Quelli del pronto soccorso

Se la Chiesa è come un ospedale da campo noi catechisti siamo chiamati a fare molto di più che insegnare una dottrina
25 Settembre 2013

In occasione dell’anno della fede, in questi giorni (26-29 settembre) noi catechisti siamo coinvolti in alcuni eventi molto importanti, il Congresso internazionale di Catechesi e il Pellegrinaggio dei Catechisti. Ma se mai avessimo avuto bisogno di ulteriori elementi che sottolineassero lo spessore del nostro ministero, l’intervista di Papa Francesco ha provveduto abbondantemente.

Sì, le sue parole ci chiamano in causa, e lo fanno con estrema forza.

Al popolo dei catechisti è stata da sempre affidata una missione cruciale: come ricordava già il Documento Base (RdC 184) “la vitalità della comunità cristiana dipende in maniera decisiva dalla presenza e dal valore dei catechisti”. Se, quindi,  la chiesa è come un ospedale da campo, noi siamo parte dell’equipe di primo soccorso.

Che significa?

Significa che nella nostra missione siamo chiamati a fare molto più che insegnare una dottrina. Il catechista è in radice testimone e partecipe di un mi­stero, che segna la sua vita e che egli cerca di  comunicare agli altri nell’amore. Questo mistero è infinitamente più grande di noi e tuttavia esso trova voce e compimento nel presente anche attraverso la nostra azione catechistica, che lo attesta, lo spiega, lo aiuta a rivivere: siamo testimoni di Cristo Signore.

Le parole del papa ci chiedono di prendere atto del peso esistenziale di ciò che trasmettiamo: dobbiamo ‘prenderci cura’. Chi ci viene affidato non è solo mente, ma neppure solo emozione, o solo corpo. La nostra azione deve essere rivolta alla globalità della persona, anche nelle sue fatiche, nelle difficoltà, nei dubbi e nelle contestazioni, nelle ferite. E se questo aspetto può essere già noto a chi si occupa di catechesi degli adulti, quanta sensibilità e quanta delicatezza viene richiesta a chi pone il proprio servizio tra le mani dei più piccoli? Quanto dolore non riusciamo a vedere, spesso mascherato di insofferenza e indisciplina?

In questo ministero noi catechisti non siamo, e non possiamo essere, soli. Siamo figli della Chiesa, espressione di una comunità che ci ha generati alla fede, che continuamente ci plasma e che continuamente contribuiamo a plasmare: “la catechesi non è tutto, ma tutto nella Chiesa ha bisogno di catechesi: la liturgia, i sacramenti, la testimonianza, il servizio, la carità” (Lettera dei Vescovi per la riconsegna del DB – 1988). Sono le dimensioni dell’agire ecclesiale, che papa Francesco non annulla, ma di cui esalta l’importanza e di cui affida anche a noi, in modo globale e rinnovato, la responsabilità.

Grazie, papa Francesco, anche se ora il nostro cammino non si fa più facile: ma d’altra parte, esiste al mondo qualcosa di bello che non chieda la fatica della ricerca e dell’attesa?

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)