“Fratelli tutti”. «La vita è l’arte dell’incontro, anche se tanti scontri ci sono nella vita»

Nell'encicla pubblicata oggi, Papa Francesco propone un'idea di fratellanza che riguarda i singoli, ma soprattutto la società e la politica
4 Ottobre 2020

Nella parabola del Buon Samaritano, il dottore della legge, “volendo giustificarsi”, chiese a Gesù: “E chi è il mio prossimo?” (Lc. 19,29). Definire il prossimo, significava però tracciare un confine tra chi era dentro (il prossimo) e chi era fuori, che prossimo evidentemente non era. Gesù risponde con la nota parabola, che è al centro della “Fratelli tutti”, l’enciclica il Papa Francesco ha firmato ieri ad Assisi.

Si tratta di un testo complesso, che ad un’analisi inquieta e inquietante della scenario sociale, politico e culturale in cui siamo immersi, risponde con una proposta radicale, che viene declinata, oltre che sul piano teorico, anche sul piano concreto delle scelte da fare: riconoscimento dei diritti; no alle guerre, neanche a quelle così dette “umanitarie”; disarmo atomico subito; abolizione della pena morte; riforma dell’ONU; accoglienza e integrazione dei migranti, laddove non è possibile rispondere al loro diritto di vivere nella propria patria; cercare una risposta al problema del debito dei Paesi poveri; riscoperta della gentilezza e così via.

Una fraternità inclusiva

Ma le scelte concrete sono frutto di un ragionamento che si snoda riprendendo e mettendo a sistema i tanti interventi che su questi temi Papa Francesco ha fatto. Lo spiega lui stesso: «Le questioni legate alla fraternità e all’amicizia sociale sono sempre state tra le mie preoccupazioni. Negli ultimi anni ho fatto riferimento ad esse più volte e in diversi luoghi. Ho voluto raccogliere in questa Enciclica molti di tali interventi collocandoli in un contesto più ampio di riflessione. Inoltre, se nella redazione della “Laudato si’” ho avuto una fonte di ispirazione nel mio fratello Bartolomeo, il Patriarca ortodosso che ha proposto con molta forza la cura del creato, in questo caso mi sono sentito stimolato in modo speciale dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb, con il quale mi sono incontrato ad Abu Dhabi per ricordare che Dio “ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro” (5). E infatti il “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” viene citato più volte nel testo.

Fin dall’inizio la “Fratelli tutti” ci avverte che da San Francesco ci arriva l’idea di una fraternità aperta, che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo dove è nata o dove abita. Che poi è il messaggio della parabola del Buon Smaritano, che spiazza il dottore della legge: un’idea di fratellanza che abbatte i confini e che l’enciclica declina nella dimensione personale, in quella sociale, in quella politica.

Le ombre di un mondo chiuso

Il primo capitolo è dedicato all’analisi del contesto e si intitola “Le ombre di un mondo chiuso”. I grandi progetti che avrebbero dovuto portare pace e unità sono in crisi, se non già sgretolati, compresa l’Europa. La globalizzazione «ci rende vicini, ma non ci rende fratelli», dominata com’è dalle logiche della grande finanza, che fanno crescere le disuguaglianze e la povertà e martellata di conflitti che, se visti nell’insieme, formano una terza guerra mondiale sparsa. Sono in corso nuove forme di colonizzazione culturale, che vedono i più forti e potenti espropriare della propria identità i popoli più deboli. Aumentano gli “scarti” che non sono funzionali alle società dominate dal consumismo e dall’individualismo: dagli anziani alle vittime della tratta. In poche parole, «mentre una parte dell’umanità vive nell’opulenza, un’altra parte vede la propria dignità disconosciuta, disprezzata o calpestata e i suoi diritti fondamentali ignorati o violati» (22).

