Una nuova comunione

Messa sì - messa no. Col governo - contro il governo. E se cambiassimo la prospettiva?
3 Maggio 2020

Messa sì, messa no. Col governo, contro il governo.

Posizioni opposte che si sono affrontate senza esclusione di colpi, seppure ‘virtuali’. La prospettiva di fondo, però, mi sembra la stessa, la concentrazione quasi esclusiva sulle ‘pratiche’ rituali, e in particolare sulla messa così come la conosciamo: da una parte, la ricerca di modi possibili per vivere il rito di sempre e, dall’altra, l’esclusione di ogni ipotesi che contempli la partecipazione in presenza a un qualunque rito. In questo panorama desolante, la nota complementare della CEI per le esequie non ha fatto che aumentare il mio già grande sconcerto.

Leggendola mi chiedevo: chi si assumerà il compito di misurare la temperatura ai partecipanti ed eventualmente di lasciare fuori chi avesse la febbre? Oggi questa indicazione sembra essere già saltata, ma le altre domande restano: che modalità utilizzerà chi presiede la celebrazione per sanificare le proprie mani prima della distribuzione della comunione eucaristica? Sanificherà anche la pisside che contiene le particole? Perché prima l’ha toccata, potrebbe essersi contaminata e quindi a sua volta contaminare nuovamente le mani che la portano … E poi: per porgere la particola il prete utilizzerà un bastoncino da selfie? Altrimenti come la mantiene la debita distanza (due metri in luogo chiuso)? E soprattutto, la nota pone massima attenzione ai gesti del ministro: e i fedeli? Per entrare in chiesa devono avere guanti e mascherina. Ma non è possibile prendere la particola con i guanti, perché si contaminerebbe, né mangiarla con la mascherina … quindi il procedimento risulta il seguente: 1. abbassare la mascherina con addosso i guanti; 2. togliere i guanti facendo attenzione a non toccarne la parte esterna con la pelle delle mani (pena il doverle nuovamente sanificare); 3. prendere la particola e portarla alla bocca, 4. mettere un nuovo paio di guanti precedentemente tolti dalla borsa (dalle tasche) quando ancora si indossavano i vecchi; 5. rimettere a posto la mascherina.

In tutto questo, la forma fondamentale dell’eucaristia che è la cena (R. Guardini) che fine fa? Era di questo tenore la cena di Gesù con i suoi? Sono così i gesti che ci ha consegnato? E noi, oggi, ceniamo forse così in famiglia, nella comunione degli affetti? In questo modo l’eucaristia viene s-formata, con il rischio di risultare muta. Certo, il sacrificio di Cristo ne rimane il cuore, ma l’accesso al Suo dono, che Egli ha pensato con i gesti della comunione fraterna, dell’abbraccio e della condivisione, del servizio fino alla lavanda dei piedi, è quasi precluso.

Sento già le obiezioni: la grazia di Dio ci raggiunge comunque, sa superare tali barriere. Questo è vero, ma allora mi chiedo: perché mai Egli avrebbe voluto lasciarci dei modi riconoscibili, quotidiani per incontrarLo? Forse sa che è di questo che abbiamo bisogno per riconoscerLo?

In ogni caso, io sentirei il bisogno di un cambio, uno spostamento del focus della discussione.

Non trovo infatti risolutiva la semplice ipotesi di aspettare che tutto sia passato per tornare a celebrare: ci vorrà molto tempo, davvero molto di più di quanto potevamo ipotizzare. E sono d’accordo con chi dice che ciò che abbiamo (le diverse proposte on-line) è prezioso e va mantenuto, ma è insufficiente. Si tratta ora di pensare modalità nuove, adatte alle condizioni attuali e fedeli al Vangelo.

Provo a fare un’ipotesi, del tutto parziale e solo provocatoria, a partire da due coordinate della nostra vita di fede che sono emerse in questo tempo e meritano di essere riprese e rinforzate.

