Chi decide nella Chiesa? – 1

Nel giorno del martirio di Santo Stefano, è utile tornare a riflettere su chi prende le decisioni nella Chiesa, per verificare quanto questo momento sia ancora affetto da clericalismo.
26 Dicembre 2020

Il clericalismo si configura come particolarmente disdicevole anche perché fomenta una serie di comportamenti adottati in nome di un potere sacro. Esso ha le sue radici nel ripristino del regime di sacralità che Gesù aveva abolito. É il clero che separandosi dalla comunità assegna a sé un potere sacro e questo potere è stato poi legittimato in sede dottrinale e giuridica. Taluni passi delle scritture sono stati letti ed interpretati in modo da fornire una base giustificativa per intendere ed esercitare il potere dei “sacri pastori” sulla comunità. Poi queste giustificazioni si sono accumulate una sull’altra e si sono sorrette a vicenda sino a delineare una tradizione consolidata. Per cui i responsabili ecclesiali potevano dire di fondare la loro autorità sulle scritture e sulla tradizione, ovvero sulle scritture per come loro le avevano interpretate e sulla tradizione per come loro l’avevano via via formata.

Ecco perché il sistema di potere clericale è autoreferenziale ovvero si auto sostiene e si auto legittima. Quando le scritture iniziarono ad essere studiate da studiosi laici con metodi scientifici non clericali pian piano l’edificio fu sottoposto a critica e mostrò le prime vistose crepe. Questo è il motivo per cui nell’ottocento e nel novecento l’esegesi e la teologia moderne sono state rifiutate dai vertici della chiesa cattolica. Esse costringono il magistero gerarchico ad abbandonare talune posizioni, lo sospingono a fare autocritica, lo inducono a riformulare la dottrina ed a revisionare il codice di diritto canonico.

Focalizziamo la nostra attenzione sulla modalità attraverso la quale si assumono le decisioni in seno alla chiesa. Sappiamo come il clericalismo ha escluso i laici dal governo della chiesa e come non abbia riservato loro alcuna partecipazione attiva alle decisioni. Lo stesso Concilio Vaticano II non affronta l’argomento, se non a margine e con esiti insoddisfacenti. Si parla infatti nei documenti conciliari di collaborazione e di consultazione, si accenna ai consigli pastorali, ma non si afferma mai in maniera netta ed esplicita che i laici, oltre che essere consultati ed oltre che consigliare, possiedono sin dal battesimo (grazie al munus regale) il diritto-dovere di partecipare alle decisioni e di co-determinarle. Infatti finché un laico può (gli viene concesso di) consigliare, ma non può assumere decisioni, finché può essere ascoltato e consultato (nel migliore dei casi), ma non partecipa alla determinazione delle decisioni, il laico rimarrà sempre separato dal clero e sarà sempre considerato un cristiano ‘di serie B’. Egli è più simile ad un oggetto di cui si dispone che non ad un soggetto responsabile.

Questo è il punto focale: come vengono considerati i laici, e le donne in particolare, allorquando nella chiesa si devono assumere delle decisioni? Il clericalismo, di cui sono ancora intrise le strutture ecclesiali, considera sicuramente i laici alla stregua di cristiani inferiori: destinatari delle decisioni prese dal clero e non soggetti attivamente coinvolti nelle decisioni da assumere. E questo mi pare indiscutibile. Altrettanto indiscutibile è il fatto che ciò non dipende dal clero in sé, ma dal clericalismo, ovvero dal sistema di potere che ha influenzato ed influenza tuttora la chiesa. Tant’è che si possono verificare dei casi (e si sono verificati nella realtà) che anche dei laici, uomini e donne, sono risultati affetti da clericalismo. In quanto parte integrante della struttura clericalista essi possono manifestare una forma mentis clericalista.

