Il corpo, la fede e Carlo

Quanta fatica ancora a credere che l’umano, così come si dà, senza bisogno di alterarlo, dimenticarlo, sorpassarlo o mascherarlo sia il luogo privilegiato in cui Dio ci parla, ci abita e ci vive.
16 Ottobre 2020

Carlo Acutis è beato. Diamo gloria a Dio per la sua santità e ringraziamolo che continua ad amarci a dispetto di tutte le nostre difficoltà di credere che il suo amore possa ancora incarnarsi davvero in questo mondo.

La vicenda del corpo di Carlo, della sua esposizione in occasione della sua beatificazione, della sua presunta integrità somatica sbandierata come segno “fisico” della sua santità, con le polemiche che ne sono seguite, mi sembra emblematica del modo con cui molti persone credenti, oggi si approcciano ad un tema essenziale della fede: l’incarnazione.

Da una parte, nei giorni immediatamente precedenti la sua beatificazione, ho letto presentazioni di Carlo in cui venivano sottolineate solamente gli aspetti della sua vita direttamente connessi alla dimensione religiosa e spirituale, come se la sua santità si fosse realizzata senza alcun intreccio con le altre dimensioni della sua vita reale di 15enne di oggi, che vive ciò che è mediamente “normale” per un 15enne di oggi. Tanto che alcuni commenti segnalavano poi, come questo modo di rappresentare Carlo poteva finire per renderlo distante ed inarrivabile per i suoi coetanei, ai quali invece tale rappresentazione era destinata come testimonianza efficace.

Dall’altra, un’intervista video della madre di Carlo, mostra tutta la sua felicità e la lode a Dio, per la beatificazione del figlio, senza alcun cenno al dolore attraversato per la malattia e la morte di Carlo, tanto che poi, un domanda dal pubblico segnalava, nella medesima intervista, come il racconto fatto dalla madre rischiasse di diventare un boomerang comunicativo, perché poteva apparire troppo “avulsa” dalle dinamiche di persone che, attraversando situazioni simili, non avevano avuto la possibilità di viverle con la stessa fede di Carlo e di sua madre.

Da una terza parte ancora, sempre in questi giorni, ho letto riflessioni sul fatto che la sua salma sia apparsa intatta, quando è stata resa visibile ai fedeli. Parole che “inneggiavano” (è proprio, il caso di dirlo) a tale segno come riprova visibile e corporea della santità di Carlo. Salvo poi dover fare i conti con la dichiarazione del vescovo di Assisi che ammetteva come il corpo intatto fosse solo un’apparenza, dovuta ad un intervento di ricostruzione facciale altamente realistica. E non ho letto, invece, dichiarazioni di scuse ed ammissioni di un errore di interpretazione, che secondo me sarebbero state il minimo per non invalidare totalmente l’idea stessa di una possibile “visibilità” corporea della santità.

Apparentemente questi effetti collaterali non desiderati, generati da queste voci, potrebbero apparire solo come un problema comunicativo. Ma, ormai, è sempre più evidente, come linguaggio, messaggio e interpretazione sia strettamente connessi anche quando noi non lo vorremmo. Perciò, temo che la questione non sia solo linguistica, ma prima ancora teologica.

Se per evidenziare la santità di Carlo mettiamo in ombra la sua umanità quotidiana, forse abbiamo un concetto di santità un po’ disincarnato, in cui viaggiare su internet, indossare le Nike, o ascoltare l’hip hop non siano elementi all’altezza di Dio. Se ci sembra sensato mostrare come la santità sia capace persino di farci “sorpassare” il dolore e il dramma della morte, senza ricordarci della fatica che si fa ad attraversarli, forse immaginiamo che la santità debba negare qualcosa dell’umano, perché “troppo umano” e debole per poter essere considerato rilevante. Se abbiamo bisogno di scovare prove fisiche della santità, forse, è perché non siamo molto sicuri che lo Spirito Santo possa davvero incarnarsi nel nostro corpo e, forse, la nostra fede è abbastanza solo “pensata” e ancora non riesce a diventare carne nella nostra vita reale.

Il bello della faccenda è che Carlo non ha vissuto la santità in questo modo. Se leggessimo i dati abbastanza sicuri della sua esistenza, senza volerli subito “tirare” per la giacchetta, e cercando di non dimenticarne troppi, balzerebbe evidente come per lui Dio potesse essere presente in ogni piega dell’umano, anche in quelle banali, quotidiane e “povere”. Sarebbe lampante come la vita con Dio non permetta di trascurare nulla della debolezza umana, sofferenza e morte compresi, perché la sua presenza si è rivelata a Carlo proprio nei piccoli dettagli quotidiani e semplici, non tentando di trascurarli. E ci potrebbe apparire chiaro come la sua esperienza di fede sia stata così fisica da non richiedere ulteriori “testimonianze” corporee della presenza di Dio in lui.

Quanta fatica ancora a credere che l’umano, così come si dà, senza bisogno di alterarlo, dimenticarlo, sorpassarlo o mascherarlo sia il luogo privilegiato in cui Dio ci parla, ci abita e ci vive. E se una figura come Carlo oggi fatica ad essere “percepibile” dai suoi coetanei è perché non la lasciamo rifulgere della sua umana, normale, quotidiana, quasi banale, ordinarietà della grazia di Dio.

4 risposte a “Il corpo, la fede e Carlo”

  1. Antonino lupo ha detto:

    Forse si poteva fare a meno di spettacorizzare questo beatificazione evitando l’apertura della bara per far vedere un corpo imbalsamato, Gesù è risorto e nella tomba non c’è più ci ha lasciato l’eucarestia e il vangelo

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Per credere non serve una salma, come gli archeologi fanno dei reperti mummificati. A voler Credere e efficace l’operato di quanto la persona da viva ha fatto,,si è comportata secondo la Parola di Dio, divenendo suo strumento i cui frutti ne danno testimonianza Se neppure il lenzuolo lasciato da Cristo a prova della sua reale presenza in Terra, in corpo e spirito, si dubita a farne oggetto per credere, ragiono, facile perché tutto corrisponde a sacre scritture, tanto potente di una speciale forza quella impressione su tela, senza rispostadi esperti scienziati non basta a tanti credenti, Per certuni invece è inconfutabile prova A voler raggiungere anche i Tommaso di ogni tempo che desiderano credere e hanno poca fede o sono in dubbio.,quella immagine non è di un morto ma di un ancora vivo che solo si mostra in tutta la sua storia di vita terrena, morto-risorto. Che si è mostrato così a tanta gente. Non servono i morti, ma solo Ciò che di vivo supera il tempo.

  3. Gloria Gandolfi ha detto:

    Santità e adolescenza sono due mondi percepiti come distanti fra loro,ecco che diventa necessario mettere in evidenza il lato mistico staccandolo dalla fisicità e istintivita’ propria degli adolescenti che molti adulti guardano con sospetto, non sapendo cogliervi la grande richiesta d’amore

  4. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    L’amico dr Borghi evidenzia tutti i limiti di un certo modo di approcciarsi a Carlo.
    Leggendolo mi dicevo:
    Lo stesso approccio che usiamo per il Nostro Fratello e Signore Gesù Cristo.

Rispondi a Gloria Gandolfi Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)