La prima coordinata è quella della dimensione familiare della fede e della valorizzazione del sacerdozio battesimale. Si tratterebbe di pensare modi per vivere l’eucaristia in una sorta di staffetta, fisica, concreta, tra la celebrazione in chiesa e la celebrazione nella chiesa domestica: un ritorno nelle case, da dove l’eucaristia è partita. Fino alla svolta costantiniana (313) si celebrava ancora nelle case dei cristiani, sono state le mutate condizioni storico-sociali a consentire lo spostamento definitivo del rito in edifici dedicati solo al culto. Concretamente, penso a un’unica messa domenicale, in parrocchia (cosa che agevolerebbe la sanificazione successiva dell’edificio), aperta alla partecipazione dei fedeli. Chi vi accede? Non tutti e non tutte le domeniche (potrebbe essere per ciascuno una volta al mese…). Con che criteri di scelta? Durante la Settimana Santa i cristiani hanno imparato a strutturare dei turni per l’adorazione eucaristica (Quarant’ore), si potrebbe adottare il medesimo meccanismo per ammettere alla celebrazione un numero contingentato di persone, e in ogni caso non più di una per famiglia. Come realizzare la ‘staffetta’ con le case? Davanti all’altare potrebbe essere predisposto un contenitore con dei pani confezionati uno a uno. Si celebra senza distribuire la comunione (annullando finalmente le differenze tra ‘chi può’ e ‘chi non può’, e valorizzando invece le cinque forme della presenza reale di Cristo elencate in Sacrosantum Concilium 7); vengono benedetti – non consacrati! – i pani e al termine ciascuno ne prende uno da portare a casa. A tavola, prima di pranzo, si pone una candela accesa al centro (Mt 18,20), ci si chiede perdono (“scusami se oggi ti ho risposto male”, “scusami se ti ho offeso”…), si proclama il Vangelo, si spezza insieme il pane benedetto, in un’osmosi rituale tra comunità parrocchiale e singola famiglia, in un’osmosi tra famiglie; chi è stato fisicamente in chiesa potrebbe anche raccontare, semplicemente, durante il pranzo, ciò che vi è accaduto (Lc 24,35).

E a casa, la presenza reale? Abita nella seconda coordinata: si ritorna a cercarla nei poveri. Ciascuna famiglia, per quanto disagiata, conosce un povero più povero di se stessa. Magari povero in relazioni, o in salute, o in giovinezza. O anche povero in cose. Si compie un gesto di fraternità, si esce a compierlo guardando in faccia chi lo riceve, sapendo che così si accede al corpo di Cristo, lo si incontra, perché Gesù stesso lo ha detto: «ogni volta che avete fatto queste cose a uno dei miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me» (Mt 25,40).

Lo ripeto, quello che ho scritto non vuole essere la soluzione, solo una provocazione: «prima di ripartire, occorre che ci chiediamo che cosa abbiamo imparato. Che cosa dobbiamo lasciare di quello che si faceva prima e che cosa possiamo inventare di nuovo» (I. Seghedoni).

 

7 risposte a “Una nuova comunione”

  1. Francesca Vittoria Vicentini ha detto:

    Cristo Gesù lo ha talmente compreso che ci raggiunge attraverso il Pane Eucaristico… E’ la comunione con Lui che per me sembra prioritario, anche mancando tutto quanto altro della Messa, come è avvenuto per la gente che lo ha conosciuto allora,per donare a mia volta…….P.B.:”-Un arcaismo, che volesse tornare a prima della resurrezione e della sua dinamica ed imitare soltanto l’ultima cena, non corrisponderebbe affatto alla natura del dono,che il Signore ha lasciato ai discepoli.Il giorno della risurrezione e’il luogo esteriore e interiore del culto cristiano,e il ringraziamento quale creatrice anticipazione della risurrezione da parte di Gesù e’ la maniera in cui il Signore fa di noi persone che rendono grazie con Lui, la maniera in cui Egli,nel dono, ci benedice e ci coinvolge coinvolge nella trasformazione,che a partire dai doni deve raggiungerci ed espandersi nel mondo: “finché Egli venga.”(1 Cor.11,26).

  2. luigi Autiero ha detto:

    Buona sera
    Io da credente , parto sempre dal principio ,che nulla accade per caso nella vita.
    Ecco anche questa pandemia, è permessa da Dio , affinche ognuno si interroghi e rifletta la sua vita , nello Specchio della Parola di Dio la bibbia, dove si trova il cibo per l’anima.Dio chiama a Ravvedimento Tutti, poichè Tutti abbiamo peccato, e beati coloro che si sono Ravveduti e hanno creduto e credono nel Nome del Figlio di Dio, e che Camminano con LUI, come discepoli e non da religiosi.
    Chi un giorno vuole essere portato in quelle stanze Celesti…, ha bisogno di Ravvedersi , e credere con tutto il cuore, in Cristo, che LUI è IL Signore ,è IL Salvatore, ed IL Figlio di Dio; corruzione, violenza, immoralità, perversione, idolatria, magia, adulterio, e quanto ancora recita la Parola di Dio, in 1^ Corinti 6, 9.
    LUI ha dato il Suo Figlio, e chi non si Ravvede, andrà in perdizione; questo è parte del vangelo.
    Pace nel Signore

