Le parole del giubileo – 14 – giudizio

Il giudizio di Dio si sostanzia di un auto-giudizio che l’uomo si dà, di fronte alla Verità rivelatagli da Dio
5 Aprile 2025

Giudizio

Questa parola rimanda alla condizione degli esseri umani dopo la morte, in quelli che venivano chiamati “i novissimi”, cioè le cose ultime. Nell’idea tradizionale, il giudizio è pensato come un atto di Dio con cui valuta la nostra vita terrena e ne trae la decisione di “inviarci” alla nostra destinazione finale che ci siamo “meritati”: inferno o paradiso.

Il Catechismo della Chiesa cattolica dice: “Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l’amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola inferno” (1033). E ancora: “Dio non predestina nessuno ad andare all’inferno; questo è la conseguenza di una avversione volontaria a Dio, in cui si persiste sino alla fine” (1037).

Il Nuovo Testamento, dal canto suo, ha affermazioni diversificate, ma che sottolineano più la responsabilità dell’uomo nell’esito finale del giudizio, che non l’intenzione di Dio di punire o premiare: “chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato” (Gv 3,18); “con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio” (Lc 6,38); “con la tua durezza e il tuo cuore non convertito, accumuli la tua rabbia, per il giorno del giudizio” (Rm 2,5); “ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato” (Gl 6,7).

Sembra, perciò, abbastanza evidente che la forma del pensiero classico sul giudizio non corrisponda alle indicazioni di Cristo, ma piuttosto a quella del rapporto di “paura” dell’uomo peccatore, non ancora “salvato” di fronte ad un Dio percepito come “avversario”.

Certo che il giudizio resta di Dio, nel senso che è Lui a definire e a mostrare a noi la verità con cui ci misureremo. Ma l’azione che Dio compie in questo atto è solo quella di manifestare la verità della vita delle persone e della storia: “Davanti a Cristo che è la verità sarà definitivamente messa a nudo la verità sul rapporto di ogni uomo con Dio. Il giudizio finale manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze, il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena” (1039).

All’uomo spetta, invece, di accettare definitivamente o no il suo amore, di fronte a questa verità. E in questo, di sancire egli stesso la propria destinazione finale, rendendo definitivo l’atteggiamento di apertura o chiusura all’amore di Dio avuto in vita. Se vogliamo essere onesti perciò dobbiamo dire che il giudizio di Dio si sostanzia di un auto-giudizio che l’uomo si dà, di fronte alla Verità su sé stesso, rivelatagli da Dio.

Anche nel giudizio Dio continua ad amarci. Lui ci rivela la verità della nostra vita, proprio per l’amore che ci porta. Questo significa che mostrerà di noi quel poco o tanto di amore vissuto che la nostra vita contiene, e in rapporto ad esso, il senso di tutte le scelte della nostra vita, anche quelle peccaminose. E Dio farà questo nella speranza che noi non abbiamo abdicato compiutamente al nostro desiderio profondo di amare, affinché noi non rifiutiamo definitivamente la sua offerta d’amore.

Per questo il giubileo non può essere vissuto sotto la cappa del senso di “paura”, per il timore della condanna definitiva sempre in agguato, ma sotto lo sguardo supplichevole di Dio verso di noi, che ci ama gratuitamente in un modo che difficilmente riusciamo a credere. Non siamo noi che con fatica dobbiamo arrancare per “raggiungerlo”, ma è lui che ci supplica di lasciarci abbracciare e amare, come Paolo scrive: “lasciatevi riconciliare con Dio” (2 Cor 5,20).

8 risposte a “Le parole del giubileo – 14 – giudizio”

  1. pietro buttiglione ha detto:

    Temo che ciò che impedisca la soluzione del problema si chiami CC.
    Castigo, benemale, figli, sequela, precetti, gli stessi Sacramenti,,,,
    Voi non immaginate quanto il mio pensiero possa seguire vie traverse…
    Ieri il confessore che ho incontrato nella giornata diocesana giubilare penitenziale mi ha ricordato tanto quel famoso transito di Troisi e Benigni… 4 formalismi e via! Come poterlo biasimare.. vedendo l’uomo che avevo davanti, la sua età, il suo stato…
    E la via traversa che sussurra, auspice Beretta, così :
    Forse che la storia che tanto non officia il prete pedofilo, non confessa il vecchio cadente, non serva proprio per COPRIRE quelle realtà??
    e insiste: come si può far fionta che TU sei Uomo e Lui pure? far finta di niente??
    Chiudo ambedue i temi così:
    O si recupera il nostro rapporto DIRETTO con Cristo… altrimenti siamo come recintati e infelici.
    Adesso aspetto la Teologia rapida o quella quantistica ^_^

