La fase continentale del cammino sinodale: le inerzie italiane

Le Chiese italiane avranno compreso cosa viene chiesto alle Chiese locali in questo avvio della fase continentale del cammino sinodale?
2 Dicembre 2022

In un precedente post avevo cominciato ad analizzare in modo più approfondito il Documento di lavoro per la tappa continentale (DTC) del cammino sinodale.

Un paio di punti vorrei porre sotto la luce dei riflettori, dato che mi sembra vi sia una certa inerzia da parte della CEI, a livello sia di trasparenza che di organizzazione.

Per quanto riguarda l’aspetto della trasparenza, non si può non far notare, innanzitutto, che nel sito italiano dedicato al cammino sinodale non è ancora previsto alcun accesso diretto alle sintesi diocesane locali: se quest’ultime sono – come sono – un «prezioso frutto» del primo anno di ascolto diocesano, come possono essere il mezzo mediante cui le Chiese locali entrano in quel «dinamismo di confronto circolare con le altre Chiese in Italia» [vedi Vademecum, p.3, lett. c)], dal momento che non sono facilmente reperibili e leggibili? La stessa sintesi nazionale non è posta in evidenza in home page, ma è necessario “scovarla”, indovinando di dover andare a ritroso nella pagina dedicata alle notizie.

In secondo luogo, in merito alla trasparenza, ci si chiede come verrà composta la rappresentanza della Chiesa italiana che parteciperà all’assemblea continentale europea prevista per i primi mesi del 2023. Sarà formata dal gruppo di coordinamento nazionale, le cui ultime notizie ufficiali risalgono però a gennaio del 2022? Oppure sarà costituita dal Comitato Nazionale, di cui, ad oggi, conosciamo soli alcuni nomi di vescovi membri della Presidenza (Castellucci, Giuliodori, Mura, Raspanti) e il Segretario (Bulgarelli)? Ma, soprattutto, si è consapevoli del fatto che il § 108 del DTC richiede una composizione di tale rappresentanza che ricomprenda vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, laici e laiche, giovani, poveri, emarginati, delegati di altre confessioni cristiane o religioni, atei e agnostici?

Per quanto riguarda l’aspetto organizzativo, mi chiedo poi se sia chiaro il fatto che i vescovi diocesani, coadiuvati dall’équipe sinodale diocesana, devono restituire alle proprie diocesi il DTC stesso (§105), per operare su di esso – alla luce delle domande esposte nel §106 – un ulteriore discernimento (§109, n.1), i cui frutti verranno raccolti e sintetizzati dalla CEI, per essere da essa condivisi all’assemblea continentale europea (§109, n.2 e 3). Solo con tale «restituzione» (card. Grech), infatti, potrà realizzarsi una sorta di conversazione spirituale (inter)continentale tra Chiese locali che renderà concreta quella «circolarità» (card. Grech) tra locale e universale la quale dovrebbe garantire il maggior consenso possibile intorno a quanto emergerà, attraverso la voce del popolo di Dio, come voce dello Spirito.

Dato il poco tempo a disposizione, tale restituzione è stata messa all’ordine del giorno dei cammini sinodali diocesani? Se si dovesse ritenere di non riuscire ad attivare, oltre all’équipe sinodale, tutta la diocesi o tutte le parrocchie, non si potrebbero (ri)attivare almeno gli organismi di partecipazione a disposizione? Ne va di quel poco o tanto di democrazia ecclesiale che questo cammino sinodale vorrebbe proteggere e rilanciare…

 

4 risposte a “La fase continentale del cammino sinodale: le inerzie italiane”

  1. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Di democrazia nella Chiesa non c’è ne e’ neppure l’ ombra. E tanto meno o in questo Sinodo sulla sinodalita’. A me semplice parrocchiano nessuno ha mai ne’ chiesto nulla ne’ detto nulla. Come ad innumerevoli altri oarrocchiani. Mai consultati, E allora chi parla per chi ? Un gruppetto che ha preso il comando? Quando si dice ” i fedeli chiedono questo”, quali fedeli ,chi , in che percentuale ? Mistero. I fedeli chiedono a grande maggioranza le donne prete. Chi le chiede? Quanti sono ? Chi sono ? Mistero.
    Non parliamo per favore di democrazia e di trasparenza. E’ una barzelletta.

  2. Pietro Buttiglione ha detto:

    I Vescovi.
    E le pecore?
    Ieri sera su zoom un incontro diocesano su Gesù tenuto … guarda caso.. da un Clerico ( bravo) che chiudeva chiedendo ai 90 partecipanti, xlo+ catechiste, come avrebbero risposto alla domanda di un non credente : xchè tu credi?
    La risposta prevalente focalizzava esperienze traumatiche o cmq disgrazie o cmq sofferenze.
    Mi mettevo nei panni del solito ateo e rispondevo:
    Quindi x credere devo augurarmi cose del genere?
    ——-
    Poco fa su Raitre con Mieli e Cardini si evidenziava il DELTA dei Trmplari da un modus/pattern x cui il Cristiano è quello che prega senza sosta x i peccati degli ALTRI, a quello che fa la guerra, ammazza TUTTI i miscredenti.
    Dove siamo noi oggi??

  3. Salvo Coco ha detto:

    Appare sempre più evidente che i vescovi italiani non hanno accolto convintamente il dinamismo rinnovatore sollecitato da Francesco. Subiscono il sinodo e dimostrano di essere uno degli episcopati più retrivi e conservatori. La lotta al clericalismo in Italia è più difficile che altrove.

    • Luigi Colusso ha detto:

      Purtroppo devo essere d’accordo. invoco lo spirito santo perché sia stimolo per me e per tutti per cambiare. dopo un tempo infinito di relazioni “verticali” tra presbiteri e laici, la novità è dura da recepire. Io non so come fare per attivarmi, dopo alcuni – timidi e rispettosi – tentativi di sollecitare i presbiteri che conosco…

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