Una “tiratina d’orecchie” al cammino sinodale italiano?

La lenta, lentissima, partenza del cammino sinodale italiano ha richiesto l'intervento dei cardinali Bassetti e Grech...
29 Novembre 2021

La scorsa settimana si è conclusa l’assemblea generale dei vescovi italiani. Un’assemblea straordinaria – dopo quella ordinaria di maggio – resasi necessaria anche, e forse soprattutto, per riflettere insieme sulle potenzialità e sulle difficoltà del processo sinodale di recente avviato. Agli occhi del mondo cosiddetto “laico”, invece, questo processo deve essere così temuto o risulta essere talmente insignificante, da aver costretto due importanti quotidiani nazionali a collegare la notizia dell’assemblea generale con la (presunta) «grande corsa – sotterranea – per la successione del cardinale Bassetti alla guida della Cei» (D.Agasso), in vista della quale (maggio 2022) sarebbero «caldi i motori» di alcuni vescovi e cardinali (P.Rodari), i cui nomi sembrano essere stati evidenziati più per dare l’illusione dello scoop (se non per tentare di “bruciarli”) che per dovere di cronaca.

I due vaticanisti avrebbero forse fatto meglio ad attirare l’attenzione su questa assemblea generale, manifestando eventualmente l’auspicio di un intervento risolutorio che facesse decollare definitivamente, almeno in Italia, il processo sinodale – questo sì partito con i motori non ancora caldi se non del tutto freddi (come ha mostrato qui Sergio Di Benedetto). Anche perché in un tempo di disintermediazione e di crisi generale dei processi democratici dovrebbe essere una notizia importante il fatto che la Chiesa, pur tra mille distinguo, stia cercando di rivalorizzare stili, strutture e processi di consultazione e mediazione.

Tale intervento, nonostante tutto, è poi arrivato, almeno per quanto si è potuto leggere sia nel discorso del cardinal Bassetti sia – soprattutto – in quello del cardinal Grech. La risonanza pubblica di tali discorsi, dentro e fuori la Chiesa, è stata però inversamente proporzionale alla loro importanza.

Il cardinal Bassetti, dopo aver sentito come a maggio l’esigenza (forse un po’ ridondante?) di ribadire la «sintonia», l’«unità di intenti», la «volontà di procedere insieme, all’unisono (…) e in armonia» tra i vescovi e la «comunione» tra essi e colui a cui «riconosciamo (…) il compito di “confermare i suoi fratelli” (Lc 22,32)», ha chiesto a tutti – con più forza e maggior chiarezza rispetto a maggio – di «apprendere un nuovo “respiro ecclesiale”», di «fare un passo in avanti, un vero progresso», «un salto di qualità» (la «conversione pastorale» di EG 32) su due punti intimamente connessi:

1) acquisire una «nuova e più profonda consapevolezza» ecclesiologica della «scelta» conciliare (LG) di far precedere il capitolo (II°) sul popolo di Dio rispetto a quello (III°) sulla gerarchia: «il pastore si capisce solo alla luce e nel servizio al suo gregge» e perciò deve «coinvolgere tutti i credenti, anche quelli più tiepidi, facendoli sentire non accessori o meri destinatari, ma essenziali». Posto che ogni «forma (…) giuridica» di tale coinvolgimento corrisponde a un’«idea ecclesiologica», ecco che diventa decisivo non solo rendere «più efficaci» gli organismi di partecipazione previsti dal diritto canonico (come il Consiglio presbiterale o il Consiglio pastorale), ma soprattutto dare libero sfogo alla «creatività» affinché vengano ascoltate e valorizzate «persone che, pur non essendo pienamente integrate nella vita della Chiesa, avrebbero qualcosa di importante da dire. A volte le situazioni dolorose o tristi della vita possono averle allontanate o relegate in un ambito di silenzio forzato, ma sono persone rimaste interiormente vicine al Signore»: «chiediamo a Lui occhi per vedere e dare voce anche a costoro. Si tratta di tenere il diaframma del cuore il più aperto possibile, per consentire a chi vuole di lasciare un’impronta di luce: anche a chi vive nell’ombra, suo malgrado»;

