Ma ancora quella parrocchia?

la Chiesa corpo di Cristo oggi è solo un guscio vuoto che si sta dissolvendo, funzionale solo al mantenimento di sé stessa
28 Luglio 2020

Maquillage linguistico concettuale. Credo proprio che non si possa definire diversamente il senso dell’ultimo documento vaticano sulla parrocchia. A cominciare dal titolo: “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa”. Al che uno si aspetta qualcosa di “forte”, perché la parola conversione in casa cattolica, è una di quelle che pesano e che si usano quando le cose non vanno. Mentre il testo sembra tutto fuorché forte e consistente. E poi la parola missione, che allude sempre al cosiddetto “mondo” di chi non è cattolico, ma di questo rapporto, nel documento non sembra proprio ci sa sufficiente traccia. E, anche se la volessimo leggere come missione da “intra”, tutto il corpo centrale del documento non ha proprio né l’aria, né lo stile, né le parole, per tradurre concretamente cosa sia una missione “ad intra”.

Mi addolora molto doverlo dire, ma questo documento non vale il tempo che ci si mette a leggerlo. Anche perché, forse, già la scelta di continuare a scrivere documenti nella speranza che il popolo di Dio li legga (o forse anche solo religiosi e sacerdoti), dichiara quanto sia elevata la distanza tra chi ancora si illude che questo stile di comunicazione sia efficace e i tempi che viviamo, che richiedono, con tutta evidenza, ben altre cose.

Questa forma di comunicazione, infatti, ipotizza che esista ancora qualcosa, che fino a qualche tempo fa si chiamava “comunità ecclesiale”, in cui un centro decisionale universale “indirizzava” la base su ciò che andava fatto, e in cui il collante comunitario era ancora in grado di rendere possibile un essere “corpo”, organico, gerarchico, funzionale.

Potrà sembrare strano a chi legge la Chiesa solo a partire dai suoi significati teologici alti, ma questa possibilità oggi è praticamente esaurita, corrosa, perché tutti, anche la Chiesa, viviamo in una cultura in cui il legame sociale si è dissolto e impera la “moltitudine”, non certo il senso comunitario: ognuno per sé e Dio per tutti. E non sono ancora certo che il coronavirus stia modificando in meglio questo dato. Mentre mi sembra certo che, per ora, la “riserva” escatologica tipica del cristiano non stia proprio arginando questo fenomeno. Anzi, i particolarismi e gli individualismi spinti all’eccesso, soprattutto nella ricerca della ridefinizione identitaria di sé stessi, sembrano essere maggioritari nel mondo cattolico.

Questo porta ad una seconda riflessione, legata alla cosiddetta territorialità. Oggi il cattolico si sente a casa, non nella sua Chiesa, territorialmente più vicina a lui, ma con chi la pensa come lui, che creda o non creda! L’appartenenza, come base per la percezione dell’essere comunità, non ha più nulla a che fare con il territorio, ma con una tendenza neo – ideologica, strumentale all’identità di sé e ai propri interessi. Un laico e un cattolico sovranisti vanno molto più d’accordo tra loro che non due cattolici, uno populista e l’altro sovranista.

A fronte di ciò il documento non sembra nemmeno rendersi conto del problema. In termini teorici richiama la necessità della valorizzazione del territorio e della dimensione comunitaria, come strumenti per risollevare la parrocchia dalla crisi. Ma mirare a risolvere direttamente gli effetti del problema significa non averne compreso la causa, limitandosi a fare ciò che si crede si possa fare. Per di più, in termini pratici, sia la territorialità che la comunitarietà come obiettivi da rivitalizzare, passano radicalmente in secondo piano quando il testo offre indicazioni concrete, che sono solo organizzative e rituali su come vivere dentro la chiesa, senza minimamente dare la sensazione di alzare lo sguardo oltre. A conferma del fatto che la Chiesa corpo di Cristo oggi è solo un guscio vuoto che si sta dissolvendo, funzionale solo al mantenimento di sé stessa, perché l’unica cosa di cui ancora riesce a parlare sono le prescrizioni interne, i vincoli, le regole, e soprattutto la ritualità.

Ciò è perfettamente coerente con la religione post – moderna, con cui la Chiesa si sta radicalmente omologando, in cui la vita religiosa si risolve nel rito, nella gerarchizzazione, nella regolazione interna divenuta sacra e nel misticismo individuale come unico luogo di rapporto con divino. Su questa linea la deriva anti evangelica è già servita! Perché l’umano, il sociale, il quotidiano fuori dalla Chiesa scompaiono dall’orizzonte, e la fede rischia davvero di risolversi perfettamente nella religione.

