Eroi o santi?

Prima di cercare reliquie, segni miracolosi e guarigioni dovremmo interrogarci sullo stile di vita che la Chiesa, proclamando un nuovo santo, vuole promuovere come modello. E da questo punto di vista, nella beatificazione di Carlo Acutis, ci sono diversi aspetti che mi hanno lasciato perplesso...
21 Ottobre 2020

“Gli eroi son tutti giovani e belli”, cantava Guccini nella sua Locomotiva: in effetti sono secoli che li immaginiamo così, da quando gli antichi greci parlavano di “kalokagathìa”, la bellezza esteriore inscindibile dalla spiccata moralità. Gli eroi classici erano personaggi mitologici, come Ercole: mortali che godevano del favore particolare degli dèi, i quali, come premio per le loro fatiche, concedevano ­loro di partecipare alla vita immortale. Diventati semidei, proteggevano il popolo dall’alto, illuminandolo sotto forma di costellazione.

Nella transizione dal paganesimo al cristianesimo si è conservato il culto dell’eroe -tramutato in santo o in beato-, seppure con una sostanziale differenza: ad eccezione di pochi casi (ad esempio San Cristoforo, la cui esistenza affonda nel folklore), i nostri “eroi” sono state persone in carne ed ossa che hanno offerto la propria vita per il Vangelo. Il loro culto è autorizzato e benedetto dalla Chiesa cattolica, che riporta nel Catechismo le parole di San Policarpo di Smirne (§ 957): «noi adoriamo Cristo quale Figlio di Dio, mentre ai martiri siamo giustamente devoti in quanto discepoli e imitatori del Signore e per la loro suprema fedeltà verso il loro re e maestro; e sia dato anche a noi di farci loro compagni e condiscepoli».

Ecco chi sono i santi per noi cristiani: non certo semidei pagani, protettori quasi magici di noi mortali, ma persone vive e vere, che nella loro quotidianità hanno imitato Cristo fino in fondo, mostrando a noi un esempio. Non è l’atteggiamento di adorazione che ci spinge a guardare la loro vita (poiché “noi adoriamo Cristo”), bensì di ammirazione ed emulazione. Siccome non tutti sono degni di essere riconosciuti modello da emulare, dal 1588 esiste un vero e proprio processo, solitamente lungo e costoso, in cui avvocati e consulenti specializzati cercano di interpretare i segni della Grazia, valutando se procedere alla canonizzazione.

La proclamazione di un santo o di un beato, perciò, è un fenomeno umano, naturalmente influenzato dal contesto storico, sociale e anche politico: al tempo delle persecuzioni erano santi i martiri che rifiutavano il paganesimo, nel Medioevo lo erano gli esponenti di spicco degli ordini monastici, al tempo del colonialismo i missionari, nel ‘900 diversi perseguitati da comunismo o nazismo, e così via. La maggior parte degli oltre 1700 santi venerati dalla Chiesa cattolica è stata proclamata negli ultimi 150 anni, più della metà dai soli papi Giovanni Paolo II e Francesco. Contando anche i beati, i numeri vanno moltiplicati per dieci. Fra tutti costoro ci sono uomini, donne, adolescenti, ricchi, poveri, potenti, umili, laici, religiosi, ignoranti, colti e persone di nazionalità differenti. Rilette oggi, molte delle loro storie potrebbero stupirci o darci scandalo: alcuni santi hanno ucciso, altri erano autolesionisti o depressi, alcuni hanno maltrattato animali, altri picchiato persone, alcuni infine erano esponenti di famiglie nobili, che non avevano contatti con la gente. Perdere di vista l’umanità di queste storie ci fa vedere il fenomeno con un’ottica sbagliata: la santità cammina con noi ed è alla portata di chiunque, purché sia disposto ad accogliere la Grazia di Cristo e a mettere in pratica il Vangelo con la propria vita, anche nelle avversità e nella nostra fallibilità.

Allora prima di andare a cercare reliquie, segni miracolosi e guarigioni “inspiegabili alla luce delle attuali conoscenze mediche” (formula paradossale che accompagna i referti specializzati), dovremmo interrogarci sullo stile di vita che la Chiesa, proclamando un nuovo santo, vuole promuovere come modello per i cattolici della sua epoca e di quelle successive. È quello che mi sono chiesto in occasione della beatificazione di Carlo Acutis, e ci sono diversi aspetti che mi hanno lasciato più che perplesso.

