Nel precedente intervento ho cercato innanzitutto di inquadrare entro quali limiti valutare il menù – il cosa – della tavola sinodale proposto per la stagione autunnale 2024; in seguito, ho provato a verificare in esso la presenza di quel “minimo sinodale” che permette di non giudicare insipidi i piatti forti del menù attuale (e di quello – eventuale – futuro): essere un’ecclesia discens (discepolare, rabdomante, non «autosufficiente») che desidera, ricerca, coglie e impara dentro e fuori di sé dai doni autorevoli degli altri (in cui è presente l’Altro), i quali perciò – con la loro «diversità», «varietà» e «pluralità» – ne limitano l’autorità e il potere.
Solo una tale «logica (…) della missione», infatti, non impoverisce di senso – non “blocca” di fatto – i tanto declamati ascolto, dialogo, discernimento comunitario e potere decisionale condiviso, permettendo alla Chiesa in uscita di essere e quindi di praticare qualcosa di nuovo o di diverso rispetto alla Chiesa estroversa d’impronta woytiliana-ratzingeriana (anch’essa in fondo già attenta alle «forme concrete» della missione, alla «valorizzazione dei contesti, delle culture», ad una pastorale per «ambiti», alla partecipazione di molti se non di «tutti»). Solo sulla base di questa premessa, poi, è possibile verificare se e quanto sia reale la dichiarata intenzione degli osti sinodali di volere «andare oltre» i quattro piatti ormai consolidati, per “sbloccare”, per passare finalmente ad un come della tavola sinodale composto, se non da «cibi succulenti» e «vini raffinati», almeno gustosi e sinceri.
Scandagliando a fondo l’Instrumentum laboris (Il) mi sembra di ritrovare effettivamente alcuni come sinodali corrispondenti al cosa sinodale delineato.
1 – In merito all’ascolto e al dialogo è considerata ormai «frutto maturo» del cammino sinodale l’opportunità, insieme a un generale «rafforzamento» dei ministeri esercitati dai laici (uomini e donne), di riconoscere e istituire «un ministero dell’ascolto e dell’accompagnamento» (si noti il persistere dell’uso dell’inadeguata, se non equivoca, espressione accompagnamento al posto della più confacente ed evangelica compagnia o affiancamento). Alla preghiera e al discernimento sinodale spetterà, probabilmente, la meditazione intorno alle caratteristiche di tale nuovo ministero: in che senso questa «‘porta aperta’ della comunità» si distingua da uno sportello di ascolto psicologico o dai (già esistenti) Centri di ascolto della Caritas; in che termini, come segnalato dall’Il, non si riduca ad essere un modo surrettizio per non affrontare i motivi della (eventuale) carenza di ascolto e di dialogo da parte dei presbiteri e dei consacrati; verso chi debba essere rivolto questo ascolto (ad intra e/o ad extra?) e, di conseguenza, se non ci siano già delle figure ecclesiali che già pratichino (soprattutto ad extra) questo ascolto. Inserirei qui, per lo stretto legame tra ascolto e parola, un’altra significativa richiesta: la possibilità per i laici (uomini e donne) di «contribuire alla predicazione della Parola di Dio anche durante la celebrazione dell’Eucaristia» – con conseguente modifica, immagino, del CIC agli artt. 766 e 767, §1.
