Geografie dei testimoni /4: Amsterdam, la città del quotidiano resistere di Etty Hillesum

Passeggiare verso un’anonima casa di Amsterdam, per riscoprire la forza delle parole e della vita di una grande donna del Novecento
13 Luglio 2024

«Alle sette, quando la mia sveglia ha squillato e ho aperto gli occhi, la mattina era distesa, ampia come la vita, dentro la mia cameretta e dietro la finestra. La città era là sotto, potevo accorgermene dal rumore del tram; in lontananza si udiva il canto dei soldati. Ma tutto ciò che io vedevo erano nuvole e le cime fluttuanti degli alberi, raccolti in un largo cerchio attorno alla mia finestra, e poi c’è quell’unico albero che è soltanto mio. Stanotte una stella solitaria danzava attorno al suo tronco. Solo cielo e verde dietro la mia finestra e sotto, di tanto in tanto, piccoli rumori della città» (2 luglio 1942): così scriveva Etty Hillesum (1914-1943), in una mattina di luglio, nella Amsterdam occupata dai nazisti, mentre gli ebrei vengono perseguitati divampa la guerra: eppure, in quell’abisso, ci ricorda Etty, è possibile scorgere il cielo, vedere l’albero dalla finestra, osservare una stella.
È questa una delle grandi lezioni dell’intenso diario di Etty: non naufragare interiormente quando la storia è spazio dal male, non dare il proprio assenso alle tenebre quando queste sembrano prevalere. E così, in quel mese di luglio del ’42, Etty scriverà pagine altissime — mistiche, profonde, uniche — riguardo al suo rapporto con un Dio sconosciuto e che, però, le si schiude, con dolcezza: «Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano, davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano. Ti prometto una cosa. Dio, soltanto una piccola cosa: cercherò di non appesantire l’oggi con i pesi delle mie preoccupazioni per il domani – ma anche questo richiede una certa esperienza. Ogni giorno ha già la sua parte. Cercherò di aiutarTi affinché Tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori non posso promettere nulla. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che Tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare Te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di Te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirTi dai cuori devastati di altri uomini» (12 luglio 1942).

È una passeggiata di rara bellezza, soprattutto in primavera inoltrata, quella che unisce il Rijksmuseum, scrigno di capolavori, con quella che fu la casa in cui Etty Hillesum abitò; è una passeggiata che attraversa il Museumplein, toccando anche il moderno Van Gogh Museum, per arrivare, in fondo, a una semplice abitazione, tipicamente olandese. Credo che qui, più che nella natia Middelburg o nella terribile Auschwitz, dove Etty venne uccisa, possano essere compresi la portata e la forza del messaggio di una ragazza figlia del suo tempo, immersa completamente nel suo tempo e nella sua città, eppure capace di ancorarsi al cielo. Una donna capace di difendere la dignità debolissima della vittima, senza cancellare alcuna responsabilità, ma anche senza lasciare spazio all’odio, il quale può soffocare anche chi subisce il male: «Ed ecco che improvvisamente, qualche settimana fa, è spuntato il pensiero liberatore simile a un esitante e giovanissimo stelo in un deserto d’erbacce: se anche non rimanesse che un solo tedesco decente, quest’unico tedesco meriterebbe di essere difeso contro quella banda di barbari, e grazie a lui non si avrebbe il diritto di riversare il proprio odio su un popolo intero. Questo non significa essere indulgenti nei confronti di determinate tendenze, si deve ben prendere posizione, sdegnarsi per certe cose in certi momenti, provare a capire, ma quell’odio indifferenziato è la cosa peggiore che ci sia. É una malattia dell’anima. Odiare non è nel mio carattere. Se, in questo periodo, io arrivassi veramente a odiare, sarei ferita nella mia anima e dovrei cercare di guarire il più presto possibile» (15 marzo 1941).

Camminare per Amsterdam, nella ricchezza di voci e colori, nella bellezza delle sue vie d’acqua, all’ombra dei suoi alberi, sostare nelle sue piazze, potrà farci gustare il soffio che respirava Etty, aggrappandosi a ciò che era buono e bello per non cadere nella disperazione che aleggiava tra i canali della città. Lì, nella quotidianità abitata dalla violenza, Etty seppe amare, seppe costruire relazioni di bene, seppe mettersi al servizio, seppe — con consapevolezza piena di ciò stava accadendo al suo popolo — decidersi per non collaborare a far pendere la bilancia del mondo dalla parte del male.

Arrivando nei pressi della sua casa ad Amsterdam, scrutandone la semplicità e l’anonimato, possiamo farci toccare dalla dimensione quotidiana di una resistenza al male (personale, sociale, storico) di cui abbiamo bisogno anche oggi; possiamo renderci disponibili alla disarmante semplicità della preghiera, che è dialogo ininterrotto con Dio.
Quei minuti che ci separano da musei tra i più belli d’Europa e le stanze in cui una giovane donna compose pagine tra le più levate del Novecento possono suggerirci un modo di opporci ai flutti di tenebra, che possono anche vincere per un periodo di tempo, ma non possono obbligare al consenso. Ci farà bene riprendere il diario di Etty Hillesum, da qualche anno disponibile nella sua versione integrale: nelle città che abitiamo, nelle vite che viviamo, la forza di quelle parole scuote come pochi altri testi sanno fare. Ci donano inquietudine e coscienza, speranza e responsabilità, nella difesa di uno spazio nostro, sacro, in cui può rendersi presente il Mistero: «Adesso quella “stanza silenziosa”, per dir così, la porto sempre con me, e mi ci posso ritirare a ogni istante, sia che mi trovi in un tram pieno di gente sia nel mezzo della confusione in città» (8 gennaio 1942).

2 risposte a “Geografie dei testimoni /4: Amsterdam, la città del quotidiano resistere di Etty Hillesum”

  1. Pietro Buttiglione ha detto:

    La grandezza di Elly sta tutta in quel FIORE che spunta da un mare di m… (Cambronne docet).. fuori controllo. Solo Lui ci aiuta a capirne il senso.
    Grazie Sergio x qa finestra APERTA..

  2. Laura Cide ha detto:

    Senza nulla togliere al diario di Etty Hillesum trovo fuori luogo questa “poesia” su una città che è diventata il paradiso dei ricercatori di piaceri…totalmente libera e fuori controllo….quindi OK al diario ma non andiamo oltre.

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