Il concilio e… i laici

Quando il concilio descrive le funzioni dei laici, troviamo uno strano elenco di affermazioni.
3 Novembre 2022

Un secondo argomento che può risultare interessante per mostrare che il concilio, su alcune cose, va superato, è quello della definizione e funzione dei laici.

Nei testi conciliari, “col nome di laici si intende l’insieme dei cristiani, ad esclusione dei membri dell’ordine sacro e dello stato religioso sancito nella Chiesa” (LG 31). Essi “si dedicano ad estendere il regno di Dio e ad animare e perfezionare con lo spirito cristiano l’ordine delle realtà temporali” (AA 4). Mentre i presbiteri “sono costituiti per il bene degli uomini in ciò che si riferisce a Dio” (PO 3) e i religiosi, rinunciando al mondo, vivono per Dio solo e hanno ceduto a Lui la loro intera vita (Cfr. PC 5). Ora però, quando il concilio prova a definire con più precisione quale sia la missione dei laici, troviamo un elenco di affermazioni che non rispetta esattamente questa distinzione.

Infatti, i laici sono certo chiamati a vivere da cristiani nella famiglia, nella loro professione, nelle questioni sociali e politiche, nel mondo della comunicazione e dei rapporti tra settori della società, orientandole secondo Dio (Cfr. AA 9-14). Ma di essi si dice anche che “esercitano il loro ministero nella Chiesa e nel mondo, nell’ordine spirituale e in quello temporale” (AA 5); collaborano con la gerarchia nel “ponderare le condizioni in cui si deve esercitare l’azione pastorale della Chiesa” (AA 20); svolgono compiti che appartengono alla missione dei sacerdoti (insegnamento, liturgia, cura d’anime) (Cfr. AA 24); infine esercitano questi compiti come collaboratori e sotto la guida e il mandato della gerarchia (Cfr. AG 21).

Il concilio pone una derinzione, ma poi non ci resta dentro. Ciò, probabilmente deriva dal fatto che la loro natura è definita, non in positivo, ma per sottrazione: sono fedeli che non sono né sacerdoti, né religiosi. Ed è altamente probabile che questa impostazione, senza volerlo, abbia contribuito a perpetrare una sorta di “minorità ecclesiale” dei laici. Se così fosse, allora, tale visione dei laici potrebbe essere una concausa, o per lo meno una facilitazione, di un certo clericalismo, che finisce per immaginare, ancora oggi, che il laico sia solo un collaboratore pastorale, ma la titolarità dell’azione della Chiesa spetti al sacerdote.

Dopo il concilio, poi, si è spesso declinata la distinzione tra spirituale e temporale nella versione della differenza tra “cose ultime e cose penultime”. Ora, la titolarità giuridica sulla gestione economica delle comunità, la burocrazia, anche ecclesiale, connessa alle attività pastorali, la gestione di servizi organizzativi della Diocesi, ecc.… sono cose ultime? Di fatto, spesso, sono di pertinenza dei sacerdoti, non solo perché i laici non ci sono o non lo vogliono fare, ma perché consegnate loro dal Codice di Diritto canonico (CDC). D’altra parte, due sposi che si amano fisicamente e mettono al mondo un figlio è una cosa penultima? Anche GS 51 lo nega chiaramente.

Perciò, se si vuole uscire da questo stato di cose, è necessario ammettere, con B. Forte (Cfr. Laicato e laicità, 1986), “che la stessa nozione di laico risulta superata” e che “il rapporto con il mondo caratterizza tutti i battezzati in una varietà di toni e di forme” che forse si comprendono meglio se si ragiona in termini di carismi e ministeri, che non di stati di vita laicali o religiosi.

Purtroppo, su questo tema dei laici, si nota bene come il Concilio ondeggi tra l’affermazione di una Chiesa di comunione, in cui si distinguono ministeri e carismi, e una di organizzazione in cui il potere è graduato a seconda dello stato di vita in cui le persone si trovano. È pur vero che in Lumen Gentium il capitolo sul popolo di Dio viene prima di quello sulla gerarchia (la gerarchia ha senso se è ministero interno al popolo di Dio e al suo servizio); che quello sulla santità viene prima di quello sui religiosi (la scelta di totale consacrazione è una delle forme della santità e serve come testimonianza per tutto il popolo di Dio).

Ma ciò non ha impedito di scrivere sul CDC “Il parroco rappresenta la parrocchia, a norma del diritto, in tutti i negozi giuridici” (Can. 532); o anche che “In tutti i negozi giuridici della diocesi, è il Vescovo diocesano che la rappresenta.” (Can 393). Infine che “Il Romano Pontefice ha potestà ordinaria su tutte le Chiese particolari e i loro raggruppamenti” (Can 333). Tradotto significa che Roma può decidere di ogni questione delle singole Chiese locali e ogni vescovo può decidere di tutto ciò che avviene nelle parrocchie e che i sacerdoti possono determinare le scelte giuridiche della parrocchia senza che un laico possa, di fatto, obiettare in modo efficacie.

Onestamente, qui il concilio non basta più.

8 risposte a “Il concilio e… i laici”

  1. Salvo Coco ha detto:

    Dice Francesco: “Dio non ci ha guardato dall’alto per umiliarci e giudicarci; al contrario, si è abbassato fino a lavarci i piedi, guardandoci dal basso e restituendoci dignità”. Una riforma della chiesa deve partire da questo rovesciamento di prospettiva. Non c’è alcuna divisione tra sacro e profano, tra clero e laici, tra chi sta sopra e chi sta sotto. Occorre quindi declericalizzare la chiesa. Restituire alla chiesa la sua dimensione di laicità. Se il paradigma dottrinale non cambia è inutile qualsiasi aggiustamento pastorale.

    • Claudio Menghini ha detto:

      Tale auspicata riforma è impossibile. La divisione tra clero e laici è di diritto divino, non può essere abolita. Significherebbe tradire la volontà di Dio e trasformare la Chiesa nell’ennesima comunità protestante.

      Sig. Coco, se lei pensa che i protestanti abbiano ragione, perché non va da loro invece di pretendere la protestantizzazione della Chiesa Cattolica?

  2. Pietro Buttiglione ha detto:

    Se si studia si scopre che la Autorità risiedeva negli Episcopi e che il Primus inter pares interveniva solo x contrasti intestini. Sarebbe già un bel passo indietro in avanti, no?

    • Claudio Menghini ha detto:

      Se si studia si scopre che il Papa non è primus Inter pares. Ha un ruolo gerarchico superiore per volontà divina. Le suggerisco la relazione di Mons. Vincenz Gasser a suggello delle sessioni del Concilio Vaticano I in cui fu preparata la Pastor Aeternus.

  3. Claudio Menghini ha detto:

    L’immagine a sinistra è semplicemente sbagliata. Nega la natura gerarchica della Chiesa, come se Papa religiosi e laici fossero tutti sullo stesso piano. Ciò non è vero.

  4. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Il Concilio Vaticano II e’ superato ! Come naturalmente non possono bastare tutti i concili ecumenici precedenti! Il mondo va avanti a velocita’ supersonica è la Chiesa e’ una lumaca Pensate che come testo base ha dei manoscritti di venti secoli fa chiamati Vangelo !
    Per stare al passo con la modernita’ propongon un gender fluid anche nella Chiesa cattolica: basta con le rigide etichette, laico e consacrato, io posso essere laico o consacrato a seconda di come decidoio, in base alla mia personale percezione. Se mi percepisco laico, non importa che sia stato consacrato prete, così come se mi percepisco prete chi sei tu per giudicarmi ! Voglio andare nei bagni dei preti ! dovete rispettare la mia sensibilita’. Fluidita’ di genere dentro la Chiesa: la nuova frontiera della modernita’.

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