  3. assunta steccanella ha detto:

    Non potrei in alcun modo ridurre la celebrazione eucaristica al ricordo dell’ultima cena. Sappiamo bene (e ne è lettura preziosa la catechesi di S. Giovanni Crisostomo che leggiamo nel mattutino del Venerdì Santo) che è sulla croce che propriamente vengono istituiti i sacramenti di battesimo ed eucaristia (cf. Gv. 19,34). Eppure Gesù stesso ci ha lasciato la forma con la quale celebrare il Suo sacrificio con i gesti della cena. “Fate questo” ossia spezzate il pane, condividete il calice “in memoria di me”.
    Qui non si tratta di imitare ma si tratta di ‘ricordare’, far risuonare, insieme e per chi non ha potuto partecipare in presenza, attraverso una celebrazione familiare che è sia preludio che concretizzazione della partecipazione personale al rito nella sua forma canonica. Una proposta per il ‘frattempo’.

  4. FrancescaVittoria Vicentini ha detto:

    Leggo in Gesù di Nazareth di Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, proprio sulla Eucarestia: “Dalla preghiera ringraziamento dopo il convito dell’ultima sera,la liturgia della Messa ha preso il suo inizio,non dal convit stesso.Quest’ultimo era considerato così poco essenziale che già nella Chiesa primitiva venne omesso.invece hanno sviluppato la preghiera di ringraz.sul pane e sul vino….Ciò che la Chiesacelebra nella Messa non è l’ultima cena,ma ciò che ilSignore,durante l’ultima cena,ha istituito ed affidato alla Chiesa:la memoria dellasua morte sacrificale”.1ª””:croce e risurrezione fanno parte dell’Eucaristia, che senza di esse non è se stessa.””L’Eucaristia veniva celebrata come incontro con il Risorto.”..Domando:che Messa sarebbe senza l’Eucaristia? “” A imitare soltanto l’ultima cena non corrisponderebbe affatto alla natura del dono,che il Signore ha lasciato ai discepoli”

  5. assunta steccanella ha detto:

    Chi partecipasse a una messa con queste coordinate sarebbe in ogni caso libero di scegliere se aderire o se stare in chiesa il tempo della messa e poi andare a casa e stop. Nessuno lo controllerebbe, come nessuno controlla se viviamo da cristiani una volta usciti di chiesa; la libertà è la caratteristica fondamentale dell’esperienza di fede. Resta che le proposte si fanno a partire dal desiderio di crescere e far crescere, e io ho scoperto in anni di esperienza pastorale che il popolo di Dio è sorprendente nelle sue risposte quando si riesce a intercettarne i bisogni, quando si riesce a donare bellezza. Magari non è questo il caso, lo ammetto, ma ribadisco: vorrei che fosse una provocazione a pensare.

  6. Francesca Vittoria Vicentini ha detto:

    Ricevere la Santa Eucarestia e rendersi partecipi del Corpo, della Persona di Cristo, e il dono più grande che il Padre abbia dato all’uomo per elevarlo fino a Lui. L’ostia pur frazionata in “particola” non può diventare panino spezzettato, materialmente. “Ostia Santa, Ostia immacolata, Pane santo di eterna salvezza” si recita….Prendete e mangiate, questo è il mio corpo ..dato per voi…….E’ indispensabile questa vicinanza, questo prenderlo dalle mani di chi lo impersona. E’ il corpo di Cristo, per questo anche un ministro se in stato indegno, c’è da domandarsi con che coraggio sia capace di prenderlo in mano, porgerlo al fedele. Cosi come può apparire noncuranza quando avviene anche da parte del fedele laico che si fa aiuto come il chierichetto. Anche la forma esprime l’importanza di rendere onore e indicare la santità di quel “pane”.

  7. Giuseppe Raciti ha detto:

    Mi ripeto in ciò che ho già detto su questo blog che apprezzo sempre di piu. Grazie all’amico Marco Pappalardo, che mi ha dato voce in un mio articolo da voi pubblicato, scrivevo che la prassi pastorale di domani deve iniziare da quanto sta avvenendo (finalmente!) oggi partendo dai tria munera battesimali e decentrando dando più spazio alla chiesa domestica. Se questa pandemia qualcosa deve insegnarcela… E se quello che stiamo vivendo non è un surrogato del quale ci siamo “accontentati” in mancanza d’altro

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