Cei e Sinodo: tornare sul passato?

L'ultimo contributo di Marco Ronconi su Jesus fornisce un'ulteriore occasione per chiarire e discutere alcuni presupposti fondamentali per la buona riuscita del prossimo tempo sinodale
23 Luglio 2021

Nell’ultimo numero di Jesus, Marco Ronconi dedica un gustoso pezzo all’affaire Cei-Sinodo, intitolandolo «La Cei e il Sinodo: ritorno al futuro?». Nel film cult di metà anni ’80, diretto da Zemeckis, il protagonista deve tornare nel passato per cambiare la storia presente (e quindi futura). Nell’articolo di Ronconi, l’autore viaggia nel passato della CEI, rileggendo il contributo che essa inviò nel 1985 alla seconda Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei vescovi. Ma, a differenza del film, dove i protagonisti riescono nell’intento (di cambiare il passato e, quindi, il presente e il futuro), Ronconi si domanda:«come mai questo testo – tranne forse la parte sui giovani e non è un caso – sembra scritto ieri, mentre invece ha 36 anni? Cos’è successo nel frattempo? Una buona risposta potrebbe evitarci di ritrovarci tra altri 36 anni di nuovo allo stesso punto».

Non ho ben capito perché Ronconi consideri invecchiata l’annotazione lieta della CEI sulla «crescente domanda di spiritualità, soprattutto tra i giovani (…) frutto del rinnovamento che il Vaticano II ha iniziato e che, nella nostra Chiesa, prende sempre più corpo e spazio», ma per il resto la sua sollecitazione, se non l’ho male interpretata, è condivisibile, anche in quel pizzico di provocazione che contiene. Perché mi sembra andare nella stessa direzione che avevo evidenziato qui su Vinonuovo, commentando l’introduzione del presidente della CEI all’assemblea generale di fine maggio. Anche lì, la ricostruzione storica degli ultimi 50 anni di “convenire ecclesiale” era caratterizzata da una continuità non corrispondente a quanto realmente accaduto (soprattutto se paragonata alle ricostruzioni autorevoli del compianto padre Sorge e del sociologo De Rita): una rimozione storica di svolte e nuovi inizi che rischia, come sottintende giustamente Ronconi, di far ritornare un passato che non passa mai e di ritardare un futuro che non avviene ancora.

Ad una seconda lettura del pezzo (ho detto che era gustoso, no?), qualcosa però non è mi è più tornato: qualcosa che non può sembrare scritto ieri, salvo una “malafede” (in chi della CEI dovesse eventualmente scriverlo) ancora più grande e grave di un umano – troppo umano (e perciò comprensibile) – processo di rimozione.

Certo, ha ragione Ronconi a sottintendere che riconoscere il Concilio come una «grazia straordinaria», oltre a rammaricarsi per la lentezza delle riforme da esso auspicate, è qualcosa che non costa molto scriverlo. Altrettanto facilmente si potrebbe continuare a dire che nella Chiesa italiana «si è investito sulla formazione del clero», «si è iniziata una riforma profonda della catechesi» (la quale «andrà ulteriormente riformata alla luce delle sperimentazioni sul campo»), mentre «continua l’aggiornamento delle traduzioni del Messale» e «si sono strutturate le attività caritative».

Alla luce però di quanto autorevolmente sostenuto da padre Sorge e Giuseppe De Rita (che peraltro si fanno portavoce di una lettura storica diffusa), mi sembra invece più difficile e complicato (se non appunto a costo di dare vita più che ad una rimozione ad una vera e propria “bugia”) immaginare – da parte della CEI – di poter scrivere che negli ultimi trent’anni si è negato del tutto che «le difficoltà attuali siano imputabili al Concilio o anche solo “agli orientamenti da esso venuti”». Altrettanto difficile e complicato per la CEI sarebbe immaginare di poter scrivere che «continua il coinvolgimento dei laici nella pastorale, soprattutto di donne, per le quali occorrerebbe ipotizzare l’accesso a nuove forme di ministeri», oppure che «si è investito nella formazione del laicato, in vista di una maggiore corresponsabilità da svilupparsi in due direzioni: verso un’apertura alla dimensione universale e verso una strutturazione diocesana basata sulla pluralità di carismi e ministeri, per i quali si prevedono nuove forme da istituire».

