La fede non è un “messificio”

Avevamo bisogno di stoppare le nostre troppe messe semi-deserte per riprendere la parola in mano e far diventare le nostre case luogo di culto spirituale.
2 Maggio 2020

Avevamo bisogno di digiunare, credetemi.

Avevamo bisogno di stoppare le nostre troppe messe semi-deserte per riprendere la parola in mano e, come Paolo fa scrivendo ai Corinti, ridirci ciò che abbiamo ricevuto. Come una coppia un po’ stanca che non sa più stupirsi e sta insieme più per abitudine che per nostalgia, ho paura che la nostra fede si sia appiattita proprio davanti a tanta grandezza. Diciamocelo con franchezza: il presunto momento cardine della nostra settimana, l’eucarestia, era troppe volte ridotto a cerimonia, a rito che ci metteva a posto la coscienza (ma rispetto a chi? A Dio? Pensate davvero che Dio abbia bisogno della nostra lode?) è spesse volte messo all’ultimo posto dopo il sacrosanto diritto al riposo, quasi come un cartellino da “buon cristiano” da timbrare per essere presentato a Dio nel giorno della resa dei conti.

Le nostre messe, spesso noiose, non mancavano solo di fantasia, ma di fede. Le nostre assemblee, se avessero avuto il coraggio di uscire dalla logica del dovere si sarebbero trasformate dall’incontro con Cristo. Le nostre eucarestie, invece di finire in 50 sbrigativi minuti, dovrebbero finire con l’uscire dalle nostre chiese per entrare nelle nostre case e diventare noi, come lui, pane spezzato per un mondo che muore d’inedia. Una volta madre Teresa di Calcutta disse: “Le nostre città muoiono di fame, le vostre città muoiono di fame d’amore”. Questo tempo sospeso ci aiuterà forse a riscoprire il valore della sorgente che possediamo sotto casa. Abbiamo bisogno di dissetarci alla parola e al pane. Il Signore ci conceda, almeno un poco, di abbandonare le nostre comode poltrone per metterci in gioco. Come gli apostoli, che accettarono la sfida di condividere quel po’ che avevano, alcuni pani e alcuni pesci, per mettere in gioco la loro stessa vita.

Ci si è chiesto: si può celebrare Pasqua senza andare in chiesa? Certo! L’abbiamo celebrata nelle case, come la prima Pasqua! Quando il popolo di Israele era in esilio, senza tempio e senza sacerdoti, ha iscritto la celebrazione della Pasqua nella ritualità familiare. Anche noi abbiamo l’occasione di imparare a celebrare nelle case ponendo al centro la parola di Dio, che noi cattolici abbiamo da troppo secoli messa in un cantuccio “messificando” la nostra fede. In fondo la Scrittura è sorta proprio per permettere al popolo di non perdersi nella dispersione. La memoria della Pasqua è al cuore delle Scritture, è il momento culmine della vita di Gesù: la celebra perché i suoi discepoli non si perdano nella prova, e questo è drammaticamente vero per noi oggi. Amici, abbiamo celebrato la Pasqua “restando a casa”! Che bello! La casa può diventare nuovamente il luogo del culto spirituale. Le relazioni più intime, se vere, se vissute in Cristo, sono «tempio dello Spirito»!

Noi crediamo che Dio sta operando nelle pieghe della storia, che sta rinnovando l’umanità, a partire dalla Chiesa. In questo tempo (lungo, faticoso, a volte sfiancante) abbiamo una luce che ci illumina: la parola che non passa, le parole del Signore che ci aiutano a leggere gli eventi, a interpretare la storia. Meditiamola continuamente questa parola, facciamola diventare punto di riferimento, faro luminosissimo nella nostra tenebra. Perché non assumerci l’impegno in questo nuovo inizio, di ripartire da Dio, di mettere l’ascolto della parola e la meditazione al centro dei nostri piani pastorali? Solo così ci accorgeremo che Dio ci sorride.

4 risposte a “La fede non è un “messificio””

  1. michela campagnolo ha detto:

    e per finire il mio pensiero…. vogliamo tornare a celebrare in Comunità, magari senza ricevere l’Eucarestia per un periodo….. Un caro abbraccio nel Signore!

  2. michela campagnolo ha detto:

    il giudizio secondo me, non può mai esserci…. come si può dire a priori che le “nostre messe mancano spesso di fantasia (oltretutto nel rito liturgico non c’è posto per la fantasia)” oppure “le nostre troppe messe semi-deserte”!!! Ognuno crede e vive nella propria parrocchia e nella propria comunità, segno della comunità più grande che è la Chiesa intera…. e se nella propria comunità la Messa era il punto centrale, che cosa ne sa lei caro Paolo? Come può dirci di non sentire il bisogno “viscerale” di tornare a celebrare con la comunità? Io credo che quando non ci sono soluzioni, il silenzio sia la cosa più giusta senza voler trovare a tutti i costi quale che sia il disegno di Dio…. dobbiamo sì imparare a leggere i “segni dei tempi” ma non possiamo aver la presunzione di spiegare tutto….. “…. i vostri pensieri, non sono i Miei Pensieri…. le vostre vie… non sono le Mie Vie”

  3. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Leggo:
    Il protocollo delle messe anti Covid è stato messo a punto successivamente e prevede sanificazioni, numeri chiusi, mascherine, controlli, uso del termoscanner (anche se già ci sono parroci che hanno informato i vescovi che non li useranno)…

    Quanti disobbedienti prevedo!

    Come ne ho visti tanti in giro poco fa qui in Toscana! Forse dalla intraprendenza di certi preti ci potrà salvare solo la sana prudenza dei fedeli. Non tutti.

  4. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    In qs mom in cui si critica tutto e il contrario di tutto sfido chiunque ad obiettare qualcosa😃😃🥰

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