Il peccato delle religioni/2

Dovremmo essere consapevoli che le religioni lavorano per scomparire, per lasciare il posto alla relazione diretta, totale, stabile tra l’uomo e la trascendenza. Il cristianesimo fa eccezione?
29 Settembre 2020

Si, credo che il peccato delle religioni sia quello di assolutizzare riti, mediatori e “reverenza” verso la trascendenza. Affermazione perentoria, che può apparire spigolosa, ma abbastanza inevitabile se si da per buono quanto detto nella prima puntata di queste riflessioni.

Perché, se la religione ha come suo senso profondo quello di provare a mettere in contatto l’uomo e la trascendenza, siamo nell’ordine dei mezzi, non dei fini. In particolari di mezzi che, nel momento in cui si raggiungerà il fine, risulteranno sorpassati. Ogni costruzione religiosa prevede, infatti, che, quando l’uomo e la trascendenza saranno finalmente riuniti, così come tale religione si immagina che debba avvenire, gli strumenti che hanno prodotto tale contatto non serviranno più. L’esempio più evidente sono i testi sacri: quando l’uomo e il divino saranno faccia a faccia, uno dentro l’altro, non ci sarà più bisogno di leggere in un libro le verità che tale religione ritiene tali. E lo stesso si può dire per tutti i riti celebrativi, le pratiche spirituali, le osservanze etiche, l’organizzazione gerarchica delle persone. In altre parole dovremmo essere consapevoli che le religioni lavorano per scomparire, per lasciare il posto alla relazione diretta, totale, stabile tra l’uomo e la trascendenza.

Il cristianesimo fa eccezione? Onestamente non mi sembra. Molti testi biblici, soprattutto neotestamentari, indicano con chiarezza che ciò che oggi ha un senso nella vita e nella pratica religiosa è destinato a lasciare il posto ad una condizione di relazione con Dio, tale da rendere assolutamente non richiesto tutto ciò. Nel Regno di Dio non celebreremo più l’eucarestia perché la nostra stessa vita, il nostro stesso essere, saranno per sempre eucarestia realizzata. E lo stesso vale per gli altri sacramenti. Nel regno dei cieli non ci saranno più il papa, i vescovi, il clero, perché la loro funzione sarà riassorbita e superata nella maestria, guida e mediazione dirette e infallibili che Dio stesso attuerà nelle persone. Nel regno dei cieli non sarà più necessario che qualcuno si occupi di distinguere il vero dal falso, perché l’assolutezza dell’Essere non lascerà più dubbio alcuno, in nessuno, sulla sua verità. E si potrebbe continuare.

Preferisco però tirare una conseguenza da ciò. In quanto religione, se il cristianesimo non fa eccezione, anch’esso, allora, lavora per scomparire. Lavora, cioè, per far sì che la relazione diretta con Dio, consenta di superare ciò che oggi tiene distinto le varie religioni, e che spesso viene assunto a strumento assoluto per definire la propria identità. Se anche il cristianesimo lavora per scomparire, il fatto di essere cattolico, ortodosso, o anche islamico è un dato che chiede di essere superato, non di essere confermato e mantenuto a tutti i costi, per rassicurarci di chi siamo. In questo senso ha molto ragione Francesco a dire che Dio non è cattolico. Non è, cioè, racchiudibile dentro alle forme espressive, relazionali e veritative che il cattolicesimo ha costruito. Dio è molto più che cattolico, senza negare che ciò che il cattolicesimo indica di lui sia corretto.

Ma c’è un’altra conseguenza, secondo me, invitabile. Se ogni religione lavora per scomparire, compreso il cristianesimo, bisogna riconoscere che l’assoluto, la perfezione, la verità non possano identificarsi con una di esse. La pretesa cristiana di essere la religione vera, se vissuta come strumento di affermazione di sé,  è perfettamente speculare a quella islamica, buddhista, induista o che altro. Proprio questa pretesa dimostra che il Cristianesimo non è migliore di altre religioni, se ci fermiamo a questa visione. Se il cristianesimo ha una sua vera “differenza” sul piano delle religioni, sta nel fatto che Cristo è morto e risorto per tutti gli esseri umani, e perciò il suo spendersi deve essere la cifra, lo stile, anche della Chiesa, nata proprio da quella pasqua. “Non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente”  – dice Fil 2,6 – “ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo”. L’identità della religione cristiana è perciò una identità da consumare nel lavorio di riunificazione di tutti gli esseri, non da conservare nel timore di perderla, aggrappandosi gelosamente ad essa.

Tutte le volte che ci dimentichiamo di questo, svuotiamo lo svuotamento che Cristo a fatto di sé, rendendo la sua croce inutile e insulsa. Gli strumenti della religione sono certo necessari oggi, fino a che camminiamo nella fede, ma non possiamo farli diventare mai dei sostituti di Dio, di quel Dio che si spende e si vuota per recuperare a sé ogni uomo. Sono necessari perché sono il modo per recuperare quella traccia di peccato, da cui essi stessi nascono, e poterla redimere, cioè ricondurla a Dio. Ma sarebbe assurdo cercare di restare attaccati gelosamente al timore di Dio, alla ritualità e al potere della mediazione umana. Significherebbe restare attaccati agli effetti del peccato e non volerli superare.

