Fede e dubbi

Che effetto produce, sul piano comunicativo, testimoniare una fede senza dubbi?
18 Maggio 2022

“Il non credente che è dentro di me”. Qualche giorno fa, seduti ad un bel pranzo di matrimonio, un prete che stimo, parlando della condizione della fede dei suoi parrocchiani, citava a proprio carico questa espressione, che nell’interlocutore del suo racconto aveva procurato un certo disagio. Mi è ritornata in mente rileggendo, per lavoro, un testo del card. J.H.Newman: “Si consideri poi che la legge che segue sembra sovraintendere al conseguimento della conoscenza da parte nostra: tanto più essa è desiderabile, per eccellenza, ambito o complessità, tanto maggiore e la sottigliezza delle prove in base alle quali viene accettata. Siamo costituiti in modo tale che, se insistiamo sull’essere tanto certi quanto più è possibile in ogni stadio del nostro percorso, dobbiamo accontentarci di strisciare per terra, senza mai poterci levare in volo. Se siamo destinati a grandi fini, siamo chiamati a grandi rischi; e, poiché non ci viene data certezza assoluta in niente, dobbiamo in tutte le cose scegliere fra il dubbio e l’inazione”. (Sermone XI)

Il dubbio, perciò, fa parte della fede, cosa che Newman esprime in modo icastico in una sua celeberrima frase: “Mille dubbi non fanno una mancanza di fede”. Ma oggi sembra che tale consapevolezza, in molti fedeli cattolici, sia stata dimenticata. Parlando con parecchie persone di ambito ecclesiale, anche persone che stimo e sulla cui fede metterei davvero la mano sul fuoco, mi capita spesso di percepire una sorta di intenzione di fondo, mai esplicitata ma molto presente, che cerca di mostrare come avere fede sia una condizione interiore in cui il dubbio viene eliminato, come se esistesse una legge secondo cui più cresce la fede e meno sono presenti dubbi nella persona credente.

Mi è venuto da riflettere su questa percezione che avverto diffusamente: nella fede cristiana funziona davvero così? Personalmente non sono d’accordo. Se credo che Dio mi ami, dentro di me ciò si appoggia sulla percezione, attuale o passata, che il suo amore mi raggiunge, mi tocca e io ne sono consapevole. Ma questa percezione non è mai capace di riempire totalmente il mio spazio interiore di ricerca della verità, tanto che posso comunque sempre continuare a dirmi, che me la sto raccontando, che forse quella percezione di sentirmi amato è solo frutto della mia mente. Credere perciò, per me significa che io decido di continuare a pensare che tale percezione è frutto dell’opera di Dio dentro di me, e i dati percettivi che possiedo non sono mai tali da “costringere” la mia coscienza ad assentire a tale verità per la luminosità interna che essa produce dentro di me.

Se fosse così, in realtà vorrebbe dire che la mia fede è “obbligata” dal dato percettivo e io non sarei più libero di accettare o meno la presenza di Dio dentro di me. Cosa diciamo, perciò, quando affermiamo che la fede è dono di Dio? Diciamo che Lui pone il suo amore dentro di me, in una condizione tale da essere percepibile, ma non da essere costringente e sostiene misteriosamente la mia volontà nel continuare a decidere che tale percezione è frutto della sua presenza e non della mia allucinazione. Non si tratta perciò di una tegola che ci cade sulla testa a prescindere dalla nostra volontà, ma di una sinergia tra la mia volontà e la sua, che lascia comunque sempre libera la mia mente di assentirvi o no.

Se le cose stanno così, allora è inevitabile che restino dei dubbi nella mia mente di credente e nel mio cuore di amante, che non possono mai essere tolti e che segnano il fatto che i miei limiti come essere umano non vengono mai tolti, fino a che siamo su questa terra. La fede, cioè, se è autentica, se è atto libero di risposta all’amore di Dio, si nutre dei dubbi e resta sempre in bilico tra lo stare e il cadere. Molti santi, soprattutto mistici, parlano della “notte dello spirito”, quella condizione in cui la crescita nella fede, invece di rendere sempre maggiore luce alla loro mente e calore al loro cuore, al contrario aumenta i dubbi e la percezione della distanza tra loro e Dio.

