Erika,Rossella e l’esistenza di Dio

Sempre più spesso, invece, quando la fede nasce in loro, lo fa per l’esperienza di essere stati oggetto di un amore eccedente e gratuito, capace di aprire l’inatteso che ci libera,
27 Gennaio 2015

E’ una quinta bella. Mi ha dato soddisfazioni anche negli anni precedenti. All’inizio del modulo con cui presento la teologia delle grandi religioni, su Dio, sul mondo e sull’uomo, provo a “testare” la loro posizione rispetto all’esistenza di Dio. Prendo il gesso e scrivo sulla lavagna: Esiste Dio?

“Ma parliamo del Dio cristiano?”. Giovanni mette le mani avanti. “No, non necessariamente – rispondo – La domanda si riferisce ad un essere superiore, assoluto, che può anche assomigliare al Dio di altre religioni, o ad una idea che avete voi in testa”. “Ah, allora direi quasi sì – ribatte Giovanni”. Faccio il giro della classe: “Non lo so – ammette Valentina – a volte si a volte no”. Oppure Alberto: “Ci sono cose a favore e cose contro, non so dare una risposta chiara”. Ben presto mi rendo conto che la maggioranza netta sta nel “Non so”, mentre le due minoranze sono il sì e il no. 

“Beh, ragazzi, grattiamo un po’ sotto questa superficie”. E divido la lavagna in due: pro e contro l’esistenza di Dio. “Provate a trovare delle situazioni, dei ragionamenti, delle esperienze per riempire queste due parti”. Così, piano piano, iniziano. Erika: “Beh, se Dio ci fosse non capisco come possano accadere disastri naturali in cui muoiono, migliaia di persone alla volta, tra cui tantissimi bambini innocenti”. “Certo Erika,  – le dico – questo è lo scandalo forse più grande di fronte all’esistenza di Dio”. Ancora. Giusi: “Non c’è bisogno di pensare che esiste Dio per spiegare come nasce il mondo. Potrebbe essersi fatto da solo. E, anzi questo potrebbe non essere l’unico mondo esistente. Gli alieni ne sono una prova”. 

“Vuoi dire – ribatto – che sei certa dell’esistenza degli alieni?” “Bèh prof. Ci sono le prove. Di Dio mica ci sono, mica si vede, si sente”. “Quindi – le chiedo – una cosa che non si può vedere e toccare per te non esiste? Il tuo pensiero lo puoi toccare e vedere? Credo di no. Eppure non puoi dire che non esiste”. Salta su Lucia: “Ma forse anche di Dio possiamo avere delle prove. La mia amica mi ha raccontato che sua cugina è guarita da un mezzo tumore dopo che è stata a Medjugorje”. E ancora Rossella: “Ma non c’è mica bisogno di questo per credere in Dio. Io ci credo perché lo sento, perché sto bene quando penso a Lui e ho l’impressione che in qualche modo Lui mi ascolti. In fondo la vita è una bella cosa. Se alla fine tutto finisse e io non mi ricordassi nulla di quello che ho vissuto, a che sarebbe servito? Che senso avrebbe?”

Prendo la palla al balzo e metto lì la via finalistica di San Tommaso e, a seguire, l’intuizione ontologica di sant’Anselmo. E, nonostante siamo in un professionale, riescono ad arrivarci. Ma devo constatare che queste “vie” non li toccano molto. Non ci sono reazioni, né pro né contro. Allora, alla fine, di fronte ad una lavagna con 6 contro e altrettanti pro mi viene in mente Pascal: “Io scommetterei a favore – gli dico – In fondo se scommetto contro non ho né vantaggi né svantaggi. Il dolore innocente e i dubbi su come nasce l’universo, restano anche se Dio non esiste. Mentre se scommetto a favore almeno ho il vantaggio che nulla del bello che ho vissuto si perde e resta all’infinito”.

“No prof. non sono d’accordo”. Erika, che ha seguito senza perdersi una virgola, sembra voler chiudere il suo cerchio. “Cosa vale vivere una vita che non ti piace e che non sai che senso ha, addirittura all’infinito!! No, no, molto meglio che Dio non ci sia”. Non sono lì per convertire. Ma per insegnare. Perciò mi fermo sulla soglia del non credere di Erika. Ma due  considerazioni non posso non farle. 

Primo. La sua posizione nasce dalla percezione che la sua vita non è bella. E la sua idea su Dio è effetto di una motivazione che sta, per lei, su un piano non razionale, ma esistenziale. La conferma viene da Rossella, che invece crede in Dio perché ha una percezione bella della vita, contraria ad Erika. A dire che oggi, quando loro credono, non lo fanno più per salvare la vita umana dalla mancanza di senso, o per soddisfare il bisogno di un fondamento ultimo alla realtà. Sempre più spesso, invece, quando la fede nasce in loro, lo fa per l’esperienza di essere stati oggetto di un amore eccedente e gratuito, capace di aprire l’inatteso che ci libera, facendoci dire che la vita è bella. Quando questo non c’è, Dio, semplicemente, non è ammissibile. 

Secondo. Quando la fede nasce in loro, non lo fa nemmeno più sulla base di una appartenenza ecclesiale. Perché Rossella ed Erika si considerano entrambe “lontane” dalla Chiesa, mentre Lucia e Giusi invece sono entrambe dentro ad attività ecclesiali. A dire che l’essere di Chiesa taglia trasversalmente le loro posizioni su Dio, e che oggi, forse, per loro la fede può fondare la Chiesa, ma non certamente che la Chiesa possa fondare la Fede. Cioè che la loro ricerca spirituale si offre senza più mediazioni istituzionali. Magari fatta di mediatori celesti, angelici, magici, o di rivelazioni personali. Ma difficilmente di mediazioni che siano dentro il “recinto”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)