2 – In merito al discernimento comunitario si invocano in esso spazi di apertura verso chi – religiosamente, politicamente e scientificamente – “non è dei nostri”. Mentre, a proposito del potere decisionale condiviso (con i laici e con le donne), si considera riduttiva – e dunque «va corretta»! – la formula con cui l’attuale CIC (can. 127, § 2, 2°) intende il potere consultivo – «solamente consultivo (tantum consultivum)» – attribuito agli organismi ecclesiali di partecipazione. Senza dunque arrivare ad un vero e proprio potere deliberativo autonomo, rispetto a chi esercita il ministero di unità e comunione, si evidenzia però la necessità di ridefinire la “forza” di questo potere consultivo per limitare effettivamente il potere deliberativo di chi guida con autorità le comunità ecclesiali. Non a caso, seguono due ampi e forti richiami affinché questi organismi di partecipazione divengano anche i luoghi della trasparenza (delle nomine e delle decisioni) e della rendicontazione da parte di chi oggi esercita il potere deliberativo nella Chiesa. Non a caso, infine, si estende la ratio di questa proposta per cerchi concentrici, ipotizzando il riconoscimento alle Conferenze episcopali nazionali e regionali/continentali, rispettivamente, dell’autorità dottrinale e decisionale. Anche qui, immaginiamo che alla preghiera e al discernimento sinodale spetterà la meditazione su quali contorni più definiti (a livello di contenuti e di procedure) dare: 1) al primo rinnovato potere consultivo e dovere di trasparenza e di rendicontazione, soprattutto laddove emergano dei conflitti irrisolvibili; 2) al secondo potere dottrinale e decisionale.
Ora, come valutare questi due punti su cui si invita il Sinodo a lavorare? Un giudizio duro è stato formulato da Josè Arregi su Religiòn Digital affermando che il cammino sinodale è «in un vicolo cieco» perché «il clericalismo resta intatto» non essendo stato messo in discussione il ministero ordinato e il sacramento dell’ordinazione. Ora, sin dall’inizio del cammino sinodale è stato chiaro che questo punto sarebbe stato in sé “intoccabile”, mentre invece si sarebbe lavorato per declericalizzarlo mediante una serie di interventi volti a “svuotarlo” di quel potere che lo rende tale. In tal senso a me sembra che, invece, quanto previsto dall’Instrumentum laboris (trasparenza, rendicontazione, potere degli organismi di partecipazione e delle assemblee episcopali, ministero di ascolto e predicazione dei laici), se applicato a dovere all’interno di rigorose forme di controllo, possa “costringere” ogni autorità ecclesiale ad essere più autorevole e meno autoritaria. Senza sottovalutare il fatto che un’autorità da esercitare in modi più autorevoli che autoritari apparirà sempre meno attraente per chi cerca, dietro la retorica del servizio, il potere…
Il problema non è il voler esercitare un potere da parte dei laici.
Chi se ne frega del potere.
Il problema è che i presbiteri dovrebbero fare solo i presbiteri, ossia amministrare i sacramenti che i laici non posso amministrare.
Per la parte ”laica” si dovrebbe pensare a qualche soluzione collegiale con un responsabile della parrocchia che affianchi il presbitero nelle decisioni pastorali ed ecclesiali.
Fino a quando avremo pastori che hanno mille cose da fare e magari poi tralasciano quello che è più importante per la salvezza dell’anima del fedele, allora saremo sempre a zero, anzi a sottozero.
E ve lo dice un conservatore convinto.
Caro Maurizio Di Tosto, l’oggetto della predicazione di Gesù non è la chiesa, ma il Regno di Dio. Esistono seri dubbi che Gesù abbia volito esplicitamente fondare la chiesa. Per quanto riguarda la democrazia, le ricordo che essa è ben presente. Si vota infatti per eleggere il papa ed in conclave si formano maggioranze e minoranze tra i cardinali. Si vota altresì nei concili e nei sinodi e si vota per eleggere il superiore o la superiora delle congregazioni religiose. Ma purtroppo ciò non accade quando sono presenti i laici. Nei consigli pastorali infatti i laici e le laiche hanno solo una funzione consultiva ed il parroco o il vescovo procede nelle sue decisioni anche laddove il consiglio ha espresso parere contrario. E questo è un evidente sintomo del clericalismo.
Non capisco questa voglia spasmodica di voler cambiare tutto. La Chiesa è una realtà voluta dal Signore, non una realtà umana creata democraticamente dagli uomini come gli stati moderni. Tutto questo mi riecheggia il verso evangelico “Nolumus hunc regnare super nos” Lc, 19,14.
