La differenza di Dio di fronte al male

La differenza di Dio di fronte al male
12 Luglio 2018

In tutte le scuole che si rispettino c’è sempre una sezione migliore e una peggiore. Una in cui, se hai la fortuna di capitarci, hai più stimoli, meno confusione in classe, più sostegno degli insegnanti. E un’altra invece in cui la sorte sembra accanirsi contro ogni desiderio di studio degli studenti. Anche se è troppo presto per dirlo, quest’anno sembra che le cose siano rovesciate. La prima della sezione tradizionalmente peggiore è migliore dell’altra. (Facciamo tutti gli scongiuri e tocchiamo tutto quello che va toccato…!)

Oltre che dai miei colleghi in consiglio di classe, la conferma mi è arrivata sul “campo”. Mentre si lavora sull’aldilà le domande arrivano a cascata. E si concentrano soprattutto sul senso dell’inferno. “Ma prof. mica è giusto però che Dio mantenga in vita i cattivi; sarebbe meglio se i buoni vivono felici e i cattivi non vivono proprio per niente”. Alessia si è dichiarata atea, a favore dell’idea che di là non c’è nulla. E ora trova tutte le apparenti contraddizioni per dirsi che la prospettiva cristiana non è coerente. “Bhè, delle volte io penso – ribatte Loris – che invece sia giusto così, che Dio punisca i cattivi. Qua hanno fatto quello che gli pareva, fregandosene del male che facevano alle persone e di là è giusto che paghino!”

“Ma ti sembra che se Dio è buono possa punire i cattivi? – dichiara Giulia, che già alla seconda lezione sembra decisa ad affermare la sua fede”. “Ecco appunto, prof. – riprende Alessia – se Dio fosse buono come dice la Chiesa perchè dovrebbe punire i cattivi?”. “Ma non credo che Dio li punisca, – provo a dire io – è una scelta che fanno loro di mettersi contro Dio. Essere cattivi è questo in fondo, mettersi contro Dio. Credo che Dio ami anche i cattivi, ma sono loro che non vogliono farsi amare da Dio?”. “Bhè allora – prosegue Alessia – se Dio è buono non è giusto, perchè se uno ha rubato e ucciso mica sarebbe giusto che continui a vivere. Dovrebbe semplicemente scomparire! E invece Dio li mantiene in vita. Come mai?”

“E’ una bella domanda quella che ci fa Alessia – dico alla classe – come mai Dio mantiene in vita i cattivi anche nell’aldilà? Qualcuno ha delle idee?”. Si guardano tra lo spaesato e il sorpreso, come a dire che il prof. è un po’ “fuori” a fare a noi questa domanda, dovrebbe cercare di rispondere lui, se ce la fa… E mentre sono li per cedere alla loro aspettativa si alza una mano dalla fila dei banchi sotto le finestre. “Io un’idea ce l’ho!” Lorenzo per ora mi sembra un ragazzino tranquillo e quadrato, un po’ timido. Nella presentazione di sé ha detto che va in parrocchia e gli piace. Ma nulla più. “Prof. per me Dio non distrugge i cattivi perchè lui non si pente mai di quello che fa, perchè non sbaglia mai. I cattivi lui li ha fatti per essere normali, cioè prof. buoni… insomma si, ha capito… però sono diventati cattivi loro, Lui non c’entra. Lui continua a volergli bene e per questo loro continuano a vivere”. Mi sono fermato stupito, ho atteso un secondo, poi sono andato da lui gli ho stretto la mano facendo un inchino chiaramente ironico: “Complimenti Lorenzo, non so se lo sai, ma questa è risposta splendida!!”. E d’improvviso la classe si è ritrovata ad applaudirlo! Lui, rosso e sudato si è nascosto sotto i capelli un po’ lunghi, ma ha assorbito il complimento…

E mentre ritorno a casa, alla fine della mattina, questo brandello si mischia ad una pagina letta il giorno prima, di un bel libretto suggeritomi da M. T. Pontara Pederiva: “La vera amabilità del Cristianesimo. Charme e stile di una fede postmoderna (G. L. De Candia, Ed. Rubettino)”, una bella rilettura attuale di Francesco di Sales. Rielaborando Pascal, De Candia si chiede: “Come reggere alle opposizioni e alle contraddittorietà della vita?”. E risponde: “Francesco di Sales vuole collocarsi nello spazio tra i poli opposti. Sa perfettamente che ogni uomo, anche nella sua piena luce, nasconde un lato oscuro: in ogni cataro c’è un edonista, in ogni pio c’è un empio, in ogni inflessibile c’è un licenzioso, in ogni sputa sentenze c’è un dubbioso, in ogni amante c’è un violento… per resistere è necessaria perciò dolcezza verso sé stessi, gli altri e il mondo che ci disprezza”.

E allora la felice risposta di Lorenzo, anche se magari non compiutamente consapevole, ci ricorda che l’immagine di Dio che ci portiamo dentro si vede proprio nello stile, nel modo che abbiamo di rapportarci col male, nostro e degli altri. Il male nel cristianesimo si vince” assumendolo”, non allontanandolo da sé! Si vince “amandolo”, non odiandolo, come fa appunto Dio. E mi sembra che oggi la questione del male, del come starci davanti, del come provare ad “amarlo”, sia una delle questioni decisive per la fede. Chi pensa di dividere perfettamente bene e male, verità e menzogna, rischia davvero di non credere, come Alessia. La purezza è sempre stata un rischio, sia per la razza, che per la verità, sia per l’amore che per la morale. La fede si da, invece, proprio nell’area di confine tra gli opposti, come De Candia ricorda. E il cristiano di oggi, e di domani, sarà tale solo se saprà abitare questo confine. Perciò mi rendo conto che devo chiedere perdono, quando scambio per assolute le mie semplici percezioni e qualche idea che il buon Dio mi regala.

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