Tra gli auguri di capodanno ho ricevuto con piacere una mail da un amico. Mi racconta della sua gioia di essere prete e di confermare giorno dopo giorno la sua scelta. Di questi tempi fa piacere al cuore sapere che qualcuno ha scelto la Verità e con fedeltà ci prova a viverla quotidianamente. E tra gli auguri che formula alla Chiesa per il 2012, spiccano alcune considerazioni sulle condizioni in cui essa oggi vive.
Dal suo punto di vista, la stagione che stiamo attraversando è davvero difficile. Dai casi di cronaca in cui uomini di Chiesa mostrano una testimonianza “davvero incredibile”, nel senso etimologico del termine, alle difficoltà che la comunità ecclesiale trova nell’essere “sale della terra e luce del mondo”. Dall’immagine sempre più “sporcata” che la Chiesa si ritrova addosso per una campagna di disinformazione evidente, agli attacchi ai cristiani, ancora purtroppo di terribile attualità.
Ma poi si concentra su ciò che dentro la Chiesa fatica ad essere vivo e vitale, e qui davvero l’elenco della sua mail si fa lungo. Ma mi colpisce soprattutto l’elenco delle cose che, secondo lui, sanno e ancora tanto, di vangelo. Ed è questo che mi piace riportare: giovani che, stanchi di un mondo fatto solo di immagine, ritrovano la voglia di tornare a cercare l’anima, la loro, e quella di una Chiesa che li accolga nella loro ricerca. Coppie che fanno della forza del sacramento celebrato davanti a Dio, la base per ricucire fatiche e tradimenti, e trovano un modo sincero, anche con fatica e dolore, per ritrovarsi ancora a dirsi di sì. Uomini che dopo anni di droga, attraverso comunità terapeutiche accettano il loro Aids, come un modo per amare misteriosamente, in Cristo, persone che non conosceranno mai. Intere comunità che si accollano fatiche economiche diffuse, e inconfessabili fino a qualche anno fa, di famiglie che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese. Madri single che spinte dalla fede semplice e potente dei loro figli, riaprono un cassetto dello spirito, di cui avevano dimenticato la chiave.
E allora davvero sento che la nostra fede non è morta, che l’amore che Dio ci ha regalato continua a produrre frutti, magari nascosti o poco percepibili, ma estremamente quotidiani e concreti. Che la speranza che portiamo dentro ha ancora molto da dire a questo tempo e a questo mondo. Così, dopo aver ringraziato di cuore il mio amico prete, mi fermo a riflettere sugli auguri che io farei alla Chiesa, quindi a tutti noi, per il 2012.
Vorrei che in questo “spaesamento collettivo” ci fermassimo un istante e ci chiedessimo: “Ma qual è la cosa più importante di tutte per Gesù? Quella su cui concentrarsi e a cui dedicare le nostre energie? A partire dalla quale si può ancora trovare un filo per capire e dare senso a quello stiamo vivendo? Mi è passato sotto mano in questi giorni, per questioni di lavoro, il libro di Geremia. “Poiché dice il Signore: Ecco questa volta caccerò lontano gli abitanti del paese, li ridurrò alle strette, perché mi ritrovino (10,18)”. Ecco la cosa più importante per me sta in questo verbo: ritrovarlo. E sempre Geremia suggerisce due concreti auguri per ritrovarlo.