“Potrebbe dirmi cos’è la resurrezione?”

"Potrebbe dirmi cos'è la resurrezione?"
30 Aprile 2019

In questi giorni pasquali la parola resurrezione abbonda nelle omelie delle sante messe. Già da tempo, a scuola, registro con chiarezza che questa parola è una delle più sconosciute dai miei studenti, anche tra quelli che si definiscono cristiani. Spesso è confusa con la reincarnazione, altre volte è pensata come un simbolo di rinascita esistenziale, altre ancora come semplice sopravvivenza dell’anima di Cristo nella vita dopo la morte. E quando apprendono, invece, cosa sia restano di sasso, come se mai nessuno glielo avesse spiegato.

Alla messa della veglia pasquale a cui partecipo, il celebrante, nell’omelia, dice: “In questa notte, di nuovo, Gesù risorge nella nostra capacità di aprire il cuore a Dio e lasciarci convertire da lui”. Alla messa del giorno di pasqua, in un’altra chiesa e con un altro celebrante: “Lasciamoci portare dalla forza dello spirito, sull’esempio di Gesù che risorge nella forza dello Spirito”. Poi, il giorno successivo, lunedì dell’angelo, con un terzo celebrante diverso: “La verità della resurrezione sta nella possibilità sempre nuova di far ripartire la nostra capacità di annunciare il vangelo. Dire che Gesù risorge significa dire che continua a rendere sempre possibile a chiunque annunciare il vangelo”.

Ancora, la prima domenica dopo pasqua, mentre sono in casa di mia madre ascolto l’omelia di una messa domenicale dalla tv: “Il contrario della resurrezione non è la morte, ma l’incapacità di amare”. E da ultimo, partecipando alla messa di quello stesso giorno, il celebrante dice: “Gesù oggi continua a risorgere nel nostro desiderio di una vita piena, bella, di una vita donata per amore”.

Sommando nella mia memoria queste frasi, mi rendo conto che se sono costretto a puntualizzare ai miei studenti la verità basilare della resurrezione di Gesù un motivo c’è. Allora ho deciso. Quest’anno mi sono permesso di fare un piccolissimo sondaggio all’uscita di due delle messe citate, tra alcuni fedeli, intervistando complessivamente una dozzina di essi.

“Mi scusi, posso farle una domanda strana?”. “Basta che non mi chieda dei soldi”. “No, no, tranquilla. Potrebbe dirmi cos’è la resurrezione di Gesù?”. “Osta, Bella domanda… Significa che il suo messaggio è vero e che il vangelo è credibile”. “Ma lei ritiene – ribatto – che Gesù sia risorto davvero in carne ed ossa?”. “Oddio, in carne ed ossa è un po’ difficile. Credo che si sia reso visibile alle donne e a Pietro, ma spiritualmente”. Un’altra. “E’ quando la sua anima si è reincarnata per la forza dello spirito”. Un’altra ancora: “Diciamo che è risorto per dire che la forza delle sue idee e della sua parola è ancora viva oggi”. E ancora: “Eh, è una domanda difficile, non sono uno studioso di queste cose, ma credo che Gesù sia risorto con la sua forza d’animo e il suo amore”. Non da ultimo poi: “Bèh, per me è un messaggio chiaro: la morte non è la fine di tutto e dopo c’è un’altra vita, che speriamo sia meglio di questa”.

Su una dozzina, solo due persone mi hanno detto chiaramente che Gesù risorge nel suo corpo e che quel corpo, assieme alla sua anima, accede alla stessa vita di Dio. Mi si dirà che le altre risposte non sono sbagliate di per sé. Certo. Ma sono, semmai, conseguenze e significati derivati, della resurrezione, non l’esplicitazione di cosa sia la resurrezione di Cristo. Mi si dirà che tra cristiani questo è davvero scontato e non serve ormai più ripeterlo. Forse. Ma talmente scontato che non appartiene più al patrimonio concettuale di molti fedeli. Mi si dirà che è un concetto molto difficile e che un’omelia non è una lezione di teologia. Verissimo. Ma queste persone non hanno spesso alcune altra occasione in cui sentire qualcuno che possa fare chiarezza su questo concetto.

Stiamo parlando del concetto base della nostra fede, ciò da cui tutto parte, da cui tutto il resto deriva: “Se Gesù Cristo non è risorto, vana è la nostra fede”. (1 Cor. 15,14). La predicazione degli apostoli era, nella sua sostanza più essenziale e primordiale, ciò che oggi si chiama Kerigma, solo questa: annunciare che Gesù è davvero risorto. Inutile dire che le frasi delle omelie sentite in questi giorni danno molto per scontato il concetto base della resurrezione. Certo non sono la riproposizione fedele ed integrale delle omelie stesse. Ma, almeno per le messe a cui ho partecipato, posso garantire che nessun celebrante si è fermato a descrivere cosa sia la resurrezione.

E mi chiedo quale ne sia il motivo. Se questo derivi, ad esempio, dalla convinzione che oggi non sia necessario tornare all’annuncio del kerigma; ma le risposte della mia piccolissima indagine sembrano invece dire il contrario. Oppure se si ritenga più importante evidenziare gli effetti spirituali della resurrezione piuttosto che la sua dimensione reale; poi però non ci possiamo lamentare se la fede resta astratta e non incide sulla realtà effettiva. Oppure se, già da tempo, la predicazione abbia perso “i sensi”, perso la dimensione corporea dei dati di fede e non sappia come ritrovarli.

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