2) ascoltare questo popolo allargato di Dio, quindi, «non è un gesto strategico né un pro forma», ma «tappa ecclesiale imprescindibile»; «non è una dinamica unidirezionale, ma un metodo ecclesiale per progredire insieme», anche perché – ed è il punto teologico, di fede, decisivo! – il Dio che Dt 6,4 ci chiede di ascoltare è il Dio che ascolta il grido del popolo (Es 3,7) – per poi «intervenire» e «cambiare le cose»: «si tratta di modificare la direzione del pensiero: non c’è più chi parla soltanto e chi ascolta soltanto; tutti siamo in ascolto gli uni degli altri, e soprattutto in ascolto dello Spirito … Nessuno è esclusivamente docente e nessuno è esclusivamente discente: ci si ascolta, si impara e si cresce insieme».

In definitiva, un cardinal Bassetti che sempre più sta chiedendo ai suoi confratelli, in modo tanto fraterno quanto franco, di mettere al centro di questo cammino sinodale avviatosi molto lentamente alcune parole chiave su cui Papa Francesco sta insistendo da mesi: immaginare i modi più efficaci per ascoltare (lo Spirito di Dio in) qualsiasi persona, vicina o allontanata(si), taciturna o urlante – ma comunque docente – da cui la Chiesa, di solito mater et magistra – ma qui anche discente, possa imparare per cambiare qualcosa di se stessa.

Certo, su cosa la Chiesa possa (o addirittura debba) cambiare – il potere e l’autorità? il magistero? il senso dell’evangelizzazione? – il cardinal Bassetti non si è sbilanciato, come invece ha fatto in modo significativo il cardinal Grech (il cui intervento approfondiremo la prossima volta). Ma almeno, quanto chiesto dal presidente della CEI, le Chiese che sono in Italia lo stanno facendo o sono intenzionate a farlo? E soprattutto, hanno capito e compreso che è questo quello che si tratta di fare?

 

4 risposte a “Una “tiratina d’orecchie” al cammino sinodale italiano?”

  1. Renzo Cavenago ha detto:

    Ma qualcuno crede ancora a queste cose? Ho 72 anni e di assemblee, inchieste, questionari, gruppi di ascolto ecc ne ho visti abbastanza. Non solo non è cambiato niente, ma le cose sono peggiorate. Il problema, a mio parere, è anche la struttura giuridica della chiesa, rimasta al Concilio di Trento: vescovi e parroci che vanno e vengono e ti mandano uno che manco sai chi sia, si fa la festa di benvenuto e poi te lo tieni. Fa delle cose. Poi ne arriva un altro: festa di addio al primo, festa di benvenuto al nuovo arrivato, e poi speri che il nuovo non smonti quello che ha fatto il vecchio. Purtroppo quello nuovo ha le sue idee e smonta le cose fatte da quello di prima. Quello che conta per i parrocchiani non ha importanza. Troppo semplicistico? Questa è la realtà. Non facciamoci illusioni: la comunità è solo un bel sogno.

  2. Roberto Beretta ha detto:

    Non c’è da stupirsi che il sinodo non faccia notizia tra i giornalisti laici: facciamo fatica a crederci anche noi… Anzi, ancora di più: perché sono decenni che sentiamo parlare di dare spazio ai laici. Adesso Bassetti consiglia i suoi pari di ascoltare anche chi non è nella Chiesa; giustissimo! Addirittura a noi piacerebbe che si ascoltasse persino chi ci è dentro…

  3. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    La Chiesa non si è mai fermata.

    Sarà anche vero.
    Specie se si aggiunge che talvolta ha ingranato la marcia indietro.
    Cfr il VTII
    Cfr vs il Modernismo
    Cfr la Santa Inquisizione
    Cfr…
    Presente quei ciclisti nel velodromo.. in spouplesse, quasi fermi?
    Mai fermata.. 200 anni x un passo che chiunque sa indilazionabile?
    Inoltre spesso a marcia avanti

  4. Lorenzo Marini ha detto:

    Ho i miei dubbi. Non si tratta solo di ascoltare, ma di definire assieme preti e laici il percorso per raggiungere obiettivi precisi e graduali. Serve indicare le priorità per rispondere alle carenze più vistose e urgenti.
    La Chiesa non si può fermare, non l’ha mai fatto nella sua storia e si è sempre interrogata e adeguata per rispondere alle sfide dei tempi.

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