Tra democrazia e gerarchia: quale Sinodo?

Se il Documento Preparatorio al Sinodo è una sorta di manifesto programmatico, solo frutti buoni potranno venire dal dialogare con chi lo sta prendendo sul serio per quello che è...
23 Settembre 2021

Dopo il nostro intervento, fa piacere constatare come anche il teologo Marcello Neri abbia messo in evidenza, nel Documento preparatorio (DP) al Sinodo, oltre ad alcune «permanenti ambiguità» (o sbavature – come le abbiamo chiamate), anche ciò che in esso si rivela essere «sorprendente»: l’intenzione di non avviare un processo in cui «non sarebbe successo nulla (o poco)» nella «riconfigurazione» della Chiesa, lo Spirito Santo con le sue «movenze» quale «vero protagonista», «un destinatario inedito [e] desueto» (la cattolicità nella sua complessa pluralità, a partire dai suoi «margini»), i riferimenti biblici posti come «via d’uscita» di fronte al «rischio» di ridurre il processo sinodale ad una «farsa retorica».

Non mi sembra sorprendente, invece, il fatto che un documento preparatorio dedicato ad una fase di ascolto non indichi, nel set finale di domande, anche cosa fare: mi avrebbe sorpreso, anzi, il contrario. Tale ascolto deve essere chiaramente rivolto alle cosiddette “buone pratiche” – che qui dobbiamo rinominare “pratiche ispirate”. Per cui, eventualmente, lo snodo dovrebbe essere posto sul come «farsi dire da [esse], recependone l’indicazione, quali trasformazioni delle strutture ecclesiali sono necessarie affinché questo cedere la parola non si trasformi in un’ulteriore ferita, violenza e lontananza», ossia quali siano «le pratiche della fede» che dovrebbero «generare le forme istituzionali del credere insieme» sulla base di «un giudizio (…) che però non sopporterebbe più di essere convocato e disatteso».

In definitiva, decisivo sarà come avverrà quell’«imparare» – da parte della Chiesa madre e maestra – a ricordare (Gv 14,25), approfondire (1Cor 2,10) e ampliare (Gv 16,13), per grazia degli altri, la verità del Dio di Gesù: un «imparare» che è clamorosamente messo al centro del DP e continuamente ripetuto nei discorsi del Papa relativi al processo sinodale, ma che stranamente non è evidenziato, né almeno segnalato, all’interno della riflessione di Neri. Tale assenza, forse, è spiegabile con un certo ottimismo e un certo pessimismo usati dal nostro teologo nella lettura di alcuni passaggi del DP in questione.

Mi sembra, infatti, che Neri sia un po’ troppo ottimista nell’interpretare il §14 come uno «smorzare i toni» dell’indubbia paura che serpeggia nella Chiesa circa la commistione tra processo sinodale e dinamismo democratico. Come ho già scritto qui, un’altra – non piccola – sbavatura del DP è costituita dall’immagine delle procedure democratiche (basate sul principio di maggioranza) che viene veicolata dal pur breve accenno ad esse: una mera «rappresentanza di interessi in conflitto».

Questa – del DP – è veramente una visione limitata e limitante della democrazia (e delle procedure che la sostanziano), la quale – fortunatamente – è molto di più: anche solo pensando al fatto che tali interessi – se vogliamo proprio chiamarli così (e non “diritti” e “doveri” come fa l’art.2 della Cost.) – potrebbero essere e, anzi, sono interessi culturali, spirituali, di solidarietà, etc., non si può poi dimenticare che una repubblica democratica ha o dovrebbe avere anch’essa – come ad esempio la nostra – una «passione condivisa per la comune missione» (DP, §14): nel nostro caso, quella del “pieno sviluppo della persona umana” (Cost., art.3) – di ogni persona umana (a prescindere dal sesso, dalla razza, lingua, religione, dalle opinioni politiche e condizioni personali e sociali) – e quella del “progresso materiale o spirituale della società” (Cost., art.4) – di tutta la società. È proprio per la tutela di questi ultimi valori che sono previste (nelle forme politiche laiche come nella Chiesa stessa) maggioranze qualificate (ad es. dei 2/3) che vorrebbero e dovrebbero tutelare la comunità – e le sue minoranze – dai “colpi di maggioranza”.

