Quaresima, per vivere

La Quaresima non ci chiede di indossare maschere da penitenti contriti, ma ci chiede serena pazienza ed esercizio di libertà.
17 Febbraio 2021

Il tempo della vita cristiana si affaccia – nello scorrere così incerto e quasi sbilenco della nostra storia odierna – sui quaranta giorni della Quaresima.

E subito mi torna alla mente lo stesso periodo dello scorso anno: bloccati dentro una bolla di realtà inconcepibile fatta di strade deserte, code al supermercato, sirene di ambulanze, chiese svuotate, uomini e donne alle prese con il confinamento, la paura, la malattia e la morte inattesa. Ripenso alla Pasqua che abbiamo tentato di vivere con un senso di fatica e stanchezza. Conto le settimane e i mesi che abbiamo attraversato, senza avere ben chiaro in che modo potremo riprendere fiato e giungere a una mèta (che non è semplicemente la soluzione dei problemi attuali, o il vaccino, o un futuro che duplica il passato).
Papa Francesco ha scritto che “la Quaresima giunge a noi come tempo provvidenziale per cambiare rotta, per recuperare la capacità di reagire di fronte alla realtà del male che sempre ci sfida”. Abbiamo (forse) compreso che quanto abbiamo vissuto – e stiamo ancora vivendo – non produce automaticamente una rigenerazione morale di persone, popoli e civiltà. La forma e la qualità del futuro non potranno che dipendere da noi, dalle lezioni etiche che sapremo trarre da questa vicenda, dalle conseguenti scelte pratiche, illuminate o meno, che sapremo compiere di qui al prossimo futuro. Dal trauma della pandemia usciremo facendo comunità – poiché la comunità è sempre un ‘fare’ dinamico e mai uno stato di fatto – e cambiando i nostri rapporti con il mondo.

Non credo che si debba dunque indossare una maschera (un’altra…) di convenienza religiosa, interpretando la parte dei penitenti; nessuno ci chiede di assumere uno stile contrito e sottotono, per soddisfare l’apparenza di recitare la parte dei buoni, o per obbligarci a gesti e parole che non coltiviamo nell’intimo. La Quaresima non è un grande eroismo o una grande simulazione. Piuttosto è una grande e serena pazienza: la pazienza di chi si ricorda che occorre seminare per poter raccogliere i frutti. La pazienza di chi non obbliga Dio a essere ciò che non è – garante dei nostri bisogni – ma Lo intravede nel segno dell’umano che si riconosce generato, voluto, amato. Che si riscopre figlio. Che si affida.

«Corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta. Per la gioia che gli era posta dinanzi egli sopportò la croce» (Eb 12,1-2).
La Quaresima per il discepolo è esercizio di libertà, di gioia, di autenticità: perché la ‘corsa’ della vita non sia vana. La Quaresima è allenamento dell’intelligenza che cerca la verità, immersione in quella compassione che non considera l’altro un estraneo. È ascolto di una Parola che risuona al centro di noi stessi, che ci chiama, che ci precede; è silenzio che invoca e interroga nella preghiera, quella dei poveri che non hanno pretese. È disponibilità a condividere, rinuncia a sentirsi al sicuro perché si accumula; è ricerca di nutrimenti che non appesantiscano l’esistenza ma la rendano viva, resiliente, feconda, generativa.
Prepararci alla Pasqua diviene un appello a vivere, ad alzare lo sguardo, a ritrovare la densità della nostra esistenza; coinvolge la mente, gli affetti, la nostra anima e i nostri corpi.

“È il miracolo della vita, della nostra vita, che così – quando sogna di essere salvata tutta e fino in fondo – ha sempre sognato di essere salvata: come cioè è, si scopre in presenza di se stessa come viva coscienza presente a sé nella sua carne, vivente spirito incarnato. La carezza di una parola può essere data anche in lontananza, affidata alla scrittura o a un segnale comunque differito, così come il senso di uno sguardo. Ma la parola di una carezza può essere data solo in presenza. Nel vivo contatto di una mano. E ognuno che ha dato almeno una volta un bacio, sa come l’anima esce da sé per incontrarne un’altra. Paradossalmente è proprio il corpo che muore il vero argine all’umano non ‘telematico’, il pegno del corpo vivo di spirito che siamo.” (E. Mazzarella, Dopo la pandemia: due riflessioni, in: Pandemia e resilienza, Ed. CNR 2020).

(ph dell’autore)

2 risposte a “Quaresima, per vivere”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Questa è una Quaresima autentica, il sacrificio ci sta davanti, e la pandemia costringe a fare scelte a impegnare cuore e sentimenti nei rapporti con il prossimo. Non si tratta più di pratica devozionale soltanto ma ci viene chiesto partecipazione, condivisione in quello che significa dare di se stessi,. Non è più per sottostare a un predicato della religione devozionale, e se così fosse sarebbe oggi da farisei, e ci si domanda come si può pensare di potersi divertire quando ci sono ospedali affollati, file di persone in paziente attesa di interventi medici; come dovrebbe essere per chi ricopre cariche istituzionionali impegnarsi a farsi utile servitore Esclusivamente per il bene del Paese. Il pregare Dio, ha questo significato l’aiuto e per essere capaci del medesimo verso quel prossimo che ci sta accanto, o più lontano, il digiuno assume altra forma di rinuncia che sappiamo solo noi e lo Spirito che lo ispira.

  2. Paola Buscicchio ha detto:

    La Quaresima, un tempo di grazia per la Chiesa.
    Il vento dello Spirito soffia e sospinge la Chiesa verso nuovi orizzonti.
    Questo tempo ci è dato per ritrovare qualcosa che abbiamo perduto cioè la novità del Vangelo.
    La buona notizia attende di essere proclamata in tutti i confini del mondo e siamo noi i messaggeri scelti per questo.
    Il messaggio: Convertitevi e credete al Vangelo deve abitare ogni cuore.
    Lasciamo che questo tempo faccia maturare in noi i frutti della conversione e la Parola potrà scendere ad abitare il centro di noi stessi.
    Centrati sulla Parola saremo in grado di solcare poi il grande mare dell’incontro con Dio.

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