Nuove santità per tempi nuovi

Le sollecitazioni dolorose dell’attualità accostate a una pagina di Simone Weil e alla Quaresima che si apre, per sentire ancora una volta la necessità di attraversare da cristiani il tempo che viviamo
3 Marzo 2022

Viviamo un tempo di grandi fatiche, sofferenze, disorientamenti: conflitti, tensioni, violenze, povertà su scala mondiale. Ma anche aggressività diffusa, individualismi, narcisismi ed egoismi marcati su scala personale. Eppure questi, per chi ha un poco di conoscenza delle arcate della storia, sono da sempre, purtroppo, fenomeni presenti nel tempo dell’uomo. Forse abbiamo cullato l’illusione che certi fenomeni (guerre, pandemie) non riguardassero più la porzione di mondo che abitiamo. Bastava avere, però, uno sguardo appena più ampio del proprio ‘giardino’ per rendersi conto che, nelle diverse regioni del mondo, si continuava a combattere, a morire di malattie diffuse, di povertà crescenti. Bastava capire che essere al mondo significa anche essere responsabili, in qualche modo, del nostro abitare la strada dell’umanità.

Il tempo che viviamo è anche un tempo di cambiamenti: tecnologici, scientifici, demografici, comunicativi. Mutano i paradigmi di fondo del vivere, si fatica a tenere una rotta. La rete è divenuta parte imprescindibile del nostro quotidiano, gravando di risorse, di pericoli e di ostacoli lo squadernarsi dei giorni. La verità e la falsità sembrano troppo spesso avere lo stesso peso e la medesima considerazione.

Il nostro è anche un tempo di mutamenti antropologici, ma pure spirituali ed ecclesiali. E a questi mutamenti ci avviciniamo con paure e timori, con speranze e idee. Ma anche tra tensioni, che dividono chi vuole conservare un mondo tramontato, assillato da paure che non riesce forse nemmeno ad ammettere a se stesso, e chi spinge con fretta, a volte con buone intuizioni che tuttavia non colgono il dato reale del vissuto delle persone.

In questo affresco, tra luci e ombre ˗ tra fede nello Spirito che comunque guida, misteriosamente, la storia oltre il peccato dell’uomo e il male che non desiste ˗ sento come particolarmente cara una pagina di Simone Weil, tratta da una lettera scritta il 26 maggio 1942 a padre Perrin (lettera poi raccolta, con altri testi, in quel gioiello unico che è Attesa di Dio). Così scriveva Simone:

Oggi essere santi non basta, occorre la santità che il momento presente esige, una santità nuova, anch’essa senza precedenti. […] Un nuovo tipo di santità è qualcosa di dirompente, è un’invenzione. Fatte le debite proporzioni, mantenendo ogni cosa al proprio rango, è pressappoco analoga a una nuova rivelazione dell’universo e del destino umano. Significa portare alla luce una larga porzione di verità e di bellezza fin qui dissimulate da uno spesso strato di polvere. Occorre maggior genio di quanto ne sia servito a Archimede per inventare la meccanica e la fisica. Una santità nuova è un’invenzione più prodigiosa.
Soltanto una sorta di empietà può obbligare gli amici di Dio a rinunciare a ottenere del genio, dal momento che per riceverne in sovrabbondanza è sufficiente lo richiedano al proprio Padre in nome del Cristo.

È necessario un nuovo tipo di santità per il nostro tempo, servono nuovi paradigmi di vita cristiana intensa. Soprattutto, serve «del genio», portando alla luce ciò che ancora è nascosto da polvere e timori. Osare vie nuove, percorrere misure alte di bene, con profezia e coraggio, con rischio e con fiducia: queste sono – ci dice Simone – le vocazioni contemporanee, le tracce da seguire per fare spazio a domande e ascoltare risposte con cui intessere il dialogo con Dio. E così prosegue la lettera:

Il mondo ha bisogno di santi dotati di genio come una città appestata ha bisogno di medici. Dove c’è bisogno, c’è obbligo.

Dobbiamo davvero domandare e usare del ‘genio’, per non soffocare, inerti e inutili, insipidi e scialbi, ai margini del sentiero della storia. Dobbiamo chiedere del ‘genio’ per tornare ad essere eloquenti e comprensibili all’uomo di oggi, ma anche per poter capire e ascoltare, leggere e agire. Dobbiamo allargare i confini del nostro sguardo, imparare a soffrire e gioire di nuovo con l’umanità del nostro sfilacciato e ferito mondo:

Viviamo in un’epoca che non ha precedenti, e nell’attuale situazione l’universalità, che un tempo poteva essere implicita, deve essere pienamente esplicita. Deve impregnare il linguaggio e tutto il modo di essere.

L’universalità, scriveva poco prima Simone Weil, è da intendersi come «un amore che colmi in ugual misura l’universo intero». È una forma alta, assoluta, “in pura perdita” avrebbe detto Charles De Foucauld, che può impregnare linguaggio e modo di essere, ossia tutto il nostro esistere.
Colmare l’universo, a partire da dove si è, coltivando – nonostante tutto, per tutti, nei limiti che abbiamo – sguardi in pura perdita.
Nella Quaresima che inizia, che sia di augurio e viatico il sentire l’esigenza di vie nuove di vissuto cristiano, nel tempo e nel luogo che ci sono dati.

 

8 risposte a “Nuove santità per tempi nuovi”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    opinione personale ma mmolto radicata.
    Chi si ritiene tradizionalista nn legga, p.f.

