Sinodo: essere cercatori sì, ma di che cosa?

La strana coppia "ricerca e verità": se c'è la prima non c'è la seconda? Se c'è la seconda non c'è la prima?
10 Maggio 2023

Una fede senza verità? È questa la domanda che si pone, nel suo ultimo libro, Michael Seewald, giovane e promettente teologo tedesco, ed è questa anche la domanda che vogliamo porci in questa riflessione. Specialmente in questi tempi di “sinodalità”, in cui la dinamica del credere e della fede spesso viene declinata come un atteggiamento di “ricerca” a prescindere dal discorso attorno alla “verità”. Ecco che allora l’occasione di confrontarsi sul tema di una chiesa sinodale apre uno spazio alla retorica della ricerca, dell’essere cercatori, come dinamica fondamentale e da riscoprire al fine di porsi autenticamente in ascolto e in dialogo con tutti.

Se non si può certo negare la bontà alla radice di questi discorsi, è necessario allo stesso tempo ricordare come qualsiasi atteggiamento di ricerca, o chiunque voglia essere un cercatore, prevede due caratteri indispensabili: l’essere orientato e l’essere interessato. La ricerca, in quanto tale, dev’essere orientata, cioè deve rispondere alla domanda: “che cosa si cerca?”. In secondo luogo, essa dev’essere interessata, cioè rispondere alla domanda: “perché si cerca?”.

A questa duplice domanda, quasi fosse fatto apposta, risponde proprio il vangelo della V domenica di Pasqua, laddove Gesù afferma: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). Tre parole che sintetizzano tutto il nostro discorso: la via, immagine per eccellenza del cercare; la verità, ovvero l’orizzonte, il quid della ricerca; la vita, il senso, il perché del cercare. Il tutto manifestato e custodito in Gesù. Ed è proprio qui, per assurdo, che sembra nascere il problema.

Cercare una risposta sul ruolo della verità nella ricerca di fede a partire dal testo evangelico, arrivando infine a trovarla nella persona di Gesù, sembra suscitare un immediato rifiuto. L’esclusione del tema della verità, infatti, è solitamente giustificata dal voler evitare il rischio, proprio delle religioni, di voler imporre il proprio punto di vista contro quello degli altri, rischiando di cadere in una dinamica di violenza e incomunicabilità. D’altra parte, non ci si rende conto che, in realtà, è proprio nel riferimento alla verità, e non a prescindere da essa, che si può instaurare un dialogo. È sulla base di un’autentica ricerca della verità che ciascuno è chiamato non a consolarsi del fatto che tutti siamo sempre in ricerca, ma a confrontarsi dando ragione della propria verità, argomentando e dialogando seriamente in favore di quell’umano che è comune a tutti. In un certo senso potremmo dire che il vero cercatore è colui che cerca colui che ha trovato. È questa dinamica che muove ogni religione, ovvero ogni discorso che indaga, con serietà e fiducia, la possibilità di trovare quella verità che sola è degna del nostro essere umani e che quindi può donarci il nostro compimento più autentico.

Il fatto che nel Vangelo si trovi questa chiara espressione è quantomai eloquente. Significa che, proprio in quanto cristiani, abbiamo la possibilità di dare una risposta, un orizzonte alla nostra ricerca, di dire che possiamo prendere posizione e dire anche la nostra nel grande dialogo attorno alla verità. D’altra parte, i termini in gioco (che si parli di verità, di vita o di ricerca) non devono essere declinati immediatamente solo in senso religioso. Al contrario, quella verità ricercata e in Gesù rivelata al mondo e accolta dai cristiani, per il cristianesimo ha un valore umano universale. Per questo si parla di verità, perché si ritiene possa essere salvifica per tutti (per questo il cristianesimo non è una setta, in cui la verità è solo per qualcuno). Ma come si possono mettere insieme più verità, di diverse religioni, tutte considerate universali proprio in quanto tali? È qui la difficoltà, ed è qui che parte il cammino. Non escludendo la verità, ma mettendosi faccia a faccia con essa, vivendone e confrontandosi con gli altri su di essa. Solo se so (o credo di sapere, in senso forte) chi sono io, potrò aprirmi al dialogo con l’altro.

Vediamo dunque, tornando alla domanda di partenza, come la fede (o se si preferisce, la ricerca) è inseparabile dalla questione attorno alla verità, come contenuto e come senso del proprio cercare. A meno di queste condizioni, ovvero volendo prescindere da ogni discorso attorno alla verità, qualsiasi cercare diventa un girare a vuoto; qualsiasi cercatore diventa semplicemente un vagabondo. E in questo senso, non deve certo sorprendere se, in quanto cercatori, non si è in grado di coinvolgere altri in questa ricerca. La semplice retorica dell’essere cercatori, infatti, non è sufficiente a fondare un dialogo, una comunità, un “cercare insieme”. Questo discorso, infatti, si rivela ultimamente vuoto, capace certo di comprendere tutti, ma perché in fondo non dice niente a nessuno. Se non sappiamo cosa stiamo cercando, perché qualcuno dovrebbe unirsi a noi? Se ciò che cerchiamo ci è indifferente, non ha nemmeno un’identità ben precisa e tanto meno sembra avere un “perché” per la nostra vita, come possiamo pretendere che qualcun altro si unisca a noi, si senta coinvolto, diventi a sua volta un “cercatore”?

L’impressione, secondo una classica dinamica pseudo-democratica capace solo di giocare al ribasso, è che in nome del compromesso, della comodità e del “generalismo” si preferisca dire “siamo tutti cercatori”, piuttosto che “abbiamo tutti un compito”, che è per l’appunto quello di trovare la verità e di viverne. Quando non si dice nulla, è molto facile essere tutti d’accordo, ma si rimane con nulla. Il nulla non è universale, è annichilente. La verità è universale, e proprio per questo è cercata dalle religioni.