Il concilio vaticano II ai nn.2 e 10 del decreto Apostolicam Actuositatem accenna alla partecipazione dei laici al triplice ufficio di Cristo. E la costituzione conciliare Lumen Gentium al n. 32 così si esprime: ”Non c’è quindi che un popolo di Dio scelto da lui: «un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo » (Ef 4,5); comune è la dignità dei membri per la loro rigenerazione in Cristo, comune la grazia di adozione filiale, comune la vocazione alla perfezione; non c’è che una sola salvezza, una sola speranza e una carità senza divisioni. Nessuna ineguaglianza quindi in Cristo e nella Chiesa per riguardo alla stirpe o nazione, alla condizione sociale o al sesso, poiché «non c’è né Giudeo né Gentile, non c’è né schiavo né libero, non c’è né uomo né donna: tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28 gr.; cfr. Col 3,11). Se quindi nella Chiesa non tutti camminano per la stessa via, tutti però sono chiamati alla santità e hanno ricevuto a titolo uguale la fede che introduce nella giustizia di Dio (cfr. 2 Pt 1,1)“.

Ma nella pratica quotidiana della vita della chiesa (nella dottrina e nel diritto canonico) tale uguaglianza fondamentale di ogni cristiano, proclamata a parole altisonanti, non trova riscontro alcuno. La potestas jurisdictionis, i compiti connessi al governo della chiesa rimangono saldamente in mano al clero. Nella vita quotidiana delle nostre comunità l’uguaglianza nel partecipare alle decisioni scompare e si conferma l’ineguaglianza tra chi comanda e chi ubbidisce. Detto diversamente: se la comunione di tutti nella chiesa è così profonda ed è ben al di là di ogni differenza di carismi e di ministeri, se tutti i battezzati sono uniti nella comunione con l’unico Signore, l’unico Spirito e formano un unico corpo, professano un’unica fede, partecipano dell’unica grazia battesimale, dell’unica speranza e dell’unica carità e quindi, alla fine, dell’unica responsabilità dinanzi al mondo, se tutto ciò è vero – ed è vero – perché non deve esserci nella chiesa anche comunanza e co-determinazione nell’assumere decisioni che riguardano tutti ? A questa domanda i documenti conciliari non offrono risposta. Le ombre del clericalismo plurisecolare si sono allungate sul concilio e purtuttavia qualche timido passo i padri conciliari sono riusciti a compierlo. La situazione dei laici dopo il concilio, almeno in apparenza, risulta essere alquanto migliorata rispetto al passato (grazie a quanto contenuto in LG 37 e AA 26).

Ma non è questo il momento di occuparci di ciò. Ritorniamo al nostro tema e poniamoci le seguenti domande: esistono obiezioni di natura teologico-dottrinale che vietano l’attiva partecipazione dei laici a co-determinare le decisioni nella chiesa ? Esistono dei seri ostacoli per una democratizzazione ecclesiale? La chiesa per sua natura è impossibilitata ad assumere un modello democratico? Ci suggerisce qualcosa il fatto che coloro oggi si oppongono alla partecipazione attiva dei laici alle decisioni nella chiesa utilizzano gli stessi argomenti che usarono i tradizionalisti al concilio per rifiutare la consultazione dei laici e la comune uguaglianza di ogni battezzato nella chiesa ? E questi stessi cattolici (che chiamiamo tradizionalisti) non sono gli stessi cattolici che accettarono nei secoli scorsi senza riserva alcuna l’applicazione alla chiesa del modello monarchico-assolutistico ? Non fu insultato pesantemente dagli ambienti conservatori Leone XIII quando decise di accettare l’organizzazione democratica degli stati moderni dopo i “non possumus” precedenti?

[1^ parte]

7 risposte a “Chi decide nella Chiesa? – 1”

  1. Giulia De Lellis ha detto:

    È scontato che i tradizionalisti siano i conservatori ….
    I progressisti ” falsi” che portano avanti il ruolo dei laici nella fattispecie delle solite/ i preferiti che di fatto riproducono il modello clericale radicale scik….
    Purtroppo non se ne esce .
    La chiesa va purificata più che commentata.

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Comportamenti adottati in nome di un potere sacro…ecco, fare questa esperienza ancora con l’aggiunta del coronavirus a mascherarlo, è veramente triste, miseria di una chiesa parzialmente decadente, come le erosioni lasciate da frane, solo che non si tratta di montagne ma dello spirito di fedeli, ancorché cristiani. Tutta la attenzione va ala poverta da cibo, ma questa è ancora la piaga più importante, perché una persona che si presenta come medico dell’anima e invece induce a diffidenza la sua Parola non raggiunge il cuore di chi ascolta tanto appare fredda, Queste persone amano il comando, sottomettere e essere verbo, si servono di chi ha dato loro potere spirituale per realizzarne un altroché non è volto ad un prossimo. Triste, vedere l’umiltà costretta a essere sopportata da confratelli perché così è la Regola, Questo accade dentro le mura di una chiesa dove Cristo appare veramente tale nel Crocifisso. Chissà se è il coronavirus a distanziare di più i fedeli !?

