Evangelizzazione in stile sinodale

Contenere l’ansia di evangelizzare, per ascoltare prima e meglio l’umanità d’oggi, così da tornare ad essere veramente significativi…
28 Dicembre 2021

Il viaggio del Papa a Cipro e in Grecia, oltre ad aver mostrato quante perle possono crescere nel dialogo anche conflittuale, ha toccato alcuni nodi della «dimensione sinodale» (come l’evangelizzazione, la democrazia, il potere gerarchico, le strutture) relativi a questioni pastorali decisive che, come Chiesa, ci trasciniamo dietro ormai da anni. In questo contributo mi soffermerò sul nodo dell’evangelizzazione, per affrontare in un secondo momento quelli legati alla t/Tradizione e alla democrazia.

 

– Il senso (odierno) dell’evangelizzazione

Nel discorso al Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa di Cipro, una certa ansia di evangelizzazione viene contenuta – pur restando quest’ultima (come “sospesa”) nell’orizzonte del processo sinodale – perché si è consapevoli che oggi è necessario innanzitutto «fermarsi» (card. Grech), «fare sosta» (card. Bassetti), «darsi tempo per pensare» (A. Matteo) e «prestare attenzione alle domande della gente, ai loro bisogni esistenziali. Per essere figli della consolazione, prima di dire qualcosa, occorre lasciarsi interrogare, scoprire l’altro», «porci in docile ascolto» e «abbattere tanti preconcetti».

Il rischio, altrimenti, è di continuare ad evangelizzare con parole e gesti che non riescono più ad essere adeguati, pertinenti, significativi, sensati per i cuori e le menti dell’umanità odierna. Dice bene Armando Matteo: «non possiamo continuare a rispondere a domande che nessuno ci pone più». Pensiamo ai giovani, ricorda il Papa al mondo ecclesiale greco, che «si interrogano, su alcune cose diventano un po’ critici. Ma va bene anche questo, perché aiuta noi come Chiesa a riflettere e a cambiare»; pensiamo all’«atteggiamento del vero apostolo: andare avanti con fiducia, preferendo l’inquietudine delle situazioni inattese», «la fatica e talvolta la frustrazione di (…) un contesto non sempre favorevole».

Come avevo già scritto (qui): «finché si continuerà a pensare che la Chiesa esce da sé solo per offrire risposte a domande (anche critiche) che restano però solo funzionali al (pur importante) approfondimento e rinnovamento delle risposte stesse, allora sarà difficile un cambiamento sostanziale. La conversione che ci sta chiedendo Papa Francesco consiste – crediamo – nel pensare e praticare l’uscita come tentativo di ricercare nell’altro risposte (ovviamente donate dall’Altro) a domande – espresse o inespresse – che la comunità ecclesiale si porta dentro. L’aneddoto di Pietro e Cornelio, reso giustamente paradigmatico dal Documento preparatorio al Sinodo (§22-24), non ci parla in fondo di questo mutuo scambio tra Chiesa (presunta solo) docens e umanità (presunta solo) discens?».

Quindi, come ha affermato il card. Grech, «ben vengano le domande perché aiutano a crescere insieme», anche quelle «rischiose», anche quelle che scuotono «le fondamenta» e mettono «paura». Perciò, di fronte allo stesso mondo ecclesiale greco, il Papa ha ricordato che nell’evangelizzazione lo Spirito Santo opera «al di là delle etichette religiose», per cui si evangelizza con vero «sguardo spirituale sulla realtà» quando si evita di «occupare lo spazio e la vita dell’altro, (…) imparando anzitutto ad accogliere e riconoscere i semi che Dio ha già posto nel suo cuore, prima del nostro arrivo… Dio precede sempre la nostra semina. Evangelizzare non è riempire un contenitore vuoto, è anzitutto portare alla luce quello che Dio ha già iniziato a compiere».

In definitiva, come già evidenziato (qui e qui), evangelizzare consiste più nell’essere «lievito» della semina Altrui che nell’effettuare una propria semina (pur dei semi Altrui). È la «pedagogia» del «dialogo accogliente», di cui parlava san Paolo VI (Ecclesiam suam, I,15; III), che prima di tutto riconosce e accoglie – con «lo stile dell’ospitalità» – la «ricchezza» della «sensibilità religiosa» altrui, e solo successivamente procede – «con gentilezza» e con «stile propositivo» – all’annuncio, senza alcuna ansia. Lo stesso «Benedetto XVI disse che a noi devono stare molto a cuore le persone agnostiche o atee, ma che dobbiamo fare attenzione perché “quando parliamo di una nuova evangelizzazione, queste persone forse si spaventano. Non vogliono vedere sé stesse come oggetto di missione”».

Si comprende allora perché Papa Francesco richiami (forse per la prima volta in relazione alla questione sinodale) la necessità di rimettere al centro, ancora una volta dopo duemila anni, il «“laboratorio” per l’inculturazione della fede»: esso sarà utile anche «alla nostra attuale elaborazione della fede», in quanto «“la grazia suppone la cultura, e il dono di Dio si incarna nella cultura di chi lo riceve” (EG, 115)». Non ha ragione, quindi, Giuseppe Savagnone ad affermare che «il terreno decisivo dove si è consumata la frattura tra Vangelo e vita sociale è quello della cultura»? Per cui «se i cattolici non ritrovano una creatività e un mordente culturale che trasformi la mentalità delle persone, il progressivo allontanamento della gente dalla fede sarà inevitabile»?

 

 

5 risposte a “Evangelizzazione in stile sinodale”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Solleva tanti discordi pareri circa Scuola in presenza o il protrarla in Dad o ancora in attesa di sicurezza. La risposta circa l’importanza di Si aperta,fosse pure per solo coloro che si presentino è data dalla considerazione di quanta speranza raggiunge tutti quelli che per motivi di salute oggi sono impediti,ma non vedono l’ora di tornare. Di Speranza oggi c’è bisogno per non far naufragare i sogni,proprio un timore che si sta affacciando e impensierire medici e genitori. Proprio dalla venuta di Cristo troviamo questo dono, era un mondo a rischio chiusura su se stesso, una umanità che camminava senza luce. Ha evangelizzato i suoi è voluto la Chiesa per questo. Manca lo Spirito cristiano? Oggi c’è bisogno di questo e vuol dire il coraggio di esporsi per dare sostegno a chi fatica o è dimenticato; sono molti i giovani malati e famiglie che li curano bisognose di maggior sostegno,vicinanza!

  2. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Scrive Emanuela:
    “Ho l’impressione che si possa credere al Natale senza credere nell’Incarnazione.”
    Ho l’impressione che oggi un cattolico possa credere a re-incarnazione, niente post-mortem, Covid vendetta di Dio e quant’altro senza che nessuno sobbalzi sulla sedia. Si è passati da Inquisizione a Sillabo a skomuniche varie a “TU non sei kattolico! e finalmente ad uno stato di abulia in cui nessuno sobbalza più sulla sedia, anzi resta seduto, attaccato alla sua sediolina incurante di quanto lo circonda. Tanto! si dà x scontato che non siamo + credibili( vero).
    Magari attaccato al manzoniano latinorum del DEPOSITUM FIDEI ma si è scordato della Parola.

  3. Lorenzo Fantacci ha detto:

    Come sono vere queste parole: (e davvero sfidanti per la maturazione cristiana)
    “… finché si continuerà a pensare che la Chiesa esce da sé solo per offrire risposte a domande (anche critiche) che restano però solo funzionali al (pur importante) approfondimento e rinnovamento delle risposte stesse, allora sarà difficile un cambiamento sostanziale. La conversione che ci sta chiedendo Papa Francesco consiste – crediamo – nel pensare e praticare l’uscita come tentativo di ricercare nell’altro risposte (ovviamente donate dall’Altro) a domande – espresse o inespresse – che la comunità ecclesiale si porta dentro …”

  4. Sergio Di Benedetto ha detto:

    “è necessario ristabilire l’armonia tra i moderni senza fede e i credenti senza modernità” (Jean Guitton). Direi che è tutto qui, con una nota: la povertà culturale oggi è disarmante, ma la povertà culturale dei cristiani, nella stragrande maggioranza, è ancora più disarmante.

  5. Emanuela Sangaletti ha detto:

    Penso anch’io che stiamo assistendo (e già da molto tempo) a un processo di esculturazione della fede. Le ragioni sono molte… Ma il non riconoscimento della natura e centralità della mediazione culturale credo interroghi la fede stessa. Ho l’impressione che si possa credere al Natale senza credere nell’Incarnazione.

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