La nostra vocazione di cittadini

In un mondi pieno di confini e di muri di ogni tipo si vive male, ma non bisogna scoraggiarsi: scopo della “Fratelli tutti” è dare speranza, non diffondere pessimismo. E questa speranza cammina sulla strada indicata dalla parabola del Buon Smaritano: fermarsi, ascoltare, chinarsi su chi soffre, prendersene cura. Questa è fratellanza. Perché se essere fratelli vuol dire amarsi, il samaritano ci dice che «all’amore non importa se il fratello ferito viene da qui o da là: è «l’amore che rompe le catene che ci isolano e ci separano, gettando ponti; amore che ci permette di costruire una grande famiglia in cui tutti possiamo sentirci a casa […]. Amore che sa di compassione e di dignità» (62).

È un’indicazione per la vita di ciascuno di noi, ma ciò che l’Enciclica sviluppa, soprattutto, è la dimensione sociale dell’insegnamento del Samaritano, che «ci invita a far risorgere la nostra vocazione di cittadini del nostro Paese e del mondo intero, costruttori di un nuovo legame sociale» (66). Vivere la fratellanza è una fatica, e costa fatica anche perché riguarda ogni sfera della nostra vita.

Quella delle relazioni: «L’amore implica qualcosa di più che una serie di azioni benefiche. Le azioni derivano da un’unione che inclina sempre più verso l’altro considerandolo prezioso, degno, gradito e bello, al di là delle apparenze fisiche o morali. L’amore all’altro per quello che è ci spinge a cercare il meglio per la sua vita» (94).

Quella ecclesiale: «ci sono ancora coloro che ritengono di sentirsi incoraggiati o almeno autorizzati dalla loro fede a sostenere varie forme di nazionalismo chiuso e violento, atteggiamenti xenofobi, disprezzo e persino maltrattamenti verso coloro che sono diversi. La fede, con l’umanesimo che ispira, deve mantenere vivo un senso critico davanti a queste tendenze e aiutare a reagire rapidamente quando cominciano a insinuarsi» (86).

Quella sociale: «solidarietà è una parola che non sempre piace; direi che alcune volte l’abbiamo trasformata in una cattiva parola…; ma è una parola che esprime molto più che alcuni atti di generosità sporadici. È pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. È anche lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi. È far fronte agli effetti distruttori dell’Impero del denaro…» (116). E «l’amore sociale è una «forza capace di suscitare nuove vie per affrontare i problemi del mondo d’oggi e per rinnovare profondamente dall’interno strutture, organizzazioni sociali, ordinamenti giuridici (183)

Quella della politica: «Il disprezzo per i deboli può nascondersi in forme populistiche, che li usano demagogicamente per i loro fini, o in forme liberali al servizio degli interessi economici dei potenti» (155). Serve invece una politica popolare, e ciò «che è veramente popolare – perché promuove il bene del popolo – è assicurare a tutti la possibilità di far germogliare i semi che Dio ha posto in ciascuno, le sue capacità, la sua iniziativa, le sue forze» (162). Senza dimenticare che «“la grandezza politica si mostra quando, in momenti difficili, si opera sulla base di grandi princìpi e pensando al bene comune a lungo termine”» (178).

Quella dell’organizzazione dello Stato: «Investire a favore delle persone fragili può non essere redditizio, può comportare minore efficienza. Esige uno Stato presente e attivo, e istituzioni della società civile che vadano oltre la libertà dei meccanismi efficientisti di certi sistemi economici, politici o ideologici, perché veramente si orientano prima di tutto alle persone e al bene comune» (82).

Quella delle relazioni internazionali: «Se ogni persona ha una dignità inalienabile, se ogni essere umano è mio fratello o mia sorella, e se veramente il mondo è di tutti, non importa se qualcuno è nato qui o se vive fuori dai confini del proprio Paese. Anche la mia Nazione è corresponsabile del suo sviluppo, benché possa adempiere questa responsabilità in diversi modi: accogliendolo generosamente quando ne abbia un bisogno inderogabile, promuovendolo nella sua stessa terra, non usufruendo né svuotando di risorse naturali Paesi interi favorendo sistemi corrotti che impediscono lo sviluppo degno dei popoli».

