Ricordati di dimenticare

Riguardo la questione della purificazione in atto della memoria collettiva, La Bibbia ci offre una strada alternativa...
3 Luglio 2020

Riguardo la questione della purificazione in atto della memoria collettiva, La Bibbia – un libro che vive pericolosamente da millenni tra censure e banalizzazioni – ci offre una strada alternativa.

Nel Libro del Deuteronomio Mosè, dopo un viaggio lungo 40 anni nel deserto (con Google Maps ci avrebbero messo poco più di una settimana), un po’ come un genitore con un figlio prima di andare a casa di estranei, si mette a ricordare quelle 3 o 4 cose basilari che Israele deve tenere a mente prima di entrare nella terra promessa. Il problema è che 40 anni di legislazione non possono essere ‘sfangati’ in due parole e Mosè, inoltre, aveva pure problemi di balbuzie… Più o meno come il prete del matrimonio di Giovannino e Valeriana in Viaggi di Nozze.

Finché in Dt 25,17-19 abbiamo un comandamento strano: «Ricordati di quel che ti fece Amalec, durante il viaggio, quando uscisti dall’Egitto. Egli ti attaccò per via, piombando da dietro su tutti i deboli che camminavano per ultimi, quando eri già stanco e sfinito e non ebbe alcun timore di Dio. Quando dunque YHWH, il tuo Dio, ti avrà dato pace liberandoti da tutti i tuoi nemici che ti circondano nel paese che YHWH, il tuo Dio, ti dà come eredità perché tu lo possegga, cancellerai la memoria di Amalec sotto al cielo: non te ne scordare!».

Come sempre, i testi della Bibbia sono un labirinto: prima viene ordinato a Israele di ricordare il male compiuto da Amalec; poi di dimenticare; infine di non dimenticare di dimenticare!

L’episodio a cui Dt 25 fa riferimento è raccontato in Es 17,8-16. Il popolo è allo stremo perché non ha acqua e quindi scatta una rivolta. Mosè ha addirittura paura di essere lapidato e quindi si lamenta col Capo che fa scaturire l’acqua dall’Oreb. In questo frangente, però, il popolo è attaccato dagli Amaleciti. La battaglia, ovviamente, è vinta grazie all’azione di Dio, ma il ricordo del popolo che attacca quando uno è in difficoltà ha promosso nella Bibbia Amalec al prototipo del Nemico. E all’enigmatica catena di comandi: ricorda, dimentica, non dimenticare di dimenticare.

Nella Bibbia la memoria, il ricordo (zeker) appartiene alla stessa radice di maschio (zakar) e designa ciò che, essendo dotato di punta, può pungere o penetrare. La memoria e il ricordo, quindi, sono tali, perché penetrano nel cuore e nella mente. Il senso di questa penetrazione rimanda soprattutto alla dimensione pragmatica della memoria: nella Bibbia essa non è mai fine a se stessa, ma è sempre orientata all’azione. Per questo motivo, il ricordo è espresso spesso con gli imperativi: uno dei principali doveri dell’ebreo è ricordare, che vuol dire rispettare, compiere e attualizzare ciò che è ricordato.

Nella Bibbia, quindi, il ricordo si esprime e trova la sua applicazione nella legislazione, in comandamenti che sono al servizio della costruzione di un’identità culturale. Le norme da mettere in pratica indicano non rigurgiti reazionari all’insegna dell’ordine e della disciplina, ma rimandano all’esperienza fondativa di cui sono espressione, ossia l’azione di liberazione in cui Israele è divenuto un popolo e ha costruito la propria identità culturale a tutto tondo.

Il ricordo si realizza nelle azioni del presente perché fanno vivere concretamente la memoria di chi si è; al tempo stesso, diventa orizzonte, valore verso cui guardare, per continuare a essere, anche domani, una comunità fedele a quell’identità. Tante cose cambiano nella vita: molte si relativizzano; altre, invece, assumono un peso maggiore. Israele accetta la sfida del cambiamento (che è, in realtà, la sfida dell’Identità secondo la lezione di Severino) facendo memoria: quello di un popolo che nasce da un’esperienza di liberazione e che è chiamato, attraverso la declinazione pratico-concreta del ricordo, a ricordarsi chi deve essere, ossia esso stesso un’esperienza di liberazione per gli altri, soprattutto per gli emarginati.

Questa pratica della memoria impone non solo di ricordare le grandi opere compiute da Dio «con mano potente e braccio teso», ma anche il male, un nemico che è sempre alle porte. Questo è il senso della catena paradossale di imperativi della memoria che riguardano Amalec. Israele deve ricordare quanto è avvenuto e le conseguenze di quanto avvenuto. Quell’evento non deve essere derubricato a semplice contrattempo episodico, ma deve essere eletto a esperienza paradigmatica del male da contrapporre al bene. Attaccare un popolo oppresso è l’antitesi del manifesto di liberazione con cui Dio ha marchiato il passato, il presente e il futuro di Israele. Arriverà un tempo in cui ci sarà la pace, lo shalom e allora si dovrà dimenticare Amalec. Ma fino a quel futuro di pace, bisogna ricordare il male per scegliere il bene.

 

2 risposte a “Ricordati di dimenticare”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Adoro la Parola, amo chi la vive, come il conterraneo Bortone ( con la ‘o’!!).. che mi ha suscitato lo “Shemà ” ascolta ma anche insegna.. tre parole oggi out..
    Ascolta
    Ricorda
    Insegna
    Oggi decisamente nn si ascolta, nn si lascia manco finire la frase, oggi nn si ricorda anche se quello che dice oggi è il contrario di ieri, oggi non si insegna più niente xchè i giovani credono di sapere già TUTTO.
    INVECE LUI:
    “Ricordati di non ricordare”
    NO.
    Non è un ossimoro.
    Il ricordo non si può cancellare MAI dentro di noi. C’è solo una Persona capace di tanto, Lui. Che chiede a noi di spuntare la freccia appuntita del ricordo, di renderlo innocuo in nome della Sua Pace.

  2. Dario Busolini ha detto:

    Forse sbaglio ma ho sempre inteso questo passo, tra i più drammatici e controversi dell’Antico Testamento, come un ordine perentorio a cancellare dalla faccia della terra la memoria degli Amaleciti sterminandoli dal primo all’ultimo. Ordine eseguito solo in parte da Saul, con gravi conseguenze per lui, e con maggiore efficacia da Davide… tutto il contrario di un “ricordati di dimenticare”.

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