Le crisi della parrocchia

In una fase di profondo cambiamento, è possibile mettere a fuoco sette crisi che vive la parrocchia oggi.
10 Novembre 2020

Siamo in un tempo di profondi cambiamenti; anzi, come ha più volte detto Papa Francesco, viviamo un “cambiamento di epoca” più che “un’epoca di cambiamento”. Da un punto di vista ecclesiale, la parrocchia è un terminale di molti fenomeni: essa sente, subisce e vive numerosi e profondi mutamenti, manifestando l’esigenza di alcuni punti cruciali di ripensamento. Oggi la parrocchia è bisognosa di cura, di rinnovamento, di coraggio. Basta parlare con i sacerdoti e i laici impegnati, basta viverla un poco per avere subito idea di quanto profondo sia lo ‘smottamento’ della parrocchia nel XXI secolo.

Questo ‘smottamento’ merita la nostra massima attenzione: «La comunione ecclesiale, pur avendo sempre una dimensione universale, trova la sua espressione più immediata e visibile nella parrocchia: essa è l’ultima localizzazione della Chiesa, è in un certo senso la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie» [Christifideles Laici, 26]. Essa, inoltre, è (o dovrebbe essere) «presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione» [Evangelii Gaudium, 28].

Eppure la parrocchia, a cui viene riconosciuto un ruolo così decisivo nella trasmissione della fede, è in profonda crisi; per questo deve essere protagonista di una vera riforma: «dobbiamo riconoscere che l’appello alla revisione e al rinnovamento delle parrocchie non ha ancora dato sufficienti frutti perché siano ancora più vicine alla gente, e siano ambiti di comunione viva e di partecipazione, e si orientino completamente verso la missione» [Evangelii Gaudium 28].

Ci sono stati tentativi di cambiamento, è vero; tentativi che tuttavia sono molto localizzati, legati a un parroco, a un gruppo di laici, a qualche vescovo lungimirante. E bisogna pur dire che il recente documento La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa, datato 20 luglio 2020, sembra animato da spinte contraddittorie e pretese uniformatrici che lasciano non pochi dubbi.

Ogni soluzione, o ogni tentativo di rinnovamento, deve però avere il coraggio dello sguardo sincero. Bisogna cioè partire dalla realtà e da lì provare strade nuove. Altrimenti le azioni di riforma andranno solo a incidere sulla superficie, senza toccare la sostanza. Anche perché – necessaria premessa – la parrocchia è un corpo statico che procede spesso per inerzia, fortemente conservatore e refrattario ai cambiamenti profondi.

A voler leggere bene, però, non si può parlare di una sola crisi della parrocchia: sono molteplici le crisi che investono le comunità parrocchiali. Ne ho individuate sette e penso che, se forse nessuna comunità le ha tutte, di certo è rarissimo trovare una parrocchia che non viva almeno una di queste. Le vado a elencare, aprendo al confronto su altre crisi della parrocchia, e riservando a un intervento futuro la pars costruens.

1. La parrocchia vive una crisi di fede: se la fede oggi attraversa delle profonde trasformazioni, è inevitabile che tutto questo si riversi nella parrocchia. In essa sopravvive tanta religione, ma si fatica a scorgere una proposta di vita di fede buona per il XXI secolo. Tra tensioni novecentesche, tridentine, conciliari, la parrocchia fatica nel fare propria la sequela di Cristo in modo vivo, interessante, umano. Stretta tra molteplici spinte, non riesce a mettere a fuoco il kerygma in modo convinto nelle sue proposte e attività. La parrocchia non riesce a far vivere la fede oltre il culto e il rito che spesso stancamente si trascinano. Rianimare liturgie e preghiere, dare spazio al silenzio, ascoltare la Parola, superare devozioni non più eloquenti per l’uomo del terzo millennio sembrano obiettivi ardui. È necessario ridestare il fuoco della fede, avendo il coraggio di rinunciare a molto, per l’unum necessarium: il Cristo.

2. La parrocchia vive una crisi di persone: quantitativamente i fedeli diminuiscono. Sempre meno i frequentatori delle attività. Meno persone significa anche meno volontari, minor disponibilità per svolgere attività che sono lascito di altri tempi e altri numeri e conseguente ‘sovraccarico’ di impegni per i pochi rimasti. Ma c’è anche una crisi che – dobbiamo ammetterlo – riguarda la ‘qualità’ umana degli assidui alla parrocchia. Non raramente essa diviene il luogo dove si manifestano frustrazioni, piccole lotte di potere, concezioni proprietarie che hanno sovente fragilità umane evidenti, fatte pagare ad altri.  Può succedere che i volontari allontanino altri volontari, in una sorta di strana competizione che assorbe vite personali caratterizzate da profondo disagio.

