“Volevo andare a Lisbona”- 3: fantacronache a distanza dalla GMG 2023

Il nostro finto inviato a Lisbona prova a dare un senso alla sua finta trasferta mentre sta per iniziare la Veglia finale...
5 Agosto 2023

Fare finta di essere a Lisbona, a seguire la GMG 2023 come inviato, è stancante tanto quanto esserci veramente. Devi tenerti aggiornato sugli interventi del Papa (una decina in questi cinque giorni di viaggio), sui suoi gesti, i suoi incontri, seguendo il suo incessante itinerario portoghese. Certo, considerando che Francesco ha 86 anni e si sposta in carrozzina perché fa fatica a camminare, la sua GMG è sicuramente più faticosa di quella delle centinaia di migliaia di giovani che scorrazzano in questi giorni per Lisbona parlando tutte le lingue del mondo. Anche se lui sembra davvero felice di fare questa fatica. Figuriamoci poi se la GMG del Papa non è più impegnativa di quella mia, che mi limito a stare seduto a un computer buttando giù idee sempre più confuse.

Ma un po’ stanco lo sono anch’io.

Stanco di sentire il simpatico coro “Esta es la juventud del Papa” e di riascoltare il gradevole inno “Há pressa no ar” (“C’è fretta nell’aria”), già diventato il tormentone estivo 2023 insieme a quel pezzo che fa “Come se, come se, come sere d’estate”. Stanco di leggere commenti di gente che come me alla GMG non c’è andata, ma invece di mettersi in silenzio a pregare, sfoga su una tastiera le nevrosi accumulate in un anno di lavoro elargendo noiosi panegirici sul senso di questi raduni giovanili cattolici, sulla fede dei giovani oggi, sul futuro della chiesa. Tutte riflessioni da social, che un click cancellerà come un’onda cancella le nostre orme sulla battigia nelle se, nelle se, nelle sere d’estate, di cui sopra. Stanco di guardare invidioso le immagini di gioia, allegria, a volte euforia, di chi a Lisbona ci sta veramente. Anche perché capisco che da lontano tutta questa “cioia”, come l’avrebbe chiamata Papa Benedetto, sembra immotivata, mentre lì deve avere un senso preciso, deve essere vera.

E stanchi sarete anche voi di leggermi.

Perciò, mentre insieme a centinaia di migliaia di pellegrini sono in attesa che cominci la Veglia finale con il Papa, sul prato del “Parque Tejo” di Lisbona,  provo a elaborare tre pensieri compiuti.

C’è il problema della gerarchia che fa finta di ascoltare i giovani. Ne chiama due o tre a fare qualche schitarrata (rigorosamente con testi buonisti), altri quattro o cinque esperti di social network per farsi qualche selfie con il vescovo o il teologo, e pensa di essersi messa l’anima in pace, di essere così in connessione con i giovani. Pensa di sembrare giovane. Invece sembra solo ridicola. I giovani non vanno solo ascoltati, gli va dato potere decisionale, bisogna affidarsi a loro. Ma prima ancora vanno fatti innamorare di Cristo.

Ecco l’altro problema. Come si fa? Basta fargli cantare tutti insieme un’altra hit del Giubileo del 2000 come “Jesus Christ you are my life” del Maestro Frisina? (Come stiamo facendo adesso a Lisboa 23 anni dopo). Papa Francesco (quello di 86 anni in carrozzina di cui parlavo prima), un Pontefice molto più spirituale che politico (a dispetto della narrazione abituale) mi pare abbia le idee chiare e qui in Portogallo lo sta dimostrando. Ci si innamora di Gesù recuperando la dimensione mistica della vita di fede: riscoprendo, prima di tutto nella preghiera intima individuale, che siamo amati personalmente da Dio: “siamo tutti chiamati dal Signore, chiamati perché amati”. Ci si innamora di Cristo scoprendo che “Lui piange con noi, perché ci accompagna nell’oscurità che ci porta al pianto”. E perché dovremmo piangere? Ognuno di noi lo sa benissimo perché. Ma quello che noi come Chiesa dovremmo insegnare (non solo ai giovani) è che esiste un concreto conforto spirituale che nasce dal sentirsi guardati, accompagnati e amati da Dio, attraverso il suo Figlio incarnato. Forse ne parliamo troppo poco, dandolo per scontato. Eppure se non lo si sperimenta non lo si capisce. E allora insegniamo ai giovani a pregare, adorare, contemplare, meditare.

Intanto l’orchestra e il coro hanno riattaccato per la centesima volta l’inno “C’è fretta nell’aria”. È quasi una provocazione! Lo fanno per innervosirmi. Ma io non cedo.

Arrivo all’ultima cosa che volevo dirvi. Che senso ha una GMG oggi? Nelle chiese si vede poca gente e quella poca non è giovane. Da dove vengono questi misteriosi ragazzi e ragazze arrivati a frotte a Lisbona dai cinque continenti, fino a comporre un tappeto di un milione di adolescenti che pregano e cantano con il Papa? Sono comparse assoldate dal Vaticano? Sono persone che non sapevano dove andare in vacanza? No, probabilmente sono giovani inquieti, che non si accontentano. Hanno le loro insoddisfazioni, anche e soprattutto nei confronti della Chiesa, ma vogliono lo stesso trovare un senso non solo materiale alla loro vita. Assetati di senso, di consolazione spirituale, di pace interiore, di qualcuno che gli dica per cosa vale la pena vivere. Ecco, questi giovani sono per i vescovi e i preti, i religiosi e le religiose, una grande chiamata alla responsabilità. Esigono una testimonianza autentica, non vacue parole, balletti e simpatia.

La spianata di stasera al Parque Tejo non è una prova di forza, una sfida al mondo secolarizzato. Ma una sfida prima di tutto a noi come Chiesa.

3 risposte a ““Volevo andare a Lisbona”- 3: fantacronache a distanza dalla GMG 2023”

  1. Pietro Buttiglione ha detto:

    Papa Franci ha esortato i giovani a voler cambiare il mondo.
    Avrei voluto che avesse aggiunto anche la CHIESA.
    Certo, senza ridursi ad acquasantiere e pellicole Domopack😭😭😭
    PS stamane a Messa l’officiante con i suoi “ad excludendum” mi ha ricordato quel
    TUTTI gridato..Tanta strada da fare. Se vi aggiungo quel ?prete? di Desenzano…🤐😭

  2. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Intanto senza voler essere fini esteti ,magari un po’ piu’ di senso del sacro non guastava anche in un evento di “massa” . Non e’ che la massa si merita solo la bruttezza e lo squallore . Le ciotole di plastica con la pellicola Domopak per distribuire le ostie sono tristissime . Lo stile e’ l’uomo .

  3. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Diceva un vecchio proverbio : Se son rose fioriranno .
    E il Vangelo: Luca 6,43-45: “Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo.”
    Se le GMG seminano buoni semi questi attecchiranno e avremo frutti buoni . Altrimenti, e’ tutta fuffa.

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