Conseguenza. Possiamo presentarci con onestà spirituale a chi non ha fede, mostrando tutte le nostre certezze e oscurando i nostri dubbi? Che effetto produce, sul piano comunicativo, testimoniare una fede senza dubbi? Attrae o respinge? Forse attrae chi desidera non avere dubbi, ma il rischio è quello di spingerli a credere in un Dio che sta dentro la loro misura umana e, quasi, diventa controllabile. Chi, invece, vuole restare umano e mantenere aperta la tendenza alla verità, spesso sente disagio e repulsione di fronte ad una fede senza dubbi.

Facciamo, allora, un buon servizio alla fede quando, armati di certezze incrollabili, promuoviamo crociate etiche o spirituali? L’anno scorso, durante la testimonianza a scuola di una suora che si occupa di violenza sulle donne, un ragazzo le chiese come si comportava davanti a donne che vogliono abortire: “Di sicuro non mi troverete sulle barricate anti abortiste. Le accompagno con l’amore che posso, anche durante e dopo l’aborto. Loro sanno bene cosa ne penso io, ma nessuna ha mai rifiutato la mia presenza”. Un mio collega, ateo dichiarato, esclamò: “Proprio da una suora dovevo venire per trovare quello che penso sia giusto?”

 

11 risposte a “Fede e dubbi”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    …..più cresce la Fede e meno sono i dubbi….se esiste dubbio . È’ un problema intellettuale ? Forse conviene accettarsi per quello che siamo, cioè se Dio esiste, poiché è il Bene. ! Lo si riconosce facendo l’opera, manifesto e compio un atto di fede in Lui. E’ dunque un dono per noi che Egli esista Non soggiaccio alla sua volontà perché sono io che ho deciso, la ragione, e i sentimenti mi hanno indotto a riconoscerne il bene, ho optato per unBene. se il dubbio esiste, è la fede che lo elimina esso è esistito prima della decisione. Questo mi viene di pensare . Se ho dubbi mi rassegno, ma seguire un Suo consiglio E atto di fede, conta La fiducia che ho posto. “fare una guerra è un male causa fare vittime.e umane! vi è una ragione la mia; anche costringo chi si difende a fare vittime. Si realizza in entrambi i casi il male.Diversamente comporta sacrificare qualcosa ma anche optare per ilBene.

  2. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Cito:
    E così fa (con non inaspettato doppio standard) pure l’articolo, che ammette ogni dubbio sugli aspetti dottrinali ed esistenziali della fede cattolica, ma non ammette alcun dubbio sul proprio approccio.

    Imo qui sta il centro della mia Fede:
    Io credo, anzi e meglio, io VOGLIO credere
    per una ‘dottrina’ che è mutevole, legata all’hic et nunc… , Per tanti comportamenti esistenziali, per gli stessi Riti, lori manifestazion…
    Oppure VOGLIO credere perché ho incontrato Gesù?
    Fede di cervello. Di concetti?
    Serve a niente.

  3. Luigi Puddu ha detto:

    Articolo imbastito su un “falso problema”. Non perché non si dia di dover dubitare. Ma perché la fede, come “atto di affidamento a qualcuno”, è privilegio verso un qualcuno, giudicato degno rispetto a chiunque altro. Atto che va sempre riconfermato ma che, una/ogni volta che è agito, ha una propria esclusiva ineludibile. E lo conferma la parte finale dell’articolo stesso. Non è in discussione se la suora in questione agisca bene o male (di sicuro agisce benissimo). In discussione è che non dubita della bontà delle sue scelte operative… E così fa (con non inaspettato doppio standard) pure l’articolo, che ammette ogni dubbio sugli aspetti dottrinali ed esistenziali della fede cattolica, ma non ammette alcun dubbio sul proprio approccio.

    • gilberto borghi ha detto:

      Luigi, un conto è decidere che la propria azione deve essere quella e decidere di agirla con tutto sè stessi e un conto è pensare che quell’azione sia ASSOLUTAMENTE giusta, nel senso che non ne possono esistere altre giuste nella stessa situazione. Avere fede richiede la prima condizione, ma esclude la seconda, altrimenti non sarebbe un atto di fiducia, ma di conseguenzialità matematica.

