La rabbia di Francesco

Ciò che mi ha colpito è stata la sorpresa di alcuni commentatori, rimasti quasi interdetti e scandalizzati che un papa possa avere una reazione rabbiosa.
3 Gennaio 2020

In questi giorni sono apparsi commenti al video che mostra la reazione stizzita di Francesco strattonato da una donna in uno dei suoi bagni di folla. Di come lui abbia schiaffeggiato la mano della signora per liberarsi della sua presa. Lo stesso era avvenuto tempo fa con un ragazzo che l’aveva afferrato per entrambe le mani, quasi a farlo cadere sulla transenna. E anche in quel caso Francesco aveva mostrato una reazione forte di rabbia. Ciò che mi ha colpito è stata la  sorpresa di alcuni commentatori, rimasti quasi interdetti e scandalizzati che un papa possa avere una reazione rabbiosa.

Il centro dello scandalo sembra essere nella contraddizione di un papa che proclama la misericordia e la tenerezza come modo di vivere di Dio, e poi reagisce in questo modo, ipotizzando che misericordia e rabbia non possano coabitare in modo coerente nella medesima persona, soprattutto se è un testimone qualificato del Dio di Gesù Cristo. Ovviamente non manca chi fa discendere da ciò, una visione di Francesco che proclama la misericordia come valore di facciata, ma in realtà sarebbe, nel profondo, un uomo violento. Nei casi migliori, invece, si legge questa reazione del papa come un sintomo di poca santità, nell’ipotesi che la santità preveda necessariamente l’amputazione di una quota delle emozioni umane. In entrambi i casi siamo in presenza di una teologia implicita abbastanza evidente: Dio e uomo sono in profondità incompatibili e se l’uomo vuole assomigliare a Dio deve “rinunciare” ad una quota di emozioni umane. O, al contrario, ma è la stessa cosa, Dio non può essere solo misericordia e basta, ma come ogni uomo contiene in sé reazioni emotive di amore e altre di odio. O si riduce l’uomo o si riduce Dio.

A pensarci bene questa divaricazione uomo Dio è anche frutto di una certa spiritualità cattolica coltivata da lungo tempo. In essa, per essere graditi a Dio, i lati emotivi connessi all’odio andavano “bloccati” o “tenuti a freno”. Ma così facendo non ci si accorgeva che assieme a tali lati si finiva spesso per “bloccare” anche le emozioni connesse all’amore. Personalmente mi ha sempre colpito, in negativo, la apparente assenza di espressioni emotive in moltissime persone “di Chiesa” soprattutto nel clero e nei vescovi. Ultimamente, invece, almeno in una quota di queste persone, ritrovo una umanità più intera, completa. Guarda caso però, queste persone sembrano essere capaci di una testimonianza di fede più “percepibile”, più umanamente ascoltabile.

L’ipotesi che faccio per comprendere questo dato è che si tratti di persone che hanno saputo accettare maggiormente l’incarnazione di Dio, cioè accettare che nulla dell’umano sia incompatibile con Dio. La chiave spirituale profonda, in queste persone è nella capacità di offrirsi a Dio così come si è, senza negare nulla di sé, sapendo che Dio sa utilizzare per il bene tutto ciò che noi siamo. La rabbia, ad esempio, è un regalo che la natura ci ha fatto affinché possiamo difendere il nostro io da chi vuole, in qualche modo, farci violenza. Diventa un problema quando non viene usata come difesa di sé adeguata, ma quando diviene strumento di offesa e violenza all’altro, perché stravolge la sua stessa natura di emozione difensiva. Quindi, pure questa energia può essere assunta da Dio e vissuta in funzione del vangelo. Basterebbe frequentare un po’ il nuovo testamento per ritrovare in essi un Gesù, e anche i suoi discepoli, capaci di vivere tutte le emozioni umane, rabbia compresa.

Credo davvero che Francesco sia un uomo che non ha rifiutato nulla del suo essere uomo. E questo è abbastanza scandaloso sia per chi era abituato a pensare che per fare la volontà di Dio bisognava perdere un po’ di umanità, sia per chi, invece, era solito immaginare Dio con tutte le debolezze umane.