Ciascuno, allora, in questo cammino sinodale, deve prestare ascolto, aprirsi agli altri, ma allo stesso tempo non usare come pretesto questa “gentile passività” per nascondersi di fronte all’altro all’ombra di un vago “siamo tutti in ricerca”, ma osare, trovare il coraggio di prendere la parola e dire ciò che ha trovato (se l’ha trovato) e perché vale la pena vivere e spendersi per questo, e non per altro.

In sé stessa, lo ribadiamo, la dinamica del cercare è vuota, formale, incapace di unire. È l’essere orientati, interessati, innamorati della verità che permette realmente di aprirsi al dialogo, di poter confrontare la propria posizione con quella degli altri (e non di restarne indifferenti), di convincere qualcuno a unirsi alla medesima dinamica di ricerca, perché ci sono argomenti per portarla avanti (e non semplicemente perché è comodo sentirsi tutti “in cammino”), il primo dei quali è proprio questo: che, in fin dei conti, forse, per meno della verità, non ha nemmeno senso iniziare a cercare.

 

6 risposte a “Sinodo: essere cercatori sì, ma di che cosa?”

  1. Luigi Autiero ha detto:

    Cara Francesca, io credo che si continua a non vedere chiaramente quale è la condizione della creatura umana; ossia peccatore separata da Dio.
    Infatti per questo peccato l’umanità vive nei suoi affanni ,oppresso e senza pace.

    Il messaggio di salvezza è di una semplicità disarmante.
    Credi nel Signore Gesù e sarai salvato
    Il Signore disse a Paolo che per essere salvati occorre essere perdonati , e questo lo si ottiene prendendo prima coscienza del proprio stato di peccatore, per poi piegare il cuore, arrendersi al Signore Cristo, credere in LUI senza meriti di sorta, e a LUI chiedere di essere lavati, per IL Suo prezioso sangue.
    Essere religiosi con le vesti sporche di peccato, chiude l’ingresso nella casa del Padre.
    Occorre Ravvedimento, e fare di Gesù il proprio Signore , Salvatore e unica Giustizia.
    Saluti

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    La ricerca è data da una situazione che necessita di conoscenza della Verità. Chi è la Verità? La indicazione del giusto cammino che ho necessità intraprendere e che mi da sicurezza io per questo cerco la verita. Questo desiderio e coscienza che è personale e perciò non da risposta certa. Non è sufficiente il solo ragionare umanamente giudicante a indirizzare le scelte, esistono i sentimenti del cuore ed e per questi che si cerca la Verità. La Verità e Cristo, e da Lui che si fa luce sulla decisione che una situazione di vita richiede risposta circa il cammino da intraprendere. Il sacrificio per amore e buona via

  3. Paola Meneghello ha detto:

    È la Via mostrata da Gesù, quella che porta verso la Verità e verso ciò che dà Vita.
    Non basta, secondo me, credere razionalmente in Gesù e nel Suo messaggio, se poi di quel messaggio non si fa esperienza nella propria vita, vivendolo, portandolo alla Luce.
    E se il messaggio parla di condivisione e di Amore incondizionato, credo che la prima ricerca sia quella che porta unione tra le parti, non ciò che divide, che il più delle volte arriva da un costrutto mentale, più che dal cuore.
    La meta cercata da ogni via che parta autenticamente dal cuore, credo sia quella che dà Vita, rendendo concreta la Verità innata che anima ogni cosa, e la Verità che unisce ogni essere umano è quel fermento, quell’Essenza che fa crescere e rende “umani”, che ci avvicina e va oltre il nostro piccolo io, e che nessun robot potrà mai provare..

  4. Roberto Beretta ha detto:

    No, per me il tema è precedente a quello del dialogo interreligioso. E cioè: qual è la “verità” vera del cristianesimo? Il credo? I dogmi? Il Denzinger? I libri del Vangelo? Gli insegnamenti dei Papi? La morale che è cambiata mille volte? O che altro ancora? Se tutto questo fa parte della “verità” cui sottomettersi in quanto cattolici, è allora che “non ha nemmeno senso iniziare a cercare”. Anche perché si rischierebbe di restare disillusi.

    • Stefano Fenaroli ha detto:

      Domanda davvero decisiva questa, a cui dedicherò un articolo a parte, perché tante sono le cose da dire, ma mancano le “basi”. Ad esempio: cosa pensiamo quando diciamo “verità”? Qualcosa di intellettualistico (concetti, conoscenze ecc., appunto Denzinger, articoli di fede…) o storico-cristologica dialogico-personalistica (ovvero una storia, un incontro)? Pensiamo a qualcosa che è vero a prescindere da me (a cui mi sottometto) o che richiede la mia adesione per essere riconosciuto come vero? Come pensiamo il rapporto tra soggetto e verità, tra verità e storia? Appunto, tante cose, che la teologia ha ormai dato per assodato, ma nessuno le predica e le fa uscire dalle aule. Ed eccoci qui a pensare che la verità cristiana sia un articolo di fede, un libro o, peggio, il Catechismo…

  5. Pietro Buttiglione ha detto:

    Parto da qs msg, mi dichiaro x la Veritá senza se e senza ma…
    MA, dopo aver letto sul Guardian la lunga intervista al fuoriuscito Google, progettista della IA…
    Rimurginato.. ecco la mia conclusione:
    Abbandonare tutti i social, TV inclusa e rifugiarsi nel LOCAL, porta a porta, faccia a faccia, viso a viso. Perche`?

    Perchè non saremo più in grado di riconoscerla, la Verita’.
    Domani?
    Oggi.

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