Può accadere che donne e uomini liberi e acuti, intraprendenti e coraggiosi, formati e capaci vengano messi ai margini, o si allontanino spontaneamente perché non si sentono più ‘a casa’. C’è un esilio silenzioso dei cristiani dalla parrocchia che impoverisce le stesse comunità di volti, di storie, di carismi, di dialogo e confronto. È un esilio che trasforma la parrocchia in un fortino identitario, assai refrattario a chi non si riconosce nella linea dominante, spesso indicata dal clero. A tutto ciò si deve aggiungere la questione anagrafica: l’emorragia dei giovani è una realtà di fatto, l’età media dei parrocchiani è alta, tanto da domandarsi cosa accadrà nel futuro prossimo.

3. La parrocchia vive una crisi di pensiero: meno persone significa anche meno menti pensanti, meno figure capaci di leggere i segni dei tempi e elaborare un pensiero per l’oggi. Ma crisi di pensiero significa anche un progressivo impoverimento culturale della parrocchia: sempre meno si investe in cultura, formazione adeguata, proposte significative, accontentandosi di ciò che è gratuito, di ciò che compie il ‘volontario di turno’, di ciò che ‘piace alla gente’. Sembra arduo allestire un percorso che tocchi la ragione e che aiuti a vivere il XXI secolo con consapevolezza, al di là di formule stantie e vuota retorica che fanno sorridere o peggio allontanano uomini e donne, credenti o non credenti, che hanno invece strumenti culturali più solidi. Peraltro, sarà innegabile notare che la crisi di pensiero diventa crisi di formazione, che investe sia il clero che i laici. Quante volte basta sfogliare un bollettino parrocchiale, ascoltare qualche omelia per avere contezza di come crescano la sterilità di pensiero e di studio, la mancanza di ricerca e di acutezza? Mi sovviene il consiglio che Jean Guitton ricevette da sua madre: “Se vuoi essere cristiano, devi essere intelligente”. Che non vuol dire disprezzare la semplicità. Vuol dire però avere consapevolezza del mondo e dei suoi fenomeni, fuggire la sciatteria e la superficialità. Vuol dire entrare in dialogo fecondo con il mondo, rifuggendo da muscolarismi identitari anacronistici che spesso sono solo miopia intellettuale. Vuol dire anche accogliere il dissenso, la critica, il contrasto, da leggere come momenti di crescita e non come reati di lesa maestà. Che la cultura sia sparita da troppe agende parrocchiali e diocesane è dimostrato dal fatto che la maggior parte delle diocesi italiane non ha né un vicario né un ufficio che si occupi della cultura.

4. La parrocchia vive una crisi di strutture: frutto di un passato di mobilitazione, di fedeltà e di generosità, le parrocchie oggi possiedono beni materiali e strutture sproporzionate rispetto al numero delle persone che la frequentano e dei fondi che essa raccoglie. Tali strutture sono spesso vecchie e bisognose di ristrutturazione: segni di bellezza artistica, di preoccupazione educativa, di carità fattiva. C’è un patrimonio bisognoso di cura che necessità di risorse e di competenze non più assolvibili dalla comunità. Tra restauri, debiti, vincoli normativi, le strutture oggi sono spesso un peso sul cui utilizzo si fatica a decidere, tra nostalgie, legittimi dispiaceri e dubbi, legacci comunitari.

5. La parrocchia oggi vive una crisi di comunicazione. Abituata per molto tempo ad essere l’unica realtà capace di elaborare proposte di fatto onnicomprensive (dalla formazione dei bambini alle attività ricreative, dalla carità alla cultura), oggi si trova a competere con agenzie ed enti molto più capaci di comunicare, perché in grado di intercettare le giovani generazioni o di valorizzare competenze professionali, così da oscurare il canale comunicativo parrocchiale. Basti anche qui un esempio: nell’era di Internet tante parrocchie non hanno un sito web, o se c’è, può accadere che non sia aggiornato. La parrocchia fatica a comunicare le sue attività, anche quando sono interessanti e creative, prigioniera o della superficialità che tocca il kitsch, o dell’anacronismo spinto, quasi fossimo rimasti agli anni ’70 o ’80. La fatica di comunicare è anche conseguenza di un problema di linguaggio: la grammatica e il lessico parrocchiale troppe volte non dicono più niente all’uomo di oggi, non si fanno eloquenti né comprensibili. Nel tempo della comunicazione, la parrocchia ha ancora una buona notizia: ma come può dirla alle persone, ormai la maggioranza, che abitano fuori dal ‘recinto ecclesiale’?

