Difendere Dio

Se fossimo meno preoccupati di salvare la nostra idea di Dio ci potremmo accorgere che le persone sperano di potere essere accolte nella loro rabbia, nel loro dolore, nella loro paura, senza che noi siamo costretti a difenderci da questo.
3 Giugno 2011

“No, adesso stai zitto, perché io non posso accettare che tu dica queste cose su Dio!”. “E Io invece parlo, perché la libertà di dire quello che penso l’ho imparata proprio da lei, prof., in questi anni. E se lei oggi è girato male non è un problema mio!”. Si è alzato e ha fatto per andarsene dalla classe. “Non uscire senza permesso se no ti faccio una nota, e in scrutinio poi pesa, lo sai!”. La classe ammutolita ha atteso la sua mossa. Si è girato ed è tornato a posto. Mi ha guardato a lungo con sdegno e delusione e poi ha detto con sarcasmo: “Non si preoccupi prof. quest’altr’anno non faccio religione. Le tolgo il problema.”

Avevo già accennato a Bebo, sta in classe con Alice (che si meraviglia dei nostri silenzi), una quarta un po’ “contro”, ma sveglia. Lui è sicuramente quello che ci mette del suo, ma di solito lo fa con un misto di aggressione e ammirazione, quasi stia a sperare che ciò che lui pensa della religione cristiana possa venire finalmente smentito. E ieri, mentre stavo interrogando una sua compagna, lui se ne stava lì a due metri dalla cattedra ad ascoltare e a commentare tra sé e sé, ma evidentemente compiaciuto che io me ne rendessi conto. 

“Allora Daniela, parlami delle regole morali nel Cristianesimo”. E Bebo tra i denti:” Adesso c’è da ridere”. Lo guardo, ma lascio correre. Daniela ci prova: “Più che di regole si dovrebbe parlare di principi, due in particolare che abbiamo letto nel brano del Vangelo”. Bebo sogghigna tra sé: “No no, le regole ci sono eccome, balle!”. “Bebo, lasciami sentire Daniela, dai…”. E già mi monta dentro un po’ la “scimmia”. Lei prosegue: “Amerai il signore tuo Dio con tutto te stesso e il prossimo tuo come te stesso”. Di nuovo Bebo: “Ma quale amore, quale amore va dato a un Dio che gode a vedere gli uomini soffrire, ma andiamo…”. “Bebo, scusa cosa hai detto? – faccio io con un po’ di durezza”. “Che Dio è un carnefice, perché fa soffrire le persone, senza senso, senza motivo, così a caso…”, e lo dice alta voce, con lo sguardo di chi ti sta sfidando.

“Tu non ti puoi permettere di dire una cosa del genere, hai capito? Offendi la sensibilità di chi, come me crede ad un Dio diverso, ok? – ma mi è uscita col tono del giudizio duro e aggressivo”. “E io invece lo dico prof., ho il diritto di pensare che Dio è malvagio, e di dirlo di fronte a chiunque”. “No, tu devi sapere che quando parli puoi offendere le persone che ti ascoltano e questo non lo posso permettere!”. “No prof. Io dico quel che mi pare!”.”No, adesso stai zitto, perché io non posso accettare che tu dica queste cose su Dio!”. Ecco è proprio questa mia reazione che mi ha colpito. Potevo dire: stai zitto perché devo finire di interrogare. E invece in primo piano è venuta la necessità di difendere Dio.

Ed è questo che mi fa male. A pensarci adesso a freddo è una stupidaggine teologica incredibile dire che spetta a noi difendere Dio. Ma come? Se Dio stesso si è consegnato agli uomini ed è stato lui per primo trattato da malfattore, toccherebbe a noi ristabilire la sua immagine presso gli uomini? Non mi torna per nulla. Lui che ha svuotato la distanza abissale tra noi e Lui per farsi uomo, dovrebbe essere difeso da noi che siamo stati salvati proprio dal suo annientamento? No. Non è così. La verità e che io stavo tentando di difendere una mia idea di Dio, con la quale io pensavo di difendermi dalla provocazioni di Bebo. E non ho capito che in realtà lui forse sperava che io gli mostrassi la faccia di Dio che si lascia aggredire dalla sua rabbia, ma non se la prende. 

E mentre faccio queste considerazioni non posso fare a meno di vedere una convergenza tra questa mia reazione e quelle di molti altri cristiani che, preoccupati di perdere una propria idea di Dio e di affrontare provocazioni pesanti, reagiscono allo stesso mio modo, con la difesa e la chiusura.  Ma davvero pensiamo di essere noi a poter difendere Dio dalla commistione culturale, dalle aggressioni di chi ci “invade il territorio”, dagli studi pseudo storico-scientifici sulle balle del cristianesimo, dalla religione fai da te, da un senso della vita fondato sul consumo dei sentimenti e delle persone? 

Se fossi stato un po’ meno preoccupato di difendere le mie posizioni mi sarei accorto che Bebo desiderava un’altra reazione. Se fossimo meno preoccupati di salvare la nostra idea di Dio ci potremmo accorgere che le persone sperano di potere essere accolte nella loro rabbia, nel loro dolore, nella loro paura, senza che noi siamo costretti a difenderci da questo. E forse ci sarebbe regalata la possibilità di purificare la nostra stessa idea di Dio. Sul piano dell’educazione alla fede, difendere Dio in questo modo è un autogol clamoroso. L’effetto che di solito si ottiene è quello stesso di Bebo: la comunicazione viene interrotta e la relazione si chiude.

Ho perso una occasione, e forse anche la possibilità di stare in classe con Bebo un altro anno. Mi dispiace molto. Al di là dei modi provocatori che utilizza, ha ragione lui, perciò gli chiederò scusa.

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