La Chiesa sinodale non ha bisogno degli sposi?

L'Instrumentum Laboris del Sinodo e il ruolo del matrimonio nella vita ecclesiale.
22 Giugno 2023

Martedì 20 giugno è stato pubblicato il Documento di lavoro – l’Instrumentum Laboris – del prossimo Sinodo sulla “sinodalità”. Ho fatto un rapido scroll del testo. E ne ho tratto alcune prime impressioni che riporto come tali, non ancora ragionate.

Registro con soddisfazione, tra le cose positive, la codificazione del cosiddetto metodo della “conversazione spirituale”. Un’ottima risposta al chiacchiericcio di cui parla spesso il Papa e una indicazione pastorale da custodire per ovviare alla poca attenzione che in tante situazioni ecclesiali si dà a un vero ascolto, non superficiale e protetto.

Annoto però anche la sparizione dalla Chiesa sinodale – almeno su carta – del matrimonio e degli sposi. Laddove si parla di Chiesa missionaria “tutta ministeriale” e di corresponsabilità, suona strano. Una “Chiesa-famiglia” (bene), senza famiglia?

La parola “matrimonio” viene usata una sola volta, per riferirsi al matrimonio poligamico. La parola “sposi” mai.

La parola “famiglia” ( o “famiglie”) è usata ancora prevalentemente come “oggetto” di attenzione nel testo principale,  salvo un richiamo in forma di domanda di cui farò cenno tra poche righe nelle schede di lavoro, ove negli altri casi si usano le due espressioni con riferimento alla “famiglia umana” e alla “chiesa come famiglia”.

La parola “coppia”, in realtà al plurale, è usata in poche ricorrenze anche essa solo nelle schede di lavoro, tra i possibili spunti di preghiera e riflessione. In particolare, in un caso rispetto al ruolo ecumenico delle coppie “interconfessionali” (interessante). Nel secondo, riappare nella nuova riformulazione di un mantra che procede sin dalla fine del Concilio, senza per ora avermi pacificato granché: «Le sintesi delle Conferenze Episcopali e le Assemblee continentali chiedono con forza una “opzione preferenziale” per i giovani e per le famiglie, che li riconosca come soggetti e non oggetti della pastorale».

Non credo che la riduzione ai minimi termini del matrimonio e del ruolo ecclesiale degli sposi sia dovuta alla volontà di non confliggere con la nuova e benvenuta sensibilità verso le persone LGBTQ+.

Penso proprio che sia una negazione costante, nella storia e nella vita della Chiesa. Una difficoltà, un fastidio imbarazzato forse, a riconoscere al matrimonio la dignità ecclesiologica che merita. Spero che qualcuno porti questa osservazione nel Sinodo.

Personalmente sono rimasto a questa “visione” di 10 anni fa, quella di una Chiesa che “sa far casa”… Sono come l’ultimo giapponese nella giungla?

2 risposte a “La Chiesa sinodale non ha bisogno degli sposi?”

  1. Gilberto Borghi ha detto:

    Ci vorranno almeno due generazioni di Cristiani per rendere “ordinaria” una pastorale fondata su un’antropologia che riconosca fino in fondo l’incarnazione e che si muova a partire dal sacerdozio comune dei fedeli.
    Ma lo Spirito Santo ci sta lavorando: si fanno meno preti e ci sono più laici che non vogliono restare dentro a questa pastorale. Bene!

  2. Gian Piero Del Bono ha detto:

    E’ triste dirlo ma il documento di lavoro partorito sembra la cacofonia della Torre di Babele. 27.000 parole, tra cui mancano le parole piu’ significative della fede cristiana mentre abbondano parole astratte e sociologismi d’ accatto , nessuna priorita’ di valori per cui certo la famiglia compare pochissimo e alla rinfusa con altre realta.
    Certo se si vuole solo “ascoltare” senza alcun criterio, si ascoltera’ un bailamme di voci ,nessuna armonia, nessuno scopo se non autoreferenziale , la sinodalita’ che riflette sinodalmente su se stessa sinodale ,in un gioco di specchi che non porta da nessuna parte . Un incubo.

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