  4. Rancesca Vittoria vicentini ha detto:

    Si,la Fede è dono,prima la riceviamo dai genitori che per fede ci portano a essere battezzati in Chiesa, e dalla Chiesa riceviam insegnamenti, come vivere da cristiani, e riceviamo tutto quel l’aiuto spirituale elargito attraverso i ministeri che esercita a sostegno della nostra fede. nei quali Cristo si fa presente, vicino a ogni singolo uomo che lo cerchi. Poi , sta alla nostra libertà scegliere se vivere secondo il Vangelo cristiano . Quanto se siamo cristiani saranno le opere a dimostrarlo . Quanto siamo fedeli lo dicono le nostre scelte dalla volontà ; siamo liberi, siamo deboli, abbiamo i limiti della natura umana, suscettibili a mancanze, infedeltà ma è per Fede se i superano ostacoli, e riceviamo in dono quel coraggio di saper accettare anche il sacrificio che comporta l’amare Cristo nei fratelli. Come gli Apostoli, l’hanno conosciuto, seguito, gli hanno voluto bene, hanno creduto alla Sua Parola, hanno dato la loro vita ricevendo la Sua

  5. Enrico Parazzoli ha detto:

    D’altra parte anche sant’Agostino scriveva: “Cerchiamo con l’animo di chi sta per trovare e troviamo con l’animo di chi sta per
    cercare” (De Trin. 9, 1, 1). C’è dunque tensione continua tra un desiderio di chiarezza e comprensione, che ci fa essere appassionati pellegrini delle cose di Cristo, e la percezione umile che l’esperienza della fede non mi rende uno sbandieratore di certezze, salvo affidarmi all’unica ‘imperfetta’ (dal punto di vista umano) certezza – cui mi guida solo lo Spirito – che Gesù è verità dell’uomo, non in senso ideologico ma esistenziale.

  6. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Up yo date, pls!
    1) tutto ciò che entra in noi viene da dentro=interno
    Oppure da fuori=esterno
    Tertium non datur.
    2) corpo, quindi sensi, e psiche sono così collegati da essere trattati dalla scienza moderna come una cosa sola.
    3) quindi l’uomo è prima di tutto percezione. DOPO qs vengono elaborate, diventano pensieri, idee, ecc
    In UNA para: PSICHE.
    Infine togliere essa all’Uomo è ucciderlo, impedirgli semplicemente di essere.
    Anche nella relazione con Dio.

  7. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Borghi parla di “ percezione di sentirsi amato”
    Quando si comincia a parlare di “ percezione” siamo gia’ fuori dall’ ambito spirituale ed entriamo nell’ ambito psicologico.
    Questo non sono io a dirlo ma lo insegnano tutti i maestri di spiritualita’ anche non cristiani: l’ esperienza spirituale NON e’ una esperienza psicologica.
    . La “ percezione che Dio mi ama” e’ qualcosa di psicologico , la fede e’ un’ altra cosa. I martiri , di tutti i tempi fino ad arrivare ai martiri copti sgozzati dall’ Isis dei nostri tempi,
    certo non hanno dato la vita per una “ percezione” soggettiva . O si crede ( a volte con dubbi) che Dio realmente esiste , e’ un Essere esistente, anzi e’ l’ Essere per eccellenza , o se riduciamo tutto a “ percezioni” “ sensazioni” siamo fuori dall’ ambito spirituale . Siamo nel campo delle illusioni e della religione oppio del popolo.

  8. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Se le cose non stessero così, se gli anatemi del VAT fossero oggi validi.. quale responsabilità al mio credere? Quale partecipazione? Io VOGLIO credere, è cmq e sempre una MIA scelta/decisione, ma che si basa su una valutazione dei dubbi e probanti. Dio NON , è un burattinaio, gridiamolo sui tetti

    PS
    Una conseguenza derivante: posso io criticare il mio fratello x alcuni suoi atti/credenze?
    A parte il passo evangelico che me lo chiede, è quanto sopra, tutti quello che scrivi, a permettermelo.
    Nello specifico: la Comunione in bocca. TUTTI sulla mano. Loro due no. Costringendo il Prete a disinfettarsi dopo di loro. Costoro hanno letto Cristo sulla ‘purezza’ ebraica??

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