Il metodo del dialogo

Per raggiungere tutto questo c’è un metodo, che è quello del dialogo, a cui è dedicato un intero capitolo, il sesto. Un dialogo mite, che ascolta e rispetta il punto di vista dell’altro e non cerca il proprio vantaggio, ma la verità. Perché, ricorda papa Francesco citando Vinicio de Moraes, «La vita è l’arte dell’incontro, anche se tanti scontri ci sono nella vita» (215). Per questo abbiamo bisogno di una “cultura dell’incontro”, perché «come popolo ci appassiona il volerci incontrare, il cercare punti di contatto, gettare ponti, progettare qualcosa che coinvolga tutti» (216).

Il dialogo previene i conflitti e costruisce la pace (che non è solo assenza di guerra e per questo va costruita “artigianalmente”) e comprende anche il perdono, ma non per questo rinuncia alla giustizia, alla difesa dei diritti delle persone, alla memoria.

E, soprattutto, il dialogo si realizza anche grazie alle religioni, unite dalla consapevolezza che «rendere presente Dio è un bene per le nostre società» (274). Il riconoscimento della sacralità della vita permette di condividere i valori fondamentali della comune umanità, nel nome dei quali si deve collaborare, nel rispetto dell’identità di ciascuno, ma superando i fondamentalismi e sapendo che «il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza» (283).

Il ruolo pubblico della Chiesa

Proprio perché portatrice di un messaggio di fratellanza e di amicizia sociale, la Chiesa, pur nel rispetto dell’autonomia della politica, ha un ruolo che non può essere relegato nel privato, anzi «non può e non deve neanche restare ai margini nella costruzione di un mondo migliore, né trascurare di “risvegliare le forze spirituali” che possano fecondare tutta la vita sociale… La Chiesa “ha un ruolo pubblico che non si esaurisce nelle sue attività di assistenza o di educazione”, ma che si adopera per la “promozione dell’uomo e della fraternità universale”» (276).

Sognare insieme

È difficile riassumere un testo così articolato, che merita certo approfondimenti, che proveremo a fare. Fra i tanti messaggi che “Fratelli tutti” ci consegna, ne amo particolarmente due.

Il primo è che abbiamo bisogno di sognare, e di sognare insieme: «Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è; i sogni si costruiscono insieme» (8).

Il secondo è che l’amicizia con i poveri è il perno attorno a cui costruire percorsi che possono davvero cambiare il mondo. E anche la Chiesa.

3 risposte a “ “Fratelli tutti”. «La vita è l’arte dell’incontro, anche se tanti scontri ci sono nella vita»”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Significative le risonanze a sx, tra cui segnalo:
    https://www.facebook.com/197611081853/posts/10157188616791854/
    Appena trovo qualcosa di Salvini….

  2. Maria Teresa pontara pederiva ha detto:

    Grazie, Paola
    Per questo aiuto alla lettura di un documento che sono convinta lascerà un segno anche fuori dai confini ecclesiali. Un motivo in più per conoscerlo bene e metterlo in pratica.

  3. Francesca Vittoriavicentini ha detto:

    La Chiesa con questa lettera si fa strumento, soggetto, assieme a tutti i governanti della Mondo che al tavolo delle decisioni discutono come intervenire a governare un mondo che in questo momento si rivela malato con febbre.E’ questa febbre di che sono le frizioni tra Paesi in procinto di sfociare in guerre che necessitano essere ricondotti a una presa di coscienza circa il dovere di salvaguardare la pace con una fratellanza dissuasiva al ricorso delle armi. Le idee che scaturiscono dalla saggezza anche delle Chiese, sono a supporto della debolezza umana. Questa Lettera del Santo Padre Francesco è un coraggioso imporsi al di sopra delle parti Come persuasivo richiamo a priorità quali la salvaguardia della vita umana,di interventi sulla Natura le cui leggi sono state alterate da uno sfruttamento disarmonico reso evidente da impressionante cambiamento di effetti climatici, scoraggianti i danni . Ecco che in soccorso sono i buoni sentimenti decisivi a essere influencers efficaci.

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