  2. Paola Meneghello ha detto:

    Quando si parla di giudizio di Dio, è inevitabile cadere nell’immagine del Dio antropomorfo, che valuta secondo criteri, tra l’altro, che sono i nostri, cioè quelli umani e limitati.
    Però io non credo nemmeno nella dissoluzione dell’io, senza alcuna responsabilità. Dal mio punto di vista, ciò smentirebbe la coscienza individuale e la relativa Libertà.
    Credo che il testo tocchi una grande verità: l’autogiudizio. Che non è meno del giudizio di un Dio esterno, magari misericordioso. Secondo me, non c’è nulla di più devastante che rendersi conto individualmente di aver fallito, di aver sprecato un’occasione.
    Credo sia quello il vero inferno, autoinflitto..
    Anche di chi non perdona e non si perdona.
    Saper perdonare, saper allargare le braccia, non puntare il dito e accogliere le nostre e altrui fragilità, forse è una/la chiave.
    Di là, come di qua.
    In quel Cuore dove tutto si riconcilia, al di là di un dentro o fuori, prima o dopo..

    • ALBERTO GHIRO ha detto:

      Credo che rimanendo nel cristianesimo non si possa ignorare che Dio abbia una volontà su di noi, voglia qualcosa da noi e il giudizio sia legato a questa volontà e non ad una “semplice” distinzione tra bene e male che può essere relegata alla nostra morale. Tentare di capire quale sia questa volontà penso sia un’attività individuale e io ci provo con la volontà di essere suoi figli o di tornare ad esserlo, facendo riferimento alla parabola del figlio prodigo. Credo che in questi termini non si tratti di antropomorfizzare o di dissolvere nessuno e condannare se stessi si infranga nel conforto di essere figli, il resto potrebbe venire quasi da sé.

  3. Pietro Buttiglione ha detto:

    @A.Ghiro.
    Provo a districarmi tra sogg/ogg.tivo, poi ti rileggo.
    1) io credo( ma nn obbligo nessuno a credere..) che nulla di quello che penso contribuisca al Giudizio di Dio.
    2) conta SOLO quello che faccio. Le mia azioni. Le mie rel_azioni.
    Ora ti rileggo. E vedo che è da interpretare.
    Soggettiva è la mia discriminatio tra bene e male? Che sarebbe egoistica?
    Invece Oggettiva quella che mi fa o no Figlio di Dio. Che io interpreto : Segue i suoi dettami?
    Mi si confondone le due idee. E provo s dirti xchè. Malebene nella vita umana sono sempre mischiati e spesso relativi. Ma proprio per questo ci sono azioni molto MALE e altre MMOLTO BENE.
    Viste nel loro hoc et nunc. quindi relative ( x te ‘soggettive’)
    Chiudo con: Gesù non è venuto x dettarci il suo Galateo…ma x spronarci a vivere da PERSONE UMANE libere. non soggette, neanche a Etiche dettate da non so chi.
    Ciao

    • ALBERTO GHIRO ha detto:

      Per il tema oggetto e soggetto posso rimandarti a Teologia del quotidiano di Adriana Zarri che non è male perché lo lega alla Trinità quindi riferendosi all’ambito religioso più che quello filosofico. Penso che per capirci dovremmo uniformare la fonte perché mi pare che tu usi la filosofia per spiegare il religioso mentre io parto dalle letture con pochi riferimenti filosofici e penso che la filosofia occidentale si ispiri alla potenza del cristianesimo per poi finire in chiacchiere evasive, avendo di certo un’utilità scientifica.

  4. Pietro Buttiglione ha detto:

    Cito dalla Parola di mercoledì:
    “Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.”
    Che io ho interpretato esattamente com scrive Gil. Insomma la scelta è solo nostra. Già nel Primo Testamento così Dio:
    “Io ti ho indicato cosa è Bene e cosa ę Male. Ora STA A TE deciderti e scegliere!”
    Più chiaro di così.
    Nota: quello che é soggettivo visto dal di dentro diventa oggettivo alla Luce del sole….

    • ALBERTO GHIRO ha detto:

      La tua citazione conferma che il giudizio si basa sul fare e non sull’essere ovvero sull’oggetto e non sul soggetto.
      L’essere in realtà c’entra, non come oggetto di giudizio ma come definizione di bene e male: nella visione “egoistica” di Dio essi differiscono dalla nostra visione morale perché è bene ciò che conduce ad essere figli di Dio ed è male la volontà che conduce ad essere tutt’altro che figli. This is my opinion🤔

  5. ALBERTO GHIRO ha detto:

    La lettura di oggi parla del giudizio dell’uomo che si rivolge al soggetto e non all’oggetto ed è quindi un pregiudizio e direi che tutto il giudizio dell’uomo sia pregiudizio perché in fondo sempre inevitabilmente per vari motivi soggettivo.
    «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?» Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!».

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