6. La parrocchia oggi vive una crisi di credibilità, dovuta a scandali, ipocrisie, ruberie, cattiva gestione. Non è certo un fenomeno che investe la maggioranza, sappiamo che il male fa più rumore del bene, ma non possiamo negare che gli scandali, da quelli più gravi con conseguenze penali (vedi pedofilia) a quelli più privati (spesso legati alla condotte di vite dei consacrati o dei laici più clericali) abbiano minato la credibilità della parrocchia nel mondo di oggi. Purificare la memoria, chiedere perdono, ammettere colpe e responsabilità, agire in modo trasparente sono state e sono azioni necessarie. Dobbiamo sapere che la fiducia si perde facilmente, mentre si riacquista con tempi lunghi, tanta umiltà e tanta pazienza.

7. la parrocchia oggi vive una crisi di identità, frutto spesso delle crisi precedenti. Nel XXI secolo, cosa vuole essere la parrocchia? Erogatrice di sacramenti? Rassegnata comunità di superstiti nostalgici del tempo antico? Banco vendita dei proprio talenti? Agenzia sociale? Agenzia del culto? Gruppo autoreferenziale di amici? Centro anziani? Cerchia di impauriti che si riconosce in poche parole d’ordine? Ente pellegrinaggio? Centro estivo per bambini? C’è un’identità che deve essere ricostruita, tra rinunce salutari (e probabilmente dolorose), aperture, coraggio, smarrimenti. L’inerzia, la navigazione sotto costa, le contraddizioni sono segni di una comunità in cerca di se stessa. Non sapendo chi è, privata della guida del clero sempre più anziano e sempre meno numericamente disponibile, deve elaborare una nuova identità a partire dal battesimo, mentre non sa cosa dire al mondo.

Sette crisi della parrocchia, sette nodi da sciogliere, con il dialogo, il confronto, la riflessione, l’innovazione, l’ascolto dello Spirito. Sette punti da cui partire per evitare di stare chiusi nel cenacolo per paura del mondo, o con l’illusione che il mondo cerchi qualcosa dalla parrocchia. No, oggi il mondo dimostra che sa vivere anche senza la parrocchia. Se oggi in parrocchia non si vive più un’esperienza significativa per la vita, e quindi per la fede, rischiamo di essere il sale che ha perso il sapore. E rimane la domanda evangelica: con che cosa lo si renderà salato?

36 risposte a “Le crisi della parrocchia”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    In cui il cristiano come cittadino di due mondi si sente chiamato; si, perché lui crede che esista anche quel mondo di vita per sempre che giustifica tutti quei sforzi fatti in questo terrà a terra. Abbiamo temi vicini come un comportamento attento al prossimo da applicare sin da bambini dove onesta e correttezza e gentilezza siano in uso sin dalla scuola primaria. La droga non deve essere un tabù, ma di cui parlare conoscere per difendersi da illusori paradisi;la pornografia giganteggia negli schermi, facendo di persone femminili oggetto di dileggio, divertimento,spogliando la donna di tutto quanto Dio l’ha resa unica non solo in bellezza estetica ma di quelle doti che Dio stesso l’ha fatta “regina dell’universo”. Tutto quindi si può e aggiungo dovrebbe trattare, per ma crescita umana,civile cristiana capace di responsabilmente agire in nuova libertà. Non può essere anche catechesi questa?uno Smart work da una lectio divina

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Oggi il Santo Padre celebra, prega Dio, con i partecipanti “poveri” ai quali è dedicata la giornata annuale. Dalla Parola al Fatto; ecco uno spunto per le Parrocchie, per una catechesi che può di tempo in tempo seguire il cammino della società. Ricordo certo collage che si faceva con figurine di storia sacra,ritagliate a commentare parabole, perché comunque anche i fatti di situazioni povere sono sempre esistiti. Oggi si è di fronte al problema visibilmente più allargato, la comunicazione anche digitale ha fecondato il campo di “persona, bambino, studente, anziano solo”. E’ questo un buco nero; avvicinare quindi insegnanti/allievi anche in parrocchia a discutere se è il Vangelo sbagliato o non dove corre il mondo che ci circonda compreso cosa fare nel piccolo di ognuno quotidiano a resistere e invece, come il Santo Padre sta attuando, facendo anche in opposizione. Si affrontino i tanti temi

