III domenica di Pasqua: Gv 21,1-14
IL RISORTO APPARE AGLI APOSTOLI (Luigi Pagano, 2007, Lezionario domenicale e festivo della Chiesa cattolica italiana)
Sono un bel bottino, 153 grossi pesci. Ma quest’abbondanza (unita all’infinità di ipotesi sul valore simbolico del n. 153) rischia di oscurare un altro dettaglio, altrettanto significativo. Cioè che, persino da risorto, Gesù dia peso a ciò che fa comunione: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?».
È vero che, all’alba, la visibilità non è al massimo. E che il rumore delle onde potrebbe aver coperto la parola insieme, messa in fine di domanda… Fatto sta che i suoi, chiusi in neri pensieri, biascicano che «no», non hanno nulla da offrire, persistendo nel guardare senza capire.
Il destino del risorto è d’essere sempre preso per un altro: dai sette sulla barca, per un accattone o per un acquirente; dalla Maddalena, per un ortolano; dai due di Emmaus, per un viandante… Fortuna che, quando suggerisce di gettare la rete dall’altra parte, gli danno retta. E faticano persino a issare la rete, da quanto è piena. Ma il dono smisurato, sovrabbondante, esagerato, non è uno dei segni di Gesù? È allora che Giovanni lo riconosce e Pietro, udito che «è il Signore!», si tuffa. Per un’altra corsa verso di lui, stavolta a nuoto.
La cosa più notevole è che Gesù, pur sapendoli in arrivo con quel carico, li abbia aspettati preparando qualcosa da mettere sotto i denti: del pane e del pesce arrostito. Poi fa aggiungere sul fuoco di brace un po’ del pesce appena pescato e, come una madre o un padre di famiglia nella normalità di ogni giorno, chiama a pranzo: «Venite a mangiare».
Non si può non tornare con la mente alla moltiplicazione dei pani e dei pesci: anche quella volta c’era stata, all’inizio, una domanda di Gesù ai suoi, per provocarli al dono. Però, dopo averli visti in difficoltà nella divisione, aveva cambiato procedimento e puntato sulla condivisione. Partendo dal dono del ragazzo – l’unico disponibile a mettere qualcosa in comune – e mettendoci del proprio («Pochi, cinque pani e due pesci. Ma quando uno ha dato tutto, impegna Dio», scriveva don Primo Mazzolari).
Così comprendiamo meglio il Cristo di quest’opera, in apparenza diviso tra una luce divina e una umana: in realtà è un Cristo che si lascia condividere, da un Padre che non vuole lasciare solo e dai fratelli che non vuole lasciare soli. Ancor più della sua potenza, stupisce la passione di Gesù nei nostri confronti (smisurata, sovrabbondante, esagerata come il suo dono), il desiderio inesauribile di rimanere insieme, lui in noi e noi in lui. Al punto da offrirsi in cibo.