E il punto sta proprio qui. Alcune emozioni sono inevitabilmente delle debolezze, sia per gli uni che per gli altri. Con un atteggiamento moralista in entrambi i casi, pur se di segno opposto, che ancora una volta rischia di ridurre il cristianesimo ad etica. Ho la sensazione che sia questo uno dei motivi per cui entrambe le parti faticano a comprendere Francesco appieno. E siano costretti a forzarlo dentro le proprie piccole categorie per darsene una spiegazione. Ancora un atteggiamento riduzionista.

Se, invece provo a prenderlo in tutte le sue manifestazioni, sempre più Francesco si rivela invece un uomo che ha integrato molto del suo essere uomo con l’azione dello Spirito in lui. E nella sua spontaneità ci viene a rivelare due cose importanti. La prima è che nulla dell’umano è incapace di testimoniare Dio. La seconda è che, nelle sue reazioni, l’uomo può essere adeguato alla realtà o non adeguato, ma che ciò non è di per sé “peccato”.

Il peccato non ha a che fare con una reazione emotiva adeguata o meno, ma all’intenzione con cui questa reazione può legarsi. La rabbia di Giuda contro sé stesso, dopo aver compreso il senso del tradimento di Cristo diventa peccato perchè sostanzia la sua intenzione di uccidersi. La rabbia di Cristo che scaccia i mercanti dal tempio non è peccato perché sostanzia la sua intenzione di difendere la sua persona in quanto tempio di Dio.

Il buonismo non fa parte del cristianesimo perchè prevede che l’uomo controlli le proprie emozioni considerate negative e faccia azioni da considerarai positive anche senza essere spinto ad esse dalle emozioni stesse, ma dalla sua razionalità. La bontà invece coinvolge fino in fondo le emozioni umane. Vivere in questo modo e compiere azioni buone è frutto dello Spirito, l’uomo da solo non può riuscirci. Per questo il cristianesimo non è un etica, ma una relazione di fede e amore tra l’uomo e Dio.

 

2 risposte a “La rabbia di Francesco”

  1. gilberto borghi ha detto:

    Buon pomeriggio signora Enrica. Cosa succede? Quello che lei ha già colto: è finito un tempo e se apre un altro, rispetto al quale siamo spaesati e senza troppi riferimenti. La Chiesa fatica a renderse conto, ma in realtà ci sono anche esperienze già presenti, in cui ci si prova con effetti interessanti. Purtroppo, mi sembra che anche fuori dalla Chiesa questo spaesamento sia palpabile pure in altre prospettive culturali e religiose. Ma io continuo a credere che lo Spirito Santo lavora e che dovremmo solo provare ad ascoltarlo di più. Carlotta e la sua generazione forse sono, paradossalmente, più attarezzati in modo spontaneo a stere in questo cambiamento radicale. Ce la faranno.

  2. Enrica Bucci ha detto:

    Sono cattolica ma non pratico, ho perso fiducia negli uomini non in Dio. Parlo con Lui e so che mi risponde. Lo ringrazio spesso per la vita che mi ha concesso. Ma quando ascolto il mio parroco mi viene voglia di luteranesimo e spesso mi capita. Per non parlare del suo aiutante un fervente pubblicitario del contrario di Dio. Ho passato la gioventù in parrocchia gli anni più belli. Adesso vedo le mie figlie fuggire, vedo una chiesa chiusa e giudicante, vedo giovani che non sanno dove andare prof. Ma cosa succede.? Siamo tornati indietro di 50 anni. Papa Francesco attaccato di essere l’anticristo e così via quando è uomo reale e realmente parla. Perchè la Chiesa non capisce che è finito un tempo ed ora devono trovare idee nuove per sopravvivere e velocemente? Grazie per la cortese risposta. ENRICA( mamma di Carlotta 1bc) seguo la sua rubrica e la trovo sempre interessante

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