  3. salvo Coco ha detto:

    Verrà pubblicata la seconda parte dell’intervento. Chi volesse potrà commentare alla fine. Grazie

  4. Adrian F COMOLLO ha detto:

    Analisi corretta, e se giudichiamo in base ai “frutti”, come ci indica il Maestro, la CCattolica ha ancora attualmente un sistema di governo autoritario, dove chi decide le cose importanti sono i vescovi delle diocesi e il Vaticano. Nei consigli pastorali non ci puo’ essere democrazia se non esiste il voto e parita’ di voto. Finche’ il parroco e’ quello che ha il diritto di decidere, questo si chiama autoritarismo, persino a livello locale. Il Concilio Vaticano II puo’ aver detto buone parole sull’uguaglianza dei Cristiani, ma finche’ queste parole non sono tradotte nelle disposizioni legali del Diritto Canonico, NULLA puo’ cambiare. Che ne dite?

  5. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Serio.
    Ragionato.
    Chiaro.
    Posato.
    Fondato.
    Equilibrato.
    Ponderato.
    Lucido.
    Esattamente il contrario di certe sparate ad absurdum alla certa politichese in voga.. una vera BASE di approfondimento.
    Grazie!
    PS. Un solo +:
    Ma ci chiediamo qualche volta che impressione,, che giudizio, che appeal una simile “aggregazione” possa esercitare sul viandante di passaggio? Che cavolo di figura ci facciamo TUTTI QUANTI? Davvero pensiamo di nasconderci dietro un ” siamo uomini anche noi” , tutti sbagliano o peggio un “casta meretrix”?!;
    Tradizione.
    Ma ci rendiamo conto di COSA dovremmo trans-dare? Di quanti sia grande, importante? O lo confondiamo con tradire?

  6. Gian Piero Del Bono ha detto:

    L’importante è che non accada mai che “ chi decide nella Chiesa” siano coloro che non credono in Cristo: i fautori del Nuovo Ordine Mondiale, i vari “benefattori” dell’umanita’ Soros, Bill Gates, l’ ONU , Il club Bilderberg ,i potentati finanziari ecc. Il giorno che chi decide nella Chiesa è chi segue il mondo e la sua mentalita’, piuttosto che il Cristo, decidera’ naturalmente di sospendere le Sante Messe, di ridicolizzare i Sacramenti e la Liturgia, di far passare i fedeli per bigotti, di far credere al popolo che l’ecologia e il benessere fisico sia la cosa che ci salva, che le varie religioni son tutte uguali , che non esiste il bene e il male ma solo cio’ che “ mi rende felice” , che aborto , eutanasia sono dei sacrosanti diritti ecc., allora saremmo arrivati all” abominio della desolazione” preannunciato nel Vangelo da Gesu’.

    • Emiliano Ermano ha detto:

      Salve, sono le paure tipiche di chi pensava che facendo uscire il divorzio dalla clandestinità tutti avrebbero divorziato.
      Che accettando le diversità sessuali tutti si sarebbero dati alle perversioni sessuali.
      E così via.
      Come se prima fosse stato tutto perfetto…
      Quanta sofferenza e quanti segreti.
      L’abominio è dentro ognuno di noi.
      E la trappola del “faccio ciò che mi rende felice” esiste anche per lei signor Gian Piero, e non sempre è una trappola.
      Perché aver paura di chi fa del bene solo perché non lo fa seguendo le norme alla lettera e nel nome del Dio cristiano cattolico? Anziché cercare nel “bene” quello che può accomunarci nell’insegnamento di Cristo?
      Siamo tutti in cammino ed è opportuno ascoltare gli altri, ma ascoltarli davvero, e fare il bene che possiamo nella nostro piccolo.
      È già un’impresa mirabile.
      Buone feste!

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