Io trovo che sarebbe stato molto più “forte”, invitare i cristiani a ridurre la frequenza ai riti religiosi vissuti come atti magici, capaci cioè di per sé di risolvere i problemi della vita: la fede non è magia!! A cui poteva far seguito un invito a ricominciare a vivere le relazioni in modo umano, con chiunque e dovunque per ritessere rapporti sociali: se davvero avessimo dentro Gesù Cristo non potrebbe non vedersi. Oggi come cristiani, ci manca l’umanità, non la divinità del nostro “apparato” ecclesiale.

6 risposte a “Ma ancora quella parrocchia?”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Forse val la pena di aggiungere un particolare. A quella Messa, Treviglio Salesiani h 9.15, oggi partecipano TRE persone x DUE banchi su cui nel pre-Covid c’erano almeno SEI.
    RAPPORTO : LA METÀ
    . cmq Chiesa NON piena. Dispersione.
    Se può consolare a Carrara chiedo al barbiere:
    Non ti vedo pieno, pensavo la folla dopo il lock… Mi risponde:
    ” Ma va’! Ho un calo pauroso!”
    Dico:
    E i capelli?
    Risponde:
    Se li tagliano da soli!!
    PAURA.
    Nel trasloco mi è capitato tra le mani un articolo vecchio sulle pesti nella Storia.
    Da far leggere ai Berliner e Meloni.

  2. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Stamane a Messa ho sentito una strana sensazione: l’impatto del Covid sulla ns malata Chiesa. Ulteriormente debilitante, disgregante, disperdente come una deflagrazione socio/antropologica.
    Basterebbe vedere le ns Messe, senza scambio di Pace, così distanti, paura..
    Eucarestia portata al posto, stamane.. paura..
    Quale atteggiamento tenere? Con cosa trasformo la paura in speranza? Se nn “castigo di dio” o “tanto ci pensa Lui” resta la Paura, tanta. Cui nn mi pare che la CC proponga rimedi creduti.
    Intanto la “comunione” resta solo un nome e la Messa sempre meno significante e l’Annuncio meno cogente e IT.
    Un barboso malevedente…
    Oppure sensazioni presenti e reali???

  3. Stefania Manganelli ha detto:

    Condivido tutto l’articolo, avendo anche io faticosamente letto il documento, con la sensazione di aver perso tempo. A maggior ragione dopo il colloquio di ieri con il “nuovo parroco” insediatosi in “parrocchia” (con tanto di rito pomposo, con il sindaco e la banda – e pochi altri…), che, da quel che ha detto (e soprattutto non detto) mostra completa cecità ed incapacità di vedere il cambiamento di epoca. Parroco e parrocchia sono strutture destinate a implodere su se stesse: Cristo risorto vive ancora nell’umanità, non nelle strutture (colpevoli di averne deturpato il volto). Perchè cercare tra i morti Colui che è vivo? Lui è là, in Galilea (nella vita quotidiana-nelle relazioni umane), là ci attende, non altrove!

  4. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Non riesco a dirimere qs dubbio…
    Non si sono accorti che la Cattedrale sta bruciando, la barca affondando, i pedoni skappari via quasi tutti, quei pochi rimasti sc…ti si lamentano continuamente e tutto sono fuorché contenti…
    OPPURE…
    Finché mi restano le COSE (…….€,casa,status,cappello,onori,potere,concionare e predicare e…
    Me ne frego e faccio finta di niente..😆🙃

  5. Dario Busolini ha detto:

    Nel caso della parrocchia anche il solo mantenimento della stessa sarebbe comunque un bene, considerando che, pur con tutti i suoi tanti limiti, a tutt’oggi resta il principale strumento di contatto tra la Chiesa e la gente sul territorio. Ma il problema sta nel fatto che proprio il semplice mantenimento è diventato impossibile e il documento presenta come innovazioni tagli, aggregazioni e fusioni già in atto da tempo, come pure “aperture” alla collaborazione dei laici che, soprattutto fuori d’Italia, esistono da molti anni. Come si è visto durante il Sinodo sull’Amazzonia, alcuni problemi sul futuro della Chiesa creano ancora troppe divisioni per poter essere affrontati sul serio e dunque si lascia fare all’azione dello Spirito Santo.

Rispondi a Sergio Di Benedetto Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)