della mamma: «C’era una volta un bambino di nome Cristian” a cui piacevano tanto le fiabe…». Così fiabe e vita si intrecciano: le prime accompagnano la crescita e ci rendono da adulti sognatori con i piedi per terra, la seconda si arricchisce della fantasia necessaria per lottare contro le illusioni e le passioni eccessive.
Si dice che “ogni vita viene al mondo per raccontare una storia”, non favole tratte dai libri, ma l’esistenza vera di ciascuno che esce dal “libro della vita” per camminare nel quotidiano. “C’era” ha in sé l’essere creature, cioè l’esistenza nell’eternità e il respiro di una vita nel tempo. “Una volta” indica la temporalità del fatto ma allo stesso tempo può indicarne l’unicità, cioè una volta sola; infatti, ogni vita è speciale e, a differenza delle fiabe immaginarie, è irripetibile cioè ha in sé elementi che ne fanno un pezzo unico e agli occhi del Creatore un’opera d’arte. Il punto di partenza è proprio questo: ogni educatore ha davanti un’opera d’arte di cui prendersi cura. Attenzione! Non è l’educatore a realizzare l’opera d’arte, può però scoprirne l’essenza, intuirne la grandezza, fare come lo scultore che nel cuore della pietra vede già in sé la forma perfetta della scultura per cui deve solo togliere all’inizio l’involucro esterno, levigare le parti, eliminare il di più.
Quando un ragazzo entra in un ambiente educativo porta con sé la sua storia e quel luogo deve aiutarlo a raccontarla pian piano secondo i tempi della crescita e della maturazione. Tocca alla comunità preparare il terreno, cioè a tutti quegli educatori capaci di formare non di plasmare, di tenere in mano senza trattenere, di avere pazienza e non lamentarsi, avere tra le mani qualcosa di prezioso e non ritenerlo proprio, offrirlo al mondo senza ritenersi perdenti. Questa azione, che è un movimento di mente e cuore, va ripetuta ogni volta, con ogni giovane, in modo nuovo e in tanti casi originale. È il primo passo ma paradossalmente è anche quello decisivo: prendersi carico di una vita, di un bozzolo che ha in sé la farfalla. Dunque, ogni incontro sarà uno scambio di storie che inizia col sorriso, l’accoglienza indiscriminata, la conoscenza del nome, una buona stretta di mano, un “che cosa ti piace fare”, quando hai bisogno io ci sono, ti presento alcuni amici, impegniamoci insieme in qualcosa, “sta’ sereno”, “coraggio”, ti aspetto domani.
Poi la storia riprende, continua, affascina…c’era una volta, c’è ancora oggi, ci sarà domani!
C’era una volta. ….ma perché oggi non c’è più? Il buono e il cattivo, il bene e il male, non esistono più, eppure accadono come nelle fiabe raccontate fatti da non credere tanto sono peggiori di quelli inventati dalla fantasia di un storyteller.E’ per la dura realtà dei fatti che ci si interroga sul perché tanta disumanità è potuta accadere malgrado una cultura dove la ricerca intellettuale ha scrutato e vagliatol’umano sentire attraverso secoli di storia, l’evolversi della persona umana fino a questa multiforme realizzazione di società in cui oggi viviamo. Pertanto che il lupo/ il male non esista, significa lasciare la persona inconsapevole di un pericolo possibile, senza l’avvertenza a essere in grado e come difendersi se nel caso. Questa libertà di cui oggi si fa religione, impone invece di avere avvertenza. Cristo citando Isaia:”Udrete si, ma non comprenderete, guarderete,si,ma non vedrete.Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile..”