«Certo i documenti del Concilio hanno arrecato dei contributi importanti su degli aspetti fondamentali: la Parola di Dio, la liturgia, la Chiesa nel mondo del nostro tempo, il ministero episcopale, la libertà religiosa, il rapporto con le altre religioni. Ma, a pensarci adesso, la cosa più importante è stata una questione di “atmosfera”: una visione larga della storia dell’umanità, il primato della speranza, una memoria di resurrezione più forte di tutte le paure (compresa quella che le chiese si svuotano), la testimonianza di un rapporto cordiale di Dio con il mondo, la fiducia data ai cristiani nella Chiesa, una fede che invita senza paura all’intelligenza, una morale che sa trarre la sua esigenza dell’ispirazione più che dalla pressione, l’universale testimoniato dell’attenzione data ai più piccoli: insomma un vento di Vangelo e di beatitudini, quale soffia nei grandi momenti della storia della Chiesa e del cammino dei cristiani nel mondo» (don Sergio Colombo, Scritti sul Concilio).
Chissà cosa avresti pensato di Zerocalcare, quando scrive che questo mondo non lo renderà cattivo. Io credo che molto probabilmente gli avresti dato ragione e lo avresti apprezzato, e avresti aggiunto che molto spesso (e sicuramente in questi giorni) il mondo sembra mettercela tutta per renderci più cattiv* di quanto già siamo per conto nostro; e che conservare il fiore della nostra umanità, per quanto sgualcito e saturo di contraddizioni e di sbagli, è il supremo atto di resistenza contro il male che avanza nella storia.
In questi giorni sto leggendo “God save the queer” di Michela Murgia. Ho la presunzione di pensare che ti sarebbe piaciuto: io credo che ne avresti apprezzato il coraggio intellettuale di mettere in conversazione la fede con la vita, che è sempre plurale e polifonica, e richiede il più delle volte di stare su una soglia invece che in una zona di conforto. Avresti forse avuto da ridire su alcuni vezzi qua e là, ma avresti amato la tensione di fondo verso un cristianesimo dinamico.
Permettimi di dirtelo: avresti apprezzato la critica a un modo di intendere la religione che fa assomigliare Dio al peggiore dei nostri autoritratti, e ti saresti commosso con l’icona di Rublëv, questo divino uno e molteplice che si mostra nella relazione e ti invita a sedersi a fianco perché c’è sempre un posto a tavola per chiunque.
Avresti condiviso, di questo ne sono certo, la distinzione tra l’ottimismo un po’ stolido, che tipicamente viene smentito dall’evidenza empirica e statistica, e la speranza nella fede, cioè, come dice Murgia, «la certezza che fare determinate cose abbia un senso a prescindere dal modo in cui andranno a finire».
Di quante cose sarebbe bello parlare oggi!
Non sempre si può avere il cuor contento, come in quella canzone che ti piaceva tanto, però lo vedi, cerchiamo di tenere botta.
C’è molto da fare.
Per il momento, grazie: ci sono molti modi di essere padri, ci sono molti padri nella vita, e tu a tuo modo lo fosti.