Infine, circa gli «errori e abusi» e «le priorità», sicuramente potrebbero essere scritte ieri affermazioni come: le «incertezze in campo morale» che «riguardano soprattutto l’etica sessuale e, in particolare, l’etica coniugale» possono essere affrontate «nel momento in cui “si rifondi con chiarezza l’etica cristiana nel mistero di Cristo”»; «l’assunzione della “missione come costitutiva dell’essere Chiesa e come compito di tutti”» e «una più precisa presentazione della spiritualità liturgica». Ma mi sembra inverosimile che oggi la CEI possa fa rientrare in essi, con sincerità e convinzione, il chiedere «aiuto all’esperienza dei laici impegnati nel mondo, affinché si affrontino «i problemi di frontiera: Chiesa-mondo; vangelo-cultura; fede-storia», la «formazione capillare di tutti i soggetti ecclesiali in vista di un’azione ecclesiale sempre più corresponsabile», «una convinta educazione alla dimensione ecumenica della fede in Cristo, superando la paura», «un ampio confronto sull’operato dei movimenti ecclesiali in Italia, in certi casi da valutare con discernimento». La stessa giovanile «domanda di spiritualità» mi sembra essere qualcosa che nella CEI o viene di solito declinato differentemente (usando l’espressione «domanda di senso») o è stato negli ultimi trent’anni rimosso a favore della necessità di costruire un giovane dalla forte e chiara identità cattolica (per questo sarebbe già un passo avanti…ritornare a quella lettura – non invecchiata – del passato).

Alcuni aspetti, quindi, della condivisibile sollecitazione-provocazione di Ronconi sull’“immobilismo” della CEI mi sembra colgano nel segno; altri aspetti, invece, più che non cogliere nel segno, mi sembra siano difficilmente riscrivibili in quel modo – da parte della CEI – senza esporsi al rischio di essere letti come frutto di rimozioni storiche (se va bene) o come vere e proprie “bugie” (se va male). Orientamenti post-conciliari, ascolto dei laici (e delle laiche) che stanno sulla frontiera del mondo (laddove si crea l’inculturazione e si leggono i segni della storia), autentica corresponsabilità con essi (ed esse), formazione e pratica ecumenica, discernimento profondo sull’operato dei movimenti cattolici, ricerca spirituale giovanile (non facilmente ‘cattolicizzabile’): mi sembrano aspetti della vita ecclesiale italiana (orgogliosamente rivendicati dalla Chiesa italiana degli anni ’70) rispetto ai quali, invece, proprio a metà degli anni ottanta si è deciso di attuare una svolta (rispetto all’impostazione di Paolo VI e dei presidenti CEI di quel pontificato). Sugli effetti (positivi e negativi) di tale svolta, come già detto altre volte qui (e qui), non si è ancora discusso e pregato sinodalmente nella Chiesa italiana – e, forse, sarebbe bene cominciare a farlo.

In conclusione, mi sembra che la sollecitazione-provocazione di Ronconi, a proposito di un certo “immobilismo” della CEI, possa e debba essere arricchita da una sollecitazione-provocazione a fare discernimento (finalmente) su una certa “mobilità” che, invece, all’epoca ci fu e, secondo alcuni storici, fu portata avanti con forza e determinazione. Nel sequel del film di Zemeckis, non a caso, veniamo a sapere che anche l’antagonista è riuscito a usare qualcosa dal passato che sarà in grado di modificare il futuro a suo vantaggio: non evidenziare le svolte (dell’“antagonista”) rischia dunque di far soccombere nuovamente – e ancora più malamente – il “protagonista”, anche di quella che si vorrebbe fosse una nuova stagione ecclesiale.

 

5 risposte a “Cei e Sinodo: tornare sul passato?”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Chiedo venia: non ho ancora imparato che il testo tra>< rovesciate viene cancellato..
    Quindi correggere:
    La CC NON è e tanto meno fa le veci di Gesù e ancora meno è Santa.

  2. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Stanotte mi è apparsa la spiegazione x la mancanza di autoanalisi della CC.
    Semplice!
    Sulla scorta della sua storia, anche attuale, senza gli alibi di Santa &MERETRICE, la conclusione ovvia, unica, indubitabile :
    La CC NON Gesù Cristo.
    E manco riesce a rap-presentarLo in modo degno al mondo.
    Che critica continuamente.
    _——_———-_——–
    Buone vacanze a tutti.😭😠😓

  3. gilberto