Sinodalità e teologia (per laici)

Nel cammino sinodale bisognerebbe puntare di più i riflettori sul "laicato della teologia". Quanti aspetti ormai trascurati potrebbero emergere dall'ombra?
12 Luglio 2022

Il cammino sinodale o, meglio, la riforma della chiesa in vista di una riscoperta del suo imprescindibile essere-sinodale, è ormai da più parti riconosciuto, instradato, istruito e avvalorato. Svariati interventi mettono in luce il carattere biblico-teologico della necessità di questa riforma, i suoi risvolti pastorali nelle parrocchie e nelle diocesi, nella considerazione delle diverse ministerialità laicali e specialmente delle donne, nella riformulazione (anche canonica) dei rapporti tra i diversi soggetti dell’unico popolo ecclesiale (pontefice, vescovi, presbiteri e laici). Voci autorevoli e impegnate, quindi, stanno cercando di comporre questo complesso mosaico, per dare nuova forma e vitalità alla chiesa nel suo annuncio evangelico.

Questa riflessione, come una veloce pennellata in questo più grande quadro, desidera mettere l’accento su un ulteriore “soggetto ecclesiale”, spesso dimenticato e che invece richiederebbe a sua volta un radicale ripensamento, a sua volta invero decisivo per il volto sinodale della chiesa: il laicato della teologia. Con questa espressione intendo volontariamente riprendere e invertire i termini che (a partire dal Vaticano II) indicano un preciso ambito di ricerca che ha iniziato a ricevere maggiore attenzione. Non si tratta, quindi, di una «teologia del laicato» bensì di valorizzare il «laicato della teologia», uomini e donne impegnati in un serio percorso di studi (riconosciuto anche a livello statale) in Facoltà, Università o Studi teologici per approfondire la scienza teologica e mettersi al servizio della comunità ecclesiale.

L’impressione è che si sia instaurato un gap, difficile da colmare, tra il clero (formato o meno) visto come la “mente” che “sa” e può insegnare, e il laicato (formato o meno) visto come il “braccio” che con buona volontà si mette a disposizione e sempre deve imparare. Inutile nascondersi come questo divario (tralasciando la questione “storica” per cui i laici, fondamentalmente, si sono avvicinati alla teologia praticamente dal 1965 in avanti) dipenda in primis dallo stesso percorso di studi, talvolta visto come proibitivo per chi non ha la possibilità di dedicarsi totalmente allo studio e alla ricerca, vale a dire per chiunque abbia la necessità quanto prima di lavorare per costruirsi un futuro (una casa, un matrimonio, una famiglia…). Detto altrimenti, un percorso “a misura di celibato”. Un percorso che a sua volta (lo accenniamo soltanto) sembra offrire soltanto degli sbocchi altrettanto “a misura di celibato”. In questo senso, sono rarissime le figure stipendiate di laici o di laiche al servizio di una comunità parrocchiale o diocesana, e spesso si preferisce ricorrere ai presbiteri (già “stipendiati”) per insegnare nelle Facoltà, nei Seminari o anche solo per tenere qualche corso di formazione. Insomma, theologia (simul carmina) non dat panem (o almeno, non al laicato).

Unitamente a questo primo aspetto, si affianca la questione ben più radicale della considerazione che il laicato della teologia ha nella compagine ecclesiale. Molto spesso il sacramento dell’ordine vale più di un baccellierato, una licenza o persino un dottorato in teologia. La figura del “prete” tende comunque a essere vista (talvolta da parte degli stessi laici!) come sempre più indicata per formare catechisti, educatori, insegnanti, fidanzati o giovani sposi (!), per guidare momenti di preghiera, commentare la parola di Dio ecc. Il teologo o la teologa laici, invece, a meno che non siano esplicitamente “raccomandati” (magari da un prete), sembrano essere considerati come dei “bravi oratori”, magari anche capaci di scrivere, ma che in fondo portano una propria opinione, un parere spassionato, da prendere per quello che è e per quello che può valere.

Il messaggio, invece, dovrebbe essere proprio questo: la fede da sempre ha e richiede, specialmente nell’odierno contesto socio-culturale, una propria intelligenza, vale a dire la possibilità di leggersi e di comprendersi in profondità alla luce della rivelazione. La teologia è la scienza che studia, approfondisce e indaga, in dialogo con la propria epoca e la propria storia, la fede cristiana (e non solo) in tutti i suoi aspetti. E questo vale per i vescovi, i presbiteri e i laici. Fare teologia non significa scambiarsi idee e opinioni, più o meno valide, più o meno argomentate, per una comune crescita e maturazione. Tutto questo è nobile e importante, ma non è «fare teologia» e non è «formare» in maniera seria. «Fare teologia» e «formarsi» significa leggere, studiare, approfondire e imparare, proprio come avviene (o quasi) per qualsiasi altro mestiere. Per quanto oggi il dilagare della rete e dell’informazione digitale sembra rendere tutti medici, virologi, sociologi, insegnanti ecc., ben sappiamo (o dovremmo sapere) che la realtà è ben altra, e che questa “confusione” tendenzialmente genera esclusivamente ulteriore ignoranza e disinformazione. La speranza è che questo non accada anche all’interno della chiesa di Dio, dove tutti parlano ma pochi (forse) sanno di cosa parlano.

L’intento non è quello di definire una élite teologica bensì, in un vero spirito sinodale, di riconoscere un ministero oggi più che mai indispensabile se si vuole realmente formare una coscienza critica ecclesiale, un popolo di Dio maturo, credibile, con un’autentica fede intelligente, capace di dialogare e di formarsi, davvero pronto «a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1 Pt 3,15).

 

2 risposte a “Sinodalità e teologia (per laici)”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Molto, molto interessante, questo desiderio di approfondimento intellettuale della Fede, essere preparati a dare risposte esaurienti anche da laici, essere competenti al pari del “popolo ecclesiale” il quale può accedere per riconosciuta competenza, “Fede intelligente” capace di dialogare e formarsi, mi viene di agg. sopratutto entrare nel mondo digitale?. Proprio ieri mi è passato per le mani uno zainetto bianco con su scritto – Testimoni digitali- Ho le foto in quanto partecipante, del convegno nazionale org.dalla CEI tenutosi a Roma, il 23/4/ 2010, viaggio di notte, discorso del Santo Padre ” sono lieto di questa occasione per incontrarvi, e concludere il vs.conv.dal titolo quanto mai evocativo”Testimoni digitali. “Volti e linguaggi dell’era crossmediale” …valorizzare tutte le strade per farci sempre più prossimi all’uomo..” Una nuova proposta di un “ulteriore soggetto ecclesiale, volto sinodale della Chiesa **il laicato della Teologia** –

  2. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Chiedo scusa.
    Ma che differenza tra i laici “Teologi” e i laici studiosi della Parola?
    Sarà che io sono allergico alla parola ( minuscolo🙃🙁):
    T E O L O G I A…..

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