Di lui più che l’attitudine alla socialità e la pratica di volontariato è stata magnificata la sua devozione per i sacramenti; più che la sua assiduità nella lettura delle scritture, la sua frequenza alle messe. Anche la passione per l’informatica, qualità assai comune alla sua età, è stata celebrata oltremodo, portando come esempio il suo sito internet dedicato ai miracoli eucaristici: avvenimenti riconosciuti secoli fa, facilmente reinterpretabili “alla luce delle attuali conoscenze mediche”, che appaiono quantomeno pittoreschi agli occhi di un giovane di oggi. Insomma, di un bravo ragazzo, dalla personalità ancora in evoluzione, che probabilmente cercava di portare avanti la santità del quotidiano si è preferito fare una macchietta, raccontando quegli atteggiamenti che anziché renderlo un modello per il XXI secolo lo proiettano indietro di decenni.

A un adolescente la Chiesa chiede dunque di incarnare questa idea di santità: venerare i miracoli, andare a messa più degli altri e confessarsi continuamente? Io penso che si possa chiedere di meglio; ma per capire cosa e come occorre rinnovarsi, ricalibrarsi sulle reali dinamiche dei giovani del nostro tempo. Solo così possiamo permettere agli adolescenti di aderire più autenticamente ad un progetto di vita cristiano o magari di reinventarlo; senza necessariamente dover somigliare ad un modello di santità che qualcun altro sceglie per loro. Un progetto che si nutra nell’Eucarestia ma abbia una spiccata dimensione sociale; con la consapevolezza che «non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli».

9 risposte a “Eroi o santi?”

  1. Elena Tedeschi ha detto:

    Mi permetto di suggerire la lettura di un interessantissimo libro: “Un cardiologo visita Gesù”, di Franco Serafini (medico cardiologo), Edizioni ESD 2018, in cui vengono passo passo documentati gli studi e le ricerche scientifiche aventi per oggetto alcuni di questi “miracoli”, remoti e attuali.
    E anche se li vogliamo chiamare semplicemente “segni eucaristici” anziché “miracoli” (come volle l’allora arcivescovo di Buenos Aires card. Bergoglio nell’autorizzare il culto del triplice evento straordinario avvenuto nel 1992-1994-1996 in quella città, eventi tuttora sconosciuti ai più), la loro valenza di eventi inspiegabili scientificamente non cambia e suscita profondi interrogativi negli animi aperti al mistero dell’Amore Divino come certamente era quello di Carlo Acutis.

    • Daniele Gianolla ha detto:

      Le propongo un paradosso: immaginiamo che un evento venga definito inspiegabile, quindi miracoloso. Se anni dopo un medico (onesto, credente e in buona fede) riuscisse a spiegarlo, questo annullerebbe la santità di chi ha compiuto il miracolo? Vede, io non contesto la possibilità che avvengano eventi prodigiosi, dico che non penso siano una base solida per fondare la nostra fede.

  2. Elena Tedeschi ha detto:

    “…miracoli eucaristici: avvenimenti riconosciuti secoli fa, facilmente reinterpretabili “alla luce delle attuali conoscenze mediche”, che appaiono quantomeno pittoreschi agli occhi di un giovane di oggi”.
    Dispiace che chi propone commenti su Vino Nuovo dimostri una così pregiudiziale chiusura alle possibilità del soprannaturale e una così scarsa propensione all’approfondimento.
    I “miracoli eucaristici” non sono solo retaggio di secoli passati, in cui effettivamente le possibilità di conoscenza medica erano scarse, ma si sono ripetuti anche in tempi recenti (dal 1992 al 2013 almeno) e sono stati studiati ed esaminati minuziosamente alla luce delle più aggiornate conoscenze biomediche.
    Personalmente, i “miracoli eucaristici” non mi avevano mai colpita in modo particolare, ma quando qualche anno fa sono stata a Lanciano sono rimasta sconvolta.