    Oggi non hanno più senso/logica/appeal/coerenza tante tradizioni.
    Santi/indulgenze/Riti semitribali /separazione sacro-profano/ martirii.. ecc
    Anche in Nostro Signore Gesù Cristo la Sua Vita. Le Sue Parole. Vanno portate al CENTRO della ns. Relazione, ben più e meglio del paradigma del sacrificio x i ns peccati. Ben più della stessa Resurrezione.
    La ns Fede si deve misurare/apparire nel quotidiano
    Nel FARE ben più che nel pensare ( quindi intellettuali a spasso.. cfr da Milano).

    P.S. sta crescendo in me una antipatia vs il “Russo”. Che nn riesco a curare. Sob

  2. gilberto borghi ha detto:

    Credo ci sia anche un’altra motivazione se continuiamo a pregare santi “eclatanti”, con tanto di miracoli certificati. Oggi, anche dentro al Chiesa ipotizziamo che la presenza di Dio in terra avvenga nelle situazioni limite, laddove le regole umane e scientifiche che conosciamo della vita vengono scavalcate. Mi chiedo se questo sia ancora cristianesimo, perché rischiamo di non credere più all’incarnazione, cioè al fatto che Dio, invece, ordinariamente, entra nella nostra vita stando dentro al limite di ogni esperienza, cioè nelle situazioni concrete che si danno proprio secondo le leggi che noi conosciamo e opera attraverso la nostra volontà libera, non oltre o nonostante questa.

  3. Linda T. ha detto:

    Concordo in tutto…..a volte è più comodo vivere con i draghi scendendo a compromessi. Credo che molti di quei martiri fucilati siano diventati tali perché non potevano fare altrimenti ….la natura umana per fortuna ha molte sfaccettature compresa quella della lucida adesione all’unica Verità.
    Il mondo sopravvive grazie a queste persone/ martiri di ieri oggi e domani. Domanda: voglio anch’io essere Santo?

  4. Francesca Vittoria vicent ha detto:

    E’ come adattarci ogni mattina al tempo che farà. Inutile guardare al “ieri” anche se il sole è sorto con la stessa radiosità, se la natura tenta di farci sentire che è prossima la primavera, ma gli accadimenti e le persone con le quali condividiamo l’esistenza, sono loro che faranno la nostra giornata sempre una diversa, Vivere solo per se stessi non provo neppure a immaginarlo tanto il vivere quotidiano è connesso, coinvolto con la vita di altre persone. Il mondo ha bisogno di santi? Anche perché se incroci una mamma che spinge la carrozzina di un figlio disabile, e sorride, cosa altro viene in mente se non che ha in se uno spirito santo, che fa della realtà, bontà, bellezza, poesia. Se si porta una croce che non sempre è facile accettare, ma si riesce come non credere che uno Spirito è presente e ci rende capaci di sorridere, Cosa degna, e bella la vita se e quando questo amore è presente anche se si vive diversa da ciò che si è sognato, voluto, sperato.

  5. Dario Busolini ha detto:

    Penso che i nuovi santi per i tempi nuovi siano innanzitutto i nuovi martiri. Un articolo molto interessante di Mons. Mennini in http://www.settimananews.it/politica/ucraina-ieri-oggi/ cita una predica di padre Aleksej Uminskij, di questi giorni a Mosca, dove si chiede perché la sua gente non abbia maturato una devozione popolare per i martiri del XX secolo mentre preferisce ancora pregare per i santi del lontano passato, famosi per i miracoli e i prodigi a loro attribuiti.
    Chiedo a Vino Nuovo il permesso di riportare le sue parole, che mi sembrano un’ efficace attualizzazione di quelle di Simone Weil:

    • Dario Busolini ha detto:

      «Invece, nelle vite dei nostri nuovi martiri e confessori – continuava padre Aleksej – ahimè, non c’è nessun miracolo. Niente: li ammazzano e non scorre latte invece del sangue; li torturano e loro non guariscono, e nessuno guarisce toccando le loro reliquie, nessuno riceve un bonus spirituale dal loro culto. Se guardiamo i loro volti, fotografati prima dell’esecuzione, in quelle terribili liste di fucilazione, non si capisce neanche come si possa pregare davanti a loro. Cosa si può chiedere a queste persone che hanno sofferto nei lager staliniani? Possiamo chiedergli la guarigione? Di trovar casa? Di avere un buon raccolto? La felicità familiare, la fortuna negli affari?.. Si possono chiedere cose simili a questa gente, fotografata prima della fucilazione? No, non è possibile, no».

    • Dario Busolini ha detto:

      Nelle icone, san Giorgio combatte contro draghi fiabeschi, lontani dalla vita di tutti i giorni. «Eppure noi i draghi veri, quelli umani, li incontriamo tutti i giorni, solo che ci siamo abituati – ha fatto notare il sacerdote –, abbiamo imparato a costruirci corazze, a scendere a compromessi con loro. Abbiamo imparato a tacere quando questi draghi vomitano il loro odio, fiele e rabbia; quando umiliano gli altri, torturano gli altri, mettono in galera gli innocenti».

    • Dario Busolini ha detto:

      «I martiri e confessori del nostro tempo non hanno voluto convivere con i draghi, loro dicevano la verità; non avevano paura della verità e per la verità di Dio sono andati alla morte, testimoniando Cristo. Invece a noi viene comodo vivere coi draghi, per questo preghiamo gli antichi santi che ci facciano vivere felici e contenti insieme ai draghi… Varrebbe la pena che chiedessimo ai martiri dei nostri giorni di diventare dei veri cristiani, delle persone oneste che non hanno paura dei draghi, che non hanno paura di dire la verità, di testimoniare quella stessa verità divina che ci annuncia il Vangelo».

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