 

 

 

6 risposte a “Il peccato delle religioni/2”

  1. Alberto Ghiro ha detto:

    Un padre buono non fa confronti tra i figli ma li ama allo stesso modo e anche i figli non fanno confronti tra loro perché uniti nello stesso amore pe il padre. La classifica delle religioni è il solito errore storico deleterio che viene commesso anche dal cattolico se non continua a percepire Dio come padre.

  2. Francesca Vittoriavicentini ha detto:

    Cristo è stato spogliato, il suo abito conteso; lo stanno facendo ,stamattina,domani perché lo si vuole indossare,conoscendo la potenza di chi lo indossava, a trarne vantaggio. Per questo il telo rimasto, va reso testimonianza dell’esistito, non conservato tesoro nascosto, va tirato fuori perché Lui è di tutti, fino ai confini della terra.Non è un fantasma, un filosofo, un saggio, ma il Figlio di Dio, Parola del Padre, che è presente, testimonianza viva nella Sua Chiesa, la quale ha un Capo voluto, posto da Lui che gli sta di fronte, e ha diritto di rappresentarci tutti presso la divinità il nostro delegato che tiene per mano l’ultimo più misero, debole essere esistente. Fin tanto che esiste in concreto terra e uomini che la abitano, tale la Chiesa rimane come Lui l’ha designata, con gli stessi compiti assegnateli allora, a far luce. Se ci si fregia di essere cristiani di essa abbiamo sempre bisogno,ad avere lumi,a sostenerla

  3. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Se uno si trova al primo gradino vede in altro modo chi sta all’ultimo. Cristo è esistito per gli ultimi, perché diventino primi.La Chiesa e cosa pensata da Lui segno a continuare la sua presenza fino e per ogni uomo ai confini della terra e la Sua,questa Parola impossibile a essere smentita. La Chiesa non è il Clero soltanto che può tradire se stesso come ai nostri giorni si sta verificando, ma quelli che sono di Cristo, che lo hanno seguito grazie allo strumento Parola. Il fine non ci riguarda,logico che è promessa di Dio, ma intanto la Chiesa fa luce,le Scritture fanno “luce” come lo stesso Cristo a suo tempo ha letto i sacri rotoli.Diio, il Bene Supremo come Luce forse esiste in ogni religione, ma in ognuna ci saranno uomini che tradiscono, e comunque il Figlio di Dio è venuto per tutti, quindi la sua Parola supera ogni altra, e questo la fa essere pianta i cui frutti sono i più utili alla vita dell’essere umano

  4. Paolo Cardoni ha detto:

    “Ai nostri giorni l’istituzione ecclesiastica, unica sopravvivenza sacrale in un mondo dove tutto si equivale ormai nell’insignificante, può attrarre. La « forma chiesa » sembra assicurare una qualche presenza del divino ovunque assente. È un fascino malvagio, sebbene testimoni forse di una buona disposizione. Così s’impedisce, con un surrogato di Dio, di patirne l’assenza e quindi d’invocarne la vera presenza. Rivelazione (άποκάλυψις) e istituzione si contraddicono: guai quando l’istituzione è sentita in sé come salvifica, quando non si riconosce il carattere anticristicamente contraddittorio del suo necessario essere nel mondo.” [Sergio Quinzio]

  5. Dario Busolini ha detto:

    Giusto, ma questa relazione perfetta con Dio avrà luogo solo alla fine dei tempi. Nel presente abbiamo bisogno di religioni sensibili e inevitabilmente commisuriamo la promessa di vita eterna più all’aldiquà che all’aldilà. Ciò che diceva della sua classe sociale don Fabrizio Salina a padre Pirrone ne il Gattopardo vale, in realtà, anche per la nostra povera fede: “Non siamo ciechi, caro Padre, siamo soltanto uomini. Viviamo in una realtà mobile alla quale cerchiamo di adattarci come le alghe si piegano sotto la spinta del mare. Alla Santa Chiesa è stata esplicitamente promessa l’immortalità; a noi, in quanto classe sociale, no. Per noi un palliativo che promette di durare cento anni equivale all’eternità”. E le religioni, in media, sono un palliativo molto efficace in termini di durata.

  6. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Forse il + dirimente dei msg visti su VN. Noto:
    1) x gli ortodossi l’Uomo deve diventare come Dio. Ci crediamo? Io no.
    2) Cristo dimostra che Dio è umano. MA NON VICEVERSA.
    3) qui,imo, il 🔼 vs islam&ebraismo. Anche x loro Dio ha caratteristiche “umane”. Caratteristiche, da gestire con la mente.
    4) A mio avviso semmai è vero l’inverso. Dio NON ha caratteristiche.
    Dio è Dio e bbasta.
    5) chiudo io, prima dei bit🤐.
    Se esiste pur sempre un delta/gap tra Lui e me ecco che io ho bisogno di un help x andare verso di Lui.
    Quindi: standing ovation all CC mezzo.
    No a Chiese tutte uguali( ma in unico cammino)..
    La CC DEVE cambiare totalmente.
    Riposizionarsi e ristrutturarsi x aiutare me.
    A vivere la Parola. ( e conoscerla)
    A favorire incontri tra fratelli omogenei x ricerca e aspirazioni..
    A favorire in tutti i modi la mutua assistenza tra fratelli.
    Incontri di preghiera nn x ottenere ma x lodare Dio. Non in silenzio, please..
    Ecc, ecc

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