Figli di Abramo, pane e pietre

La vita sacramentale è ciò che nell’ordinario sostiene la Chiesa, la unisce nella Comunione dei santi, crea un ponte fra terra e Cielo che si manifesta nella presenza viva del Cristo sull’Altare
1 Maggio 2020

In questi giorni e in questo periodo si parla e si discute molto sulla possibilità di riaprire le chiese al culto pubblico, permettendo ai fedeli di partecipare all’Eucaristia. Ci sono problemi di salute pubblica da considerare, e questioni teologiche in ballo.

Dal punto di vista della salute, sono profondamente vicina a tutti coloro che, in nome della carità che ci impone di farci carico della salute nostra e soprattutto di quella delle persone più deboli, invocano la prudenza. Prendersi cura degli altri è un comandamento altissimo, che non possiamo trascurare.

Per cui, anche se personalmente non vedo l’ora di tornare a Messa, sono disposta a rinunciare ancora per qualche tempo se questo può salvare delle vite umane, soprattutto quelle più fragili.

Tuttavia, quello che francamente mi preoccupa moltissimo, è che vedo in molti ambienti ecclesiali una tendenza a sminuire il valore fondante dell’Eucaristia come sacramento e come celebrazione, e del ruolo che ha nel radunarci intorno a Cristo.

Ecclesia de Eucharistia, il Papa Giovanni Paolo II titolava una sua enciclica; e non possiamo essere veramente Chiesa se non viviamo e ci nutriamo dell’Eucaristia, come hanno fatto innumerevoli santi (canonizzati e non) prima di noi.

Poi, è vero che Dio non è limitato dai Sacramenti, e può farci giungere la sua Grazia in abbondanza anche in assenza della Comunione sacramentale. Tuttavia, mi sembra che la situazione debba distinguersi tra ordinarietà e straordinarietà. Faccio un esempio.

Le leggi della natura sono opera di Dio, ed Egli ha creato il mondo in modo che possa sostenersi e andare avanti secondo quelle leggi; ordinariamente, perciò, Egli non interviene in modo diretto, e la sua azione creatrice e provvidenziale si manifesta nel sostenere il mondo tramite quelle stesse leggi “ordinarie”. Ciò non gli impedisce, naturalmente, di intervenire straordinariamente con quei segni e miracoli che fanno parte comunque della nostra fede.

Ora, se io sono gravemente ammalata, Dio può sempre e comunque donarmi la grazia della guarigione con un miracolo, anche all’ultimo istante. Ma se io mi rifiuto di andare dal medico e mi aspetto che Dio mi faccia la Grazia, non agisco certamente in modo corretto.

La vita sacramentale è ciò che nell’ordinario sostiene la Chiesa, la unisce nella Comunione dei santi, crea un ponte fra terra e Cielo che si manifesta nella presenza viva del Cristo sull’Altare. Poi, Dio “può far sorgere figli di Abramo da queste pietre”, come dice Gesù: Egli non è limitato né da riti, né da tribù, né (persino) dai sacramenti. Ma se noi gli chiediamo di trasformare le pietre in pane, stiamo facendo come il tentatore: normalmente, il pane bisogna farlo con la farina, con la fatica, e con l’amore.

E senza il Pane non possiamo vivere.

3 risposte a “Figli di Abramo, pane e pietre”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Mi/ci manca Eucarestia. OK. Ma la Messa? Provata quella da congiurati a porte sprangate? Io sì.
    Ma anche la messa std senza comunione tra fedeli, partecipazione, ecc..
    NO.
    Al max la Parola.
    Ma quella la trovo in ogni luogo e tempo

  2. Francesca Vittoria Vicentini ha detto:

    La Santa messa viene teletrasmessa, così come il Rosario, e devo dire, che non manca lo spirito di partecipazione, e anche da parte del celebrante la partecipazione appare meno formale, servizio di routine, più preghiera consacrata. È’ vero che anche l’edificio più ricco di opere d’arte se è vuoto e’ vuoto di presenza umana, partecipiamo da telespettatori ma Gesù Cristo entrava nelle case….Dio entra ugualmente in casa,se lo preghiamo. Certo il pericolo di contagio ci obbliga a rinunce, non accedere al tempio, per altra storia anche gli Ebrei umilmente e con fede pregano Dio dall’esterno, al muro del tempio, con la stessa Fede da tanti secoli fino ad oggi. Per noi speriamo sia per giorni! Certo farebbe piacere poter ricevere la comunione, perché non rendere possibile questo, magari anche dall’esterno? In fila, distanti, con mascherina, sul sagrato della chiesa?

  3. gilberto borghi ha detto:

    La pienezza della vita di fede ci è data nell’eucarestia. Anche io non vedo l’ora di poter tornare a messa!! E la domanda che continua a ritornarmi è: per me che credo nel Dio amore di Gesù Cristo, è più importante eticamente rinunciare momentaneamente alla pienezza dell’eucarestia o limitare il rischio per la salute di altri e mia? Non è un problema teologico, ma etico. Siamo davvero sicuri che Paolo usi un paradosso quando dice: “Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli”. (Rm 9, 3) Vale solo per gli Ebrei? Vale solo per la vita spirituale dei fratelli? Lo stesso esempio del medico si può leggere a rovescio: “se io mi rifiuto di andare dal medico e mi aspetto che Dio mi faccia la Grazia, non agisco certamente in modo corretto”. Se io mi aspetto che Dio faccia il miracolo di proteggere coloro che vanno a messa mettendo a rischio la loro vita e quella degli altri non agisco in modo corretto.

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