  3. Giovanna latte ha detto:

    Trovo l,articolo molto bello e interessante purtroppo veritiero nella realtà delle parrocchie, credo che viviamo in mondo differenza sempre di più si tende a pensate a sé stessi ma è proprio stando insieme che la comunità cresce. Condivido n 2 sone sempre le stesse persone catechismo, canto, caritas, oratorio (DOVE C’È)così non funziona. Ma soprattutto non si capiscono i ragazzi sempre più soli e smarriti disinteressati a tutto non c’è entusiasmo 🙏🙏🙏

  4. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Per don Valentino che chiede chi privilegiare..
    Se guarda indietro..
    Ma se invece volesse costruire per il domani quando dei primi resterà niente…

  5. Angela Canestrari ha detto:

    Il nostro parroco ha linkato questo articolo sul gruppo catechisti, non conoscevo questo sito, ringrazio per gli spunti di riflessione, ma mi stupisco dello stupore di alcuni: che la parrocchia sia in crisi è sotto gli occhi di tutti quanti guardino “con sguardo sincero” (è un’istituzione nata in un altro cambio d’epoca, quello del XIIsecolo).
    Ma perché parlare di 7 crisi anziché di 7 punti o problemi?(poi proprio 7, sic!) La crisi è una, è quella del tempo attuale e non riguarda certo soltanto il mondo ecclesiale; l’artificio retorico utilizzato tende a falsificare il discorso. Anche il linguaggio è in crisi: spesso non capiamo neppure le parole che usiamo.

    • Sergio Di Benedetto ha detto:

      Gentile Angela, più che ‘artificio retorico’ è semplicemente quello che ho colto osservando e riflettendo. Come ho detto, non significa che tutte le parrocchie vivono le 7 crisi, ma difficile che nessuna parrocchia non vive almeno una o due di queste. Poi, certo, come scrivevo all’inizio, citando il Papa, siamo in un’epoca di cambiamento. Ma questo non ci esime dal provare a ragionare e tentare strade nuove.

  6. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    (Segue) a far brillare Verità. È’ questo Vangelo che come all’ora di Cristo si scontra con una volontà diversa quella della creatura che vuole essere come il Creatore. Eppure se tra la gente umile c’è chi per la fede che ha (come Maria) ha saputo trasformare la realtà di un essere nato con potenzialità intellettive limitate, ciononostante questi genitori in tempi non supportati da servizi vari, riescono a farlo diventare lavoratore sostenersi guadagnandosi il pane, non solo ma è tale la sua bontà di cuore che conquista quello di altri che danno seguito occupandosi a che non venga meno quella sua dignità di vivere da persona libera. Questo miracolo lo fa la Fede quella che Cristo ha tante volte citato, fede in Lui, lo Spirito datore dei doni,un Amore capace di dare vita più volte, amore che sacrifica se stesso..Questo sembra doversi trovare

  7. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    La Parrocchia parafrasando la Parabola di Maria, che va spontaneamente ad aiutare una persona di età che sta per partorire: la Parrocchia che deve trovare tutta quella forza necessaria a mettere al mondo nuova vita. Maria è giovane, dinamica, le arde il cuore di generosità e “corre” e fa ma malgrado questo il mondo sembra essere impietrito su se stesso. Esistono tutte quelle situazioni qui descritte, le si conoscono, basta con che ardore di azione la Chiesa di Giovanni Paolo ll ha lottato a cuore coraggio e Vangelo! A intuizioni di Papi anziani ma di cui Dio si è servito a spalancare finestre, alla intelligenza eroica, rispetto a quella ottusa, di certa politica diventata per i popoli un coacervo di idee azioni mirate a esclusivo servizio, povere in umanità. Abbiamo avuto un Papà tanto intelligente quanto alto in Umilta che è sceso per far salire in Cattedra Uni più adatto a una Chiesa bisognosa di porre mano energica a vangare la vigna in profondità