Ha ragione, a tal proposito, Marcello Neri ad auspicare che si possa dire e fare molto di più sul rapporto tra democrazia e Chiesa (oltre il riferimento al sacerdozio battesimale nel §12), affinché si riesca a raccogliere «una sfida dell’ora presente per il cattolicesimo – anche in vista di quel dovere profetico davanti a una società civile le cui procedure democratiche sono sempre più in crisi e deboli». Ma, forse, è lo stesso Papa ad essersi convinto del poco spazio possibile di “manovra profetica” sul lato delle «istanze democratiche», così da voler seguire più spesso – come (ipotizzo) in questo caso – il tentativo di “scardinare”, o meglio umanizzare e evangelizzare, il principio gerarchico dal di dentro…

In questo senso, Neri mi sembra troppo pessimista nel valutare negativamente la parte del DP in cui a lui sembra che esso si affidi semplicemente «alla buona volontà e all’eventuale obbedienza allo Spirito da parte della gerarchia (che non è istituzionalizzabile) la concretizzazione reale della sinodalità nella Chiesa».

Posto che la forma democratica non esclude di per sé il principio gerarchico ed anzi lo richiede (onde evitare forme di democrazia diretta che si rivelano equivoche e fittizie), e concordando con Neri riguardo una non ancora avvenuta maturazione ecclesiale affinché il principio sinodale possa «camminare e decidere da solo» (ma quanto «da solo» senza sfociare in una sorta di “neoconciliarismo”?), perché, invece, non pensare che potrebbero essere maturi i tempi per verificare se «l’inserzione di dinamiche democratiche» di cui parla Neri non possa meglio operare sul lato dell’(esercizio dell’)Autorità e del Potere? Includendo, invece di escludere quasi a priori (come sembra fare il nostro teologo), la possibilità di istituzionalizzare o riconoscere come normative alcune procedure o fattispecie che operano soprattutto su questo lato della «tensione» tra principio sinodale e gerarchico?

Se effettivamente, come riconosce lo stesso DP, è quest’ultimo «l’ostacolo principale» ad un’effettiva sinodalità ecclesiale, perché non discutere (e pregare) in questo processo sinodale sull’eventuale richiesta da parte dello Spirito di individuare procedure e fattispecie da istituzionalizzare o riconoscere come normative, a partire dall’ascolto stesso come «luogo di discernimento e verifica», affinché il principio gerarchico (e il suo esercizio) sia in un certo senso “costretto” dal di dentro ad essere più sinodale e – perché no? – più evangelico?

In quest’ottica, gli stessi passi biblici citati dal DP crediamo che non possano essere ridotti a meri «spunti» (come ipotizza Neri) finalizzati ad evitare la riduzione del principio sinodale a «mera retorica». Perché, invece, non pensare che tali riferimenti biblici – a partire dalla paradigmatica vicenda della conversione di Pietro alla cattedra del gentile Cornelio – siano normativi e (ri)fondativi proprio per volontà del DP stesso (soprattutto §9 e 25; ma anche 13, 16; 27; 30,IV)? È vero che la Scrittura deve essere sempre accompagnata dalla Tradizione o che in passato essa era spesso citata dalle «strutture [ecclesiali] date» in funzione delle «prassi» da «dettare», ma è altrettanto vero che certe tradizioni hanno oscurato o riposto nel dimenticatoio alcuni passaggi della Scrittura, come quelli scelti nel DP, che sono invece decisivi per spolverare e far risplendere la Tradizione…

In conclusione, accettando a malincuore il fatto che la via della sinodalità democratica sia difficilmente percorribile, forse Francesco (e il DP) ha voluto puntare tutto sulla conversione dell’(esercizio dell’)autorità e dei detentori del Potere. Ce la farà? Non lo sappiamo, né è facile da prevedere, ma se innanzitutto si riuscisse con audacia e creatività a istituzionalizzare o riconoscere come normative alcune procedure o fattispecie volte a concretizzare tale conversione, come si suole dire, ve ne sarebbe davanzo…

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)