La Vita, prima di tutto!

Nei dieci nuclei della sintesi nazionale dell'ascolto diocesano brilla la centralità della Vita rispetto ad ogni altra questione ecclesiale...
30 Settembre 2022

«Concreta situazione di vita», «vita ordinaria», «esistenza», «concretezza della vita», «traiettorie di vita». Come avevamo anticipato sul finale del primo articolo dedicato alla sintesi italiana dell’ascolto diocesano, quello che sembra emergere dalla vox populi Dei articolata nei dieci nuclei della sintesi è la centralità – forse la priorità – della Vita rispetto alle strutture, alle pastorali e, in un certo senso, anche rispetto alla stessa evangelizzazione.

Se così non fosse, non vedremmo dichiarato, in premessa ai dieci nuclei, «l’intento di passare dall’usuale strutturazione per settori d’azione o secondo le missioni degli Uffici pastorali (ai diversi livelli) a una visione che tenta di abbracciare sempre l’insieme dell’esistenza delle persone e di cogliere le interconnessioni della vita»; non leggeremmo affermazioni come quella secondo cui «le persone vengono prima delle cose da fare e dei ruoli» (spesso utilizzati «come recinti in cui chiudersi») o «l’ascolto della Parola e l’ascolto della vita sono il medesimo ascolto»; non si constaterebbe in modo amaro ma realistico il fatto che «per molti, il vangelo non serve a vivere».

Se pensiamo poi che nelle riflessioni umanistiche il rimettere al centro la Vita porta spesso con sé la rivalutazione della sfera affettiva (termine più volte usato nella sintesi), non è neanche un caso che nel decimo nucleo della sintesi si indichi come frutto positivo del metodo della conversazione spirituale, praticato nella fase diocesana dell’ascolto, l’aver aiutato la Chiesa a «entrare in contatto con il piano delle emozioni e dei sentimenti», in quanto «più profondo di quello della logica e dell’argomentazione razionale, e per questo meno frequentato, ma di grande importanza in termini antropologici e di fede», dato che «è su questo piano che la persona decide di mettersi veramente in gioco e di affidarsi».

Lo stesso Papa Francesco, in tema di discernimento, ha ricordato che «la vita non è sempre logica, presenta molti aspetti che non si lasciano racchiudere in una sola categoria di pensiero. Vorremmo sapere con precisione cosa andrebbe fatto, eppure, anche quando capita, non per questo agiamo sempre di conseguenza. Quante volte abbiamo fatto anche noi l’esperienza descritta dall’apostolo Paolo, che dice così: «Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio» (Rm 7,19). Non siamo solo ragione, non siamo macchine, non basta ricevere delle istruzioni per eseguirle: gli ostacoli, come gli aiuti, a decidersi per il Signore sono soprattutto affettivi, del cuore» (Udienza generale, 28 settembre).

Di questa centralità e priorità della Vita – e dei suoi affetti – avevamo già evocato nel primo articolo il possibile esito dirompente anche in termini di dottrina. Di certo essa è ora il punto di leva per dare dignità e riconoscimento ecclesiale a due realtà (tra loro legate) che nella Chiesa non trovano ancora vera armonia se non piena cittadinanza: il «pluralismo» ecclesiale («con tutta la varietà di accenti e sensibilità», di «articolazioni e specificità») e la «complessità» dei territori (e di tutta la loro storia).

Sì, perché la «grande riscoperta» che il cammino sinodale ha permesso di cominciare a fare è stata quella di riconoscere «il debito di ascolto» e di «cura delle relazioni», oltre che la «carenza» di «accoglienza/inclusione», rispetto alla vita complessa di una pluralità di soggetti, o meglio di persone che spesso – nonostante (o forse proprio a causa) delle loro «ferite» – hanno incarnato e incarnano, agli occhi di parti della Chiesa, delle «differenze» che – in senso evangelico – creano scandalo, sono occasione di inciampo: i giovani, le vittime degli abusi del potere (sui corpi e sulle anime) e delle svariate forme di ingiustizia, i poveri (a partire da quelli “nuovi”), gli anziani soli, le coppie separate o divorziate, i carcerati, le donne, le persone Lgbt+, i migranti (interni e internazionali), le persone disabili, quelle sole, gli emarginati, i credenti nelle altre religioni, gli atei, gli agnostici e tutti coloro che non si riconoscono nella Chiesa ma che magari sono «in ricerca».

Chiunque poi abbia avuto contatti prolungati o intessuto relazioni con queste persone non resterà sorpreso dall’altra grande ammissione presente nei dieci nuclei della sintesi, ossia la necessità di lavorare sulla «comunicazione» con tali persone. Qui lo scopo sarebbe quello di rielaborare un linguaggio che,  nell’«incontro» e nel «confronto» con la vita complessa di questa pluralità di persone, instauri un «dialogo» meno «discriminatorio», «più aperto» e capace di «non lasciare indietro nessuno» a causa del «proprio ritmo», pur restando «chiaro, coraggioso, competente»: in definitiva, un linguaggio «attento a scegliere termini che esprimano rispetto e non siano giudicanti», ma «senza concessioni alla superficialità». Facendo sempre attenzione che tale richiesta di non essere afoni o superficiali, ma di parlare con coraggio e chiarezza, non si trasformi nel ritorno ad una passata «rigidità» oggi poco «comprensibile» e poco «attraente».

A tal proposito, deve essere chiaro che, come abbiamo sottolineato più volte, non potrà trattarsi di un mero rivestimento linguistico – di «un’operazione di maquillage» (magari d’ingentilimento), bensì l’individuazione e la scelta di parole e modi di porsi dovrà toccare la sostanza delle questioni per potersi poi esprimere con linguaggi adeguati a quelle vite differenti.  Ma dai dieci nuclei della sintesi emerge anche quanto sia difficile, pure solo a livello di desiderio condiviso, tale «rinnovamento» e «ripensamento» sostanziale. Di questo, però, parleremo nella seconda parte del contributo dedicato ai dieci nuclei della sintesi nazionale.

 

2 risposte a “La Vita, prima di tutto!”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Centralità e priorità della “Vita” e dei suoi “affetti”.= ” il comandamento,” amerai il prossimo tuo come te stesso” vita = da amare. ” ..e chi e il mio prossimo? Oggi, potrebbe essere un figlio indesiderato, un non ancora nato. Uno da amare.Ad avvalorare questo c’è il Padre che dice:” Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?Anche secostorosi dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Questo all’indirizzo di Sion,ma il paragone con una madre parla a noi oggi, . La madre che non si commuove a dare alla luce il figlio, e sceglie la RU 486, ma da persone civili, come pretendere assistenza a togliere la vita quando non ci sono abbastanza i medici a rispondere agli SOS di aiuto?

  2. Pietro Buttiglione ha detto:

    🤦🏻 a proposito di Vita:
    morte di Masha Amini, la ragazza curdo-iraniana di 22 anni deceduta dopo l’arresto da parte della ‘polizia della morale’ sta suscitando proteste in varie parti dell’Iran.
    I disordini probabilmente hanno sorpreso persino le occhiute autorità di repressione del paese..
    Amini – il cui nome di battesimo in curdo è Jhina – è morta in ospedale il 16 settembre, tre giorni dopo essere stata fermata dallo speciale reparto di polizia che vigila sul rispetto sui costumi privati dei cittadini.
    Secondo varie fonti, Amini è stata picchiata duramente. Perché? Perché indossava il hijab, il copricapo di stoffa islamico, in modo giudicato “inappropriato”.
    __——–___
    No comment felle ‘femministe..
    A quando la ns mobilitazione??

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