  8. diego gasparini ha detto:

    trovo molto bello l’articolo per le parole sincere senza veli, arrivano al cuore. Riconosco le fatiche descritte da Sergio, ci sono e sono come sabbia negli ingranaggi del nostro essere Cristiani. Provo tristezza nel leggere alcuni commenti perchè continuano a perdersi nella chiusura di un giudizio personale. Mi fa pensare, se il lettore di questo articolo che già è persona selezionata, non riceve una potente scossa da questa analisi schietta e diretta, allora il cemento che avvolge i nostri piedi è davvero molto. Concordo che la soluzione passi inevitabilmente per scelte difficili, dolorose e faticose, ma se devo scegliere tra l’abbracciare i mattoni della vecchia chiesa stando seduto al portone o faticare per stare al passo dei ragazzi che camminano “fuori dal recinto”, scelgo la fatica e la faccio con il sorriso.

  9. don Valentino Cagnin ha detto:

    Siamo contesi nella proverbiale tensione: botte piena e moglie ubriaca. Da un lato una fede di popolo che pur stanca e progressivamente impoverita continua ad esigere alla Comunità Cristiana e alle persone coinvolte uno sforzo di risposta alle domande della gente – spesso immature, ma sincere-; dall’altro la necessità di proporre il Vangelo negli incontri personali, nei piccoli gruppi che la vita porta ad creare liberi da schemi prefissati. Entrambi luoghi di autentica evangelizzazione che assorbono molte energie, specialmente in noi pastori. Vorrei tanto che i Vescovi ci aiutassero a discernere, a capire quante energie dedicare all’uno e all’altro ambito sapendo che, nell’immediato, nessuno dei due produce una rigenerazione della Comunità Cristiana, della parrocchia, secondo gli schemi trionfanti della fine del XX secolo in Italia mentre ho l’impressione che guardiamo a quei tempi ancora con troppa nostalgia.
    dV

    • Giuseppe Risi ha detto:

      Bravo!
      Condivido e solidarizzo con la fatica di tanti bravi preti (di cui in questo momento storico non invidio la vita che fanno!)
      GR

  10. Sara Piovesan ha detto:

    Ho trovato molto interessante, attenta e ahimè impietosa analisi della situazione attuale delle parrocchie. A mio avviso le sette tipologie sono intrecciate tra di loro l, difficilmente distinguibili l’una dall’altra. Però tutto parte dall’ultima, cioè dalla crisi di identità. Dovremo chiederci innanzitutto chi siamo e in cosa crediamo, e sono dopo aver fatto chiarezza in noi possiamo prendere in mano il cambiamento, tagliando tutto quello che non serve e al quale ci siamo abituati per tradizione per abitudine e per rigidità.

  11. Gabriele Capitanio ha detto:

    Articolo coraggioso, leggerlo è faticoso perché la situazione è proprio questa. Apprezzo in particolare l’accento sul bisogno di potare, di tagliare, con delicatezza ma con decisione: processioni, feste del patrono, novene sono da mantenere solo quando accrescono la fede e vengono vissute con reale entusiasmo anche da giovani, bambini e famiglie. Non possiamo bearci della presenza di mille persone alla sagra della salamella o al torneo di calcetto.

  12. sergio ciminago ha detto:

    Valorizzerei la PROGETTUALITA’. un Piano Pastorale invita la Comunità a PENSARE “a che punto siamo”, “dove vogliamo arrivare” e “come”; è un cammino di approfondimento, per una “nuova evangelizzazione”: il Kerygma di nuovo annunciato; non solo con parole, ma con RELAZIONI PERSONALI. In termini salesiani : nel CORTILE, luogo dell’INCONTRO dove si riesce a comunicare Gesù Cristo, Una modalità concreta è la BELLEZZA della FEDE nelle opere d’arte e nella musica. Esempi: presentato ad un gruppo di genitori l’Ultima cena di Leonardo, con una lettura corretta e consona alla prospettiva di fede che ne fa parte: attenzione dialogo e approfondimento Parrocchia salesiana di Sesto: un sacerdote propone con successo una lettura cristiana di opere d’arte. MUSICA: incontri con ragazzi delle superiori sulle canzoni di Vasco Rossi, che lucidamente esalta la Vita ma senza Dio, mettendovi a confronto la visione cristiana: grande partecipazione.