Ma lei è proprio proprio sicuro che “il Signore ha voluto” – che so, alla rinfusa – la Cei, il sacerdozio solo degli uomini, la messa in italiano, la transustanziazione, il divieto degli anticoncezionali, le parrocchie….. e ci metta pure tutto quello di cui è costituita oggi la Chiesa. Che è realtà umana e errante, e peccatrice, dunque semper reformanda. Lo ammette persino lei stessa
Qui a Sanremo aspettando l’autobus in cima a via Galilei ( ci ha messo oltre 45 minuti?!) leggevo un cartello che invitava a degli incontri del tutto informali apolitici aconfessionali.. cosí, per conoscersi
Con tanto di cellulare finale..
Qualcuno ci ha rubato un mestiere che perō noi non siamo capaci di esercitare.
Sî, forse è davvero troppppppo tardi.
Ma anche siamo così poco credibili….
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“…se applicato a dovere…”: è proprio queso il (uno dei) punto. A parte l’ultimo in elenco, ” di “trasparenza, rendicontazione, potere degli organismi di partecipazione e delle assemblee episcopali, ministero di ascolto e predicazione dei laici” abbiamo già visto il depotenziamento pratico in tutte le cellule di Chiesa italiana. Sperare che adesso si cambi atteggiamento mi pare parecchio ottimistico
Ma perché non domandarci come mai Gesù Cristo ha pensato a fondare la Chiesa con i 11, 12 apostoli e non con tanti che l’hanno seguito già allora? Certo stando a quanto si legge nelle Parabole, già era a conoscenza di come la storia Cristiana si sarebbe sviluppata fino ai gg. nostri, “quando ritornerò troverò la Fede.?”Sono gli uomini che cambiano, senza differenza laici o clero, il potere e un veleno esaltante quanto la droga, chi lo detiene può cedere e usarlo per propri fini, ma accade di chi aspira possederlo, anche da laici. Sta di fatto che se nel clero avvengono scandali a deludere, ciò nonostante la Chiesa resta offesa ma rimane Parola di Cristo. I Papi si sono succeduti diversi come uomini, ma Egli è visto come in Persona di Cristo. “Pasci le mie pecorelle” , Pastore della Sua Chiesa fino a quando Egli venga. il Clero ha da rendere conto a Dio circa il proprio operare, e credo sia cosa più seria.
La domanda è la seguente: è possibile declericalizzare la chiesa senza mettere in discussione il sacerdozio cosiddetto ordinato ? Taluni ritengono (secondo me a torto) che la chiesa cattolica si regge sul sacerdozio ordinato e che toccare questo “pilastro” significa far crollare tutto l’edificio ed i cattolici diventerebbero protestanti. Tale argomento non è agitato solo dai tradizionalisti anticonciliari, ma è fatto proprio anche da settori, diciamo così più moderati ed ubbidienti al magistero. Io ritengo che sia una posizione che mira a conservare l’attuale assetto clericalista della chiesa, perchè incapace di cogliere la dimensione sistemica (e quindi anche dottrinale) del clericalismo. Il prossimo sinodo riuscirà ad innescare un concreto processo di declericalizzazione ?
La Chiesa missionaria ha in se il Potere,così come nel mondo laico istituzionale esso viene esercitato con autorità, questo perché il cittadino resti sottomesso in modo disciplinato alle leggi. La Chiesa invece, questo “potere” le viene da un Dio unico che e Padre, Figlio e Spirito Santo, Essa per non cadere in errore deve sempre confrontarsi con la Divinità, in quanto il popolo umano , l’uomo, è stato creato da Dio, e creatura cara alla divinità tanto da desiderare proteggerla e salvarla dalle insidie del maligno. Grande compito spetta dunque alla sua Chiesa, che ha promesso di seguire Cristo, Parola vivente a che ogni pecora del suo gregge non si perda, autorevole per sua natura, E’ nella sua Parola che va innervata la Fede dell’uomo, che intende mettere al riparo la sua vita, aiuto a superare esperienze difficili, Il Risorto ha provato essere uomo, si è sacrificato per aprire a tutti la vita è la gioia eterna con Lui.