  3. Daniele Gianolla ha detto:

    Personalmente mi riconosco nelle parole che Mons. Valentino Di Cerbo ha pubblicato sul sito di Memoria e futuro: “L’Autorità della Chiesa non “fabbrica” i santi, ma proclama tali quelli che hanno seguito fedelmente ed eroicamente il Vangelo. Questa considerazione indurrebbe a ritenere meno importanti le canonizzazioni/beatificazioni, perché il principale servizio della Chiesa alla promozione della Santità (anche quella “della porta accanto”, che non verrà mai proclamata) è la formazione alla sequela di Gesù, che sprigiona il livello più alto di umanità e fermenta il mondo di bene”

  4. Dario Busolini ha detto:

    Alla fine penso si debba lasciar fare ai giovani stessi: saranno loro a dirci nel prossimo futuro se la devozione al beato Carlo Acutis prenderà piede e si arriverà alla canonizzazione o resterà circoscritta. Aggiungo che mettere i santi sul piedistallo non è mai stato il miglior modo per farli conoscere ed imitare, ma lo stesso san Francesco fu messo sul piedistallo da san Bonaventura e nonostante ciò il suo carisma ha sempre attirato. Un vero santo in vita e anche dopo morto sarà sempre un po’ diverso dalla media degli altri, altrimenti dove sarebbe la differenza con chi santo non è? Inoltre non sottovaluterei a priori la presa di certi elementi tradizionali – e tra questi anche i miracoli, i sacramenti e la messa – sui contemporanei. Da esperienze fatte direi che è proprio il cristianesimo ridotto alla sola dimensione sociale quello che stanca di più.

  5. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Povero Carlo Acutis: pensa tu, si occupava dei miracoli eucaristici invece che dei cambiamenti climatici o degli indios dell’Amazzonia o
    dei diritti dei LGBT.
    Capisco che per molti cattolici odierni additare come modello un adolescente credente che si occupa di miracoli eucaristici e’fuori dal mondo.
    Almeno fosse stato come Greta Thumberg che vuole “salvare il pianeta” !
    Invece voleva salvare solo e modestamente la propria anima…che meschinita’!E poi qull’andare a Messa in continuazione che bigotteria! Faceva meglio a fare il volontario sulle navi delle ONG .
    😅😅😅

  6. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Però,mi si consenta aggiungere, oltre alle scelte che Dio manifesta, e a voler collaborare, vi sono strumenti moderni che la comunicazione offre: le trasmissioni di programmi dove si abbia a cuore una cultura è interesse a promuovere, es.nei talk show conduttori che prendono per se molto spazio e meno resta a coinvolgere persone presenti o quelli invitati a dare concreto supporto del tema in agenda. un servizio meno da nicchia da esaltare e più vicino a interpellare il corrente pensare da far conoscere, quale proposta da far avanzare per un vivere la migliore la realtà. Dare conforto, aiuto, speranza a chi fatica tirare avanti.Perché un Prof Nembrini e altre Eccellenze in tutti i campi di cui la Chiesa sembra poter contare, solo raramente incontrano il telespettatore ordinario,?, il quale non legge libri non solo perché non interessato. Un parlare meno icona di se stesso e più interessato allo , , Spotlight su quei ascoltatori che, da non fedeli, Che interessati danno ascolto.

  7. Maurizio Gentilini ha detto:

    Bravo Daniele. Per i giovani servono modelli di “santità feriale”, che scaturisca dalla vita di tutti i giorni vissuta in semplicità e povertà. La prospettiva “prometeica” di molti esempi tradizionali di santità, offerti come riferimento per la vita cristiana e costituiti da autentici “atleti di Dio”, non regge più. Come non reggono visioni palingenetiche di una società cristiana ancorate a questi modelli di santità, mentre i cristiani dovrebbero assumere la funzione di “lievito nella pasta”.

  8. Francesca Vittoria Vicentini ha detto:

    Spero però che tutto corrisponda a verità e non a un utilizzo di buone doti scoperte in una persona da proporre a modello per attirare giovan a scelte di più alti ideali rispetto a quelli offerti nelle piazze commerciali. Una cosa è certa però che comunque non è la Chiesa ma Dio che sceglie il suo farsi presente attraverso certi uomini in modo da farli suoi strumenti e presenza nel mondo. Sono p.qualunque ma si distinguono per lo spirito che anima il loro operato. Così come di certuni per scienze e arti. Se di Cristo è logico vederne l’agire e interesse alla Parola di Dio. Semmai va detto come di Pietro, che si è arrabbiato,che anche lui ha pensato come tutti ma si è distinto per delle doti che Cristo ha visto essere Lui e non un altro a Capo della Chiesa. da non far pensare a un bisogno della Chiesa di costruirsi nuova icona che incorniciata va a riempire un vuoto che la fa apparire non efficacemente maestra di vita

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