  13. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Noi ci lamentiamo tanto , ma in fondo non siamo messi cosi’male, finche le parrocchie rimarranno libere da ogni controllo politico-statale : Aleteia – pubblicato il 11/11/20

    Il 13 settembre, il regime cinese ha chiuso una chiesa cattolica a Shenzhou, nella provincia di Hebei, perché la comunità parrocchiale si è rifiutata di aderire all’Associazione Cattolica Patriottica Cinese (ACPC), un’entità che di cattolico ha solo il nome. In realtà, si tratta di una creazione del Governo comunista per controllare la Chiesa cattolica in Cina.
    Lo stesso accade spesso in altre parrocchie che rifiutano di aderire all’ACPC. A settembre, uno dei casi è avvenuto nella città di Yotong, sempre nella provincia di Hebei. In quell’occasione, un fedele locale ha dichiarato che entrare in quell’entità “equivale a essere totalmente controllati dal Partito Comunista e ad essere strappati da Dio”.

  14. Rachele Rossi ha detto:

    Siamo troppo chiusi nel nostro orticello….dovremmo imparare ad essere tutti MISSIONARI, allargare i nostri orizzonti…Forse la solitudine di questi tempi ci insegnera’ che oltre, al di là, della “nostra parrocchia” esiste un’altra realtà….speriamo!

  15. Giovanni Benacus ha detto:

    Non si può continuare a rattoppare un vestito tanto vecchio da esporre in un museo.. Una strada facile e terra terra si chiama responsabilità economica… Ognuno laico o prete dovrebbe rispondere di persona alle scelte economiche, (ipotecando casa) tanti pseudo manager non farebbero scelte economiche tragicomiche con il denaro degli altri, anzi toglierebbe subito il campo…

  16. Francesco Pezzano ha detto:

    E’ bello pensare e pensare insieme, avere dubbi, cercare soluzioni, relazionarsi. Ecco le relazioni sono importanti poi capita anche di sentirsi ed essere “esiliato” perchè sei pietra che ostacola. Tanto non mi fermo. La verità ci farà liberi. Nessuno escluso.

  17. GIUSEPPE IACI ha detto:

    Bell’articolo, sembra si parli dei sette peccati capitali. L’analisi dei sette punti è realistica. Tuttavia i vari problemi sono da accreditare alle sfere più alte. Sappiamo che spesso quando la testa non funziona anche il corpo non funziona. Mi riferisco ai vescovi che sono il perno (testa) di ogni diocesi. Il vescovo dovrebbe essere più presente e non fare solo il diplomatico. Il vescovo dovrebbe riunire spesso i vari parroci per coordinare un unico modo di conduzione delle parrocchie. Un vescovo dovrebbe ricevere almeno una volta alla settimana i suoi parrocchiani e scoprire personalmente le varie vocazioni e appoggiarle. Un vescovo dovrebbe valutare personalmente le vocazioni al sacerdozio e al diaconato e non fidarsi troppo di preti invidiosi o avidi di potere che cercano di mettere in cattiva luce i “Concorrenti”. Insomma le crisi esistono ma si aggravano di più perché non tutti i vescovi fanno i vescovi ma si limitano a fare gli impiegati.

  18. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Se ce ne fosse bisogno.. qs 3D dice come VN sia vivo e prolifico.
    Noto, anche x Simone sul “come”, che in tempi di rapidi e diffusi cambiamenti qualunque soluzione calata dall’alto sia destinata al fallimento.
    Ma ci rendiamo conto delle situazioni diversissime tra Parrocchie?
    Quindi dal basso e in piena libertà, giusto il richiamo allo Spirito.. giusta la domanda di Giancarlo: ‘Ma DIO c’è????’

  19. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Oggi, nel recinto si avverte il freddo, è dovuto al Covid o non anche che ognuno pensa a se stesso,?E’ fatto divieto al laico salire fino all’ambone a leggere la Parola di Dio, servizio che renderebbe più partecipata la Messa del celebrante, coinvolta comunità presente già così sparsa ! Un canto può diventare preghiera per chi non ha che la voce del cuore, accumuna gli animi in un unico sentire e quel lume che è rosso di colore davanti all’altare si accenderebbe di più vera luce. La Parrocchia viva ma facendo cose nuove a seconda del bisogno. Una madre che lavora preoccupata per il figlio che è solo a casa davanti a uno schermo ad ascoltare una insegnante on line. Imparare cosa? lezione per quale cultura se non una mano tesa, offerta d’aiuto,?Aiuto mirato, non solo fund racing!.La Chiesa vera ha fatto storia così, in ogni tempo, oggi c’è bisogno di lei ai soli,alla famiglia,culla di vita. es.Maria che va ad aiutare la cugina in difficoltà!?

