I progetti di don Alberto

Nel webinar di vinonuovo don Ravagnani racconta il suo "fenomeno" apprezzato dagli esperti: "Ora con il progetto Doncast penso ad un coinvolgimento corale di altri giovani".
18 Febbraio 2021

Con oltre 230 persone collegate in diretta ha registrato  interesse e partecipazione (numerose le domande inoltrate ai tre ospiti)  il debutto di  vinonuovo.it nella formula dei webinar dal titolo  “Catto-social: il fenomeno don Ravagnani e le sfide digitali della Chiesa”, sulla piattaforma messa gentilmente a disposizione da EMI (Editrice Missionaria Italiana).

Fin dall’esordio dello spumeggiante moder-attore Fabio Colagrande, supportato dalla “regista digitale” Elisa Bertoli,  le sfide ecclesiali dentro la rete sono state messe a fuoco dalla sociolinguista Vera Gheno e da don Luca Peyron, coordinatore del Servizio per l’Apostolato Digitale della diocesi di Torino , proprio a partire dall’esperienza singolare del sacerdote lombardo.  “Quando ho cominciato proprio un anno fa, all’inizio della pandemia, non pensavo di andare su youtube – ha dichiarato subito don Alberto Ravagnani, 27 anni, ciuffo corvino  e il tipico gesticolare con le mani –  cercavo solo un modo per raggiungere ancora con il Vangelo i giovani che non potevo incontrare”. Il responsabile dell’oratorio di Busto Arsizio (Varese), insegnante di religione al Liceo Scientifico, non si sente addosso l’etichetta di influencer, nonostante gli oltre 135 mila iscritti nella sua pagina su youtube, 125 mila iscritti su Instagram, 88 mila su Tik Tok. I suoi video scattanti, dal linguaggio colorito e gioioso, hanno “bucato” anche l’interesse dei media laici ed il suo dialogo con il rapper Fedez ha raggiunto un milione e 200 mila persone.  “All’inizio ho rubato il mestiere, ho cercato di imparare da solo alcune semplici tecniche di montaggio,  da solo. Col tempo ho cercato di affinare e precisare la proposta, sempre rimanendo me stesso: il prete che con linguaggi diversi annuncia Gesù Cristo, sia che stia parlando ai bambinetti della Prima Comunione sia che cerchi di spiegare l’importanza della Messa in un video”.

“Non mi aspettavo d’incontrare tante reazioni ai video, ma soprattutto di ricevere tante domande sul Vangelo e sulla vita cristiana. È questo è quello che più mi sta a cuore”, conferma con stile pacato e disarmante, fondato su un obiettivo preciso: “Comunicare con i giovani.  E anche se ora conto di tornare a farlo in presenza, mi sono reso conto che i social consentono comunque di migliorare poi anche la comunicazione a tu per tu. É importante conoscerli, i social, per starci dentro bene. Se posso fare un paragone: come i primi missionari hanno dovuto imparare lingua e cultura dei popoli fra cui arrivavano, così a noi è richiesto di conoscere questi ambienti in parte ignoti, ma molto frequentati invece dai nostri ragazzi”.

Don Ravagnani si è mosso  d’intesa con l’Ufficio Comunicazioni della diocesi di Milano, il suo lavoro è stato supportato e  seguito con interesse: “Alberto fa soprattutto il prete, accetta quello che Gesù chiede da sempre alla Chiesa, ovvero di buttarsi anche in una terra straniera – è il commento di don Luca Peyron –   Il digitale è una stanza della nostra esistenza: esserci è importante, lo fa bene, da prete fino in fondo, tentando e sbagliando forse anche, ma lo fa bene. Con la compagnia di Cristo dobbiamo andare laddove ci esponiamo a fatiche e rischi, ma non possiamo dirci cristiani senza fidarci dello Spirito”. Ma lo stile-Ravagnani è stato apprezzato anche dalla sociolinguista laica, la prof. Vera Gheno: “In fine dei conti – è la sua analisi –  i social media premiano chi ha una buona idea e la comunica con sincerità e onestà professionale. Ecco, don Alberto, ha seguito con i suoi video fra i giovani,  perché si sente che crede nel messaggio. Riesce a fare una comunicazione generativa, ovvero che lascia dei semi in chi la riceve. Ha successo perché  in maniera nuova offre ai giovani proprio quello di cui loro hanno bisogno”.

Inevitabili (ma poche) le critiche, eppure il dibattito ha chiarito la necessità di correre alcuni rischi calcolati, presenti anche nella pastorale in presenza. “Alcune interviste le ho rifiutate, certamente, ma in generale credo che se siamo fermi nelle nostre idee non dobbiamo temere di esporci”.

Chi pensa che la sua sia un’iniziativa autoreferenziale deve ricredersi, anche per i progetti che don Ravagnani anticipa durante il webinar: “Ora ho coinvolto altri giovani, alcuni conosciuti proprio sui social, per dare vita ad un gruppo di lavoro permanente – “Laboratorium”, l’abbiamo chiamato –  per sviluppare insieme, in modo corale, il progetto “Doncast”. Mi sono promesso di fare un passo indietro, per avviare dei processi e lasciare che altre esperienze nascano, magari in altre città o altre diocesi”.

Un consiglio a chi opera nella pastorale? “Capire che i social sono ambienti in cui puoi essere invitato e in cui puoi entrare. Per ascoltare, entrare in dialogo, anche sulla fede. Capire di cosa parlano i nostri ragazzi. Starci dentro: se loro ci sono perché non ci posso andare? Senza sindrome di persecuzione e senza paura ma ben sapendo che sono luoghi  che hanno tempi e modi diversi. Devo avere l’umiltà di impararli, per poterli vivere come luoghi di relazione”.
E quando gli chiedono di raccontare le persone più importanti nella sua scelta, ne racconta due: “Un seminarista che ho conosciuto in terza superiore e che poi è diventato prete nella mia parrocchia: ora è un fratello, ancora decisivo per la mia solidità prete. E poi una suora salesiana, energica e travolgente. Nei suoi 60 anni vivaci ho visto il volto di Gesù  in ambienti sociali difficili. Vorrei arrivare a 60 anni – mi sono detto – innamorato come lei di Gesù”.

Molti altri gli spunti – arrivati anche dagli amici di vinonuovo “saliti sul palco” digitale e da tanti partecipanti al webinar – e le domande inoltrate dagli ascoltatori. Meriteranno, in futuro, una ripresa. Intanto il video del webinar è disponibile per una visione completa.

2 risposte a “I progetti di don Alberto”

  1. Maria Teresa Pontara Pederiva ha detto:

    Bravi! buona l’organizzazione, bravo il conduttore, bravi gli ospiti, bravo don Alberto entusiasta di ciò che fa…
    Forse la nuova evangelizzazione può partire anche da qui, un piccolo tassello che richiama novità anche per il futuro. Quando sentiremo parlare di Chiesa in uscita, potrebbe venire in mente anche questo, “una delle stanze della nostra esistenza” come è stato detto.
    Gli esperimenti espongono alla critica, ma – è vero – non possiamo dirci cristiani se non ci esponiamo, anche sui dispositivi tecnologici, nonostante tutti i limiti…perché non dobbiamo mitizzare nulla, anzi. Ma questo non significa affatto sottolineare solo i rischi, come si fa spesso, soprattutto all’interno della comunità ecclesiale.

  2. Ornella Ferrando ha detto:

    È stata proprio una bella serata , c’è sempre tutto da imparare .E quello che nasce spontaneo, sincero e autentico,come nasce a d. Alberto, è ancora più arricchente . Grazie

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