  20. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Eppure, ancora il campanile conta,e rassicurante per un viandante,una persona entrare in quel sacro recinto,si sa che in quell’altare c’è Qualcuno presente che ti legge, sa chi sei e di che cosa hai bisogno. Ad avere fede ciò può anche bastare ma dipende perché se Cristo ha fondato la Chiesa e anche perché è necessaria la comunicazione,la fratellanza. Ciò che oggi si cerca è un po’ di calore umano a rendere la Parola viva questo deve trasparire, anche una messa se manca di questo non trasmette ai fedeli ciò di cui hanno bisogno, sentire Dio vicino, ricevere un imput di sostegno a quello zaino di peso che bisogna farsi carico portare. Si tratta di come porre mano a quella brace di un fuoco che si è spento, da parte del clero e laici insieme. Da esperienza provata dico che a fare questo vengono risultati inaspettati, ma occorre cuore, intelligenza interessamento impegno ad attizzare il fuoco sacro,non da petrolio, che è dell’altare

  21. Don mauro cianci ha detto:

    Direi che accettare il detto: ‘il pesce puzza dalla testa’ sarebbe più onesto. Gettare la responsabilità di una eventuale ( perché io non la concepisco tale) sui laici non mi pare corretto. È nemmeno di fare di tutta L erba un fascio. Sono anni che sento svalutare le parrocchie quando sono invece la rete capillare dei quartieri o dei paesi. Per mio conto ho fatto un esperienza splendida a s. Ippolito. E non ritrovato nessuna delle ‘sette piaghe’ sopracitate. Ne metterei una sola: la clericacalizzazione delle comunità e L accentramento nel parroco padre padrone !!!-

    • Giovanni Benacus ha detto:

      Grazie! Alleluia! & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & & &

  22. Mirella D'Agostino ha detto:

    Analisi coraggiosa di cui ringrazio l’estensore e chi l’ha fatta conoscere! Qualcuno si chiede come superare….risposta non facile se davvero si vuole invertire una tendenza. Io partirei da una grande assemblea, prima a livello diocesano e poi parrocchiale, di quanti più cristiani possibili, insieme a cittadini e uomini di buona volontà, per analizzare, guidati da esperti e uomini di cultura, la realtà che ci circonda sul nostro territorio e non solo. Dovrebbe essere un momento MOLTO stimolante per coraggio, sincerità, apertura. Da queste prime ricognizioni arrivare a proposte locali attraverso gruppi, raccordati tra le varie parrocchie, in modo da dare coerenza ad un progetto che sia di tutte le comunità di un territorio.

    • daniele de vecchi ha detto:

      Mi vien da dire Niente di nuovo sotto il sole, credo siano “mali” antichi; già una quarantina d’anni fa si parlava della crisi delle parrocchie adducendo varie e articolate analisi. Una prima risposta (alcuni non acuti pensavano fosse una causa della moria della parrocchia) fu la nascita ed “esplosione” di movimenti ecclesiali che concentravano l’attenzione e l’entusiasmo di migliaia di giovani. Altri tempi. Oggi è la Chiesa che fatica ad ingranare nel quotidiano.

  23. Aurelio Miriello ha detto:

    I laici ancora non hanno spazio nella chiesa, troppo spesso vengono delegati loro compiti esecutivi, non certamente coinvolti sempre nella definizione delle scelte pastorali. È il clero che ne defisce le linee. L’analisi è vera e dovrebbe inquietarci e inquietare la gerarchia ecclesiale territoriale il Vescovo in primus. Ma credo che al momento la loro preoccupazione maggiore è di celebrare messa. Non basta!

  24. GIANCARLO DE ROSSI ha detto:

    Ragazzi…
    non è possibile … non dobbiamo scrivere che le parrocchie sono in crisi, ma che noi parrocchiani e solo noi siamo in crisi …
    non crediamo più in noi stessi. Non crediamo più nel vero e immenso valore di essere cristiani, figli di Dio Padre Creatore di TUTTO. Non crediamo più nell’immenso strapotere dello Spirito Santo di qui ognuno di noi ne ha una quantità infinita e che può cambiare TUTTO. Abbiamo paura di metterci la faccia
    abbiamo paura di cambiare. Abbiamo paura di credere che c’è la possiamo fare. ABBIAMO IL TERRORE DI ESSERE CRISTIANI . Siamo solo capaci di dire : che belle parole che dice il papa Francesco …
    daiiii … è Pasqua da più di 2000 anni è l’ora di capirloooo

  25. claudio montanaro ha detto:

    L’articolo pone domande che ci chiamano in causa da vicino e che ci facciamo tutti da un po’ di tempo. Però credo abbia poco senso evidenziare i limiti delle realtà che viviamo senza proporre delle vie da percorrere, sembra solo volersi piangere addosso perché nel mondo non c’è più posto per noi. Credo altresì che questa riflessione manchi di una visione “cristiana”; la Chiesa è di Cristo, è guidata dallo Spirito. Se la parrocchia non saprà più rispondere ai bisogni del popolo di Dio o rivestire il ruolo di Chiesa vicino alle case, ci penserà la provvidenza a cambiare il nostro modo di fare pastorale. Io credo che se la Chiesa, sa essere credibile può conquistare i cuori; che dei sacerdoti e dei laici che hanno nel cuore Cristo sappiano essere un’attrattiva per gli uomini, perché viviamo in un mondo povero di speranza e chi vede in un’altra persona quella scintilla ne rimane attratto. E in questo Papa Francesco è un esempio meraviglioso. Il resto è sociologia

    • Sergio Di Benedetto ha detto:

      Gentile Claudio Montanaro, forse le è sfuggito che nel testo dichiaravo come questa sia la “pars destruens”; proverò più avanti ad allestire una “pars construens”, anche mettendomi in ascolto di quanto i vari commentatori evidenziano. Parlavo altresì nel testo di ‘ascolto dello Spirito’… ma temo che a volte ci nascondiamo dietro un ‘finto’ ascolto dello Spirito per procedere con inerzia. Lo Spirito soffia, ma dobbiamo anche essere docili e coraggiosi…

  26. Giuseppe Risi ha detto:

    Molto interessante.
    Una analisi spietata ma veritiera, per quel che mi è dato conoscere.
    Attendo le proposte per la rinascita.
    Grazie
    GR

  27. Davide Corallini ha detto:

    Articolo interessantissimo e molto realistico nelle sette crisi che racconta.
    Non mi trovo solo sulla 6, poiché gli scandali sono marginali nelle parrocchie…investono per lo più i piani più alti.
    Una domanda: ho letto il documento recente sulla parrocchia citato nell’articolo e anch’io ne sono un po’ perplesso…dove si ritrovano i nodi critici che nell’articolo vengono appena accennati?
    Grazie!

    • Sergio Di Benedetto ha detto:

      Gentile Davide, personalmente quel documento – che ha comunque una visione ‘mondiale’- mi pare contraddittorio e non consapevole (volutamente o no, non saprei) di ciò che la reltà ci pone e ci chiede…

  28. Dario Busolini ha detto:

    Ringrazio l’autore per questa analisi veramente esemplare ed esaustiva. Sinceramente non saprei davvero come uscirne, perché i problemi posti sono di tale profondità da richiedere strategie e azioni prolungate nel tempo, non interventi cosmetici di breve periodo. Secondo me non regge più “la” parrocchia, intesa come modello di presenza della Chiesa sul territorio che possa andar bene ovunque e comunque, e pertanto dovremo inventarci “le” parrocchie, ovvero diversi tipi di presenza e di strutture da modulare in base alle necessità e alle risorse dei luoghi, alla disponibilità delle persone, alle distanze e e agli strumenti di comunicazione disponibili.

  29. Paola Buscicchio ha detto:

    Trovo interessante che si sia parlato di tante problematiche ma si sia tralasciato l’autore primo del cambiamento.
    Se vogliamo entrare in una dimensione nuova del fare chiesa allora dobbiamo permettere alla fantasia dello Spirito Santo di agire in noi.
    Spesso si pensa di partire per un viaggio senza aver prima diretto le vele al soffio del vento e quindi si resta inevitabilmente nell’immobilismo.
    Il vento poi non sai da dove proviene ne dove va così è di chiunque è nato dallo Spirito.
    Ciò che si attende è dunque una nascita..

    • Giuseppe Risi ha detto:

      Cioè?
      Quando non ci si vuol assumere la responsabilità delle scelte per scuotersi dall’inerzia e dalla rassegnazione all’impotenza si invoca lo Spirito, dicendo che tocca a Lui ogni iniziativa e chi si desse da fare (con pensieri e opere) dovrebbe essere classificato tra i superbi o tra la gente di poca fede.
      Mi pare un atteggiamento autoassolutorio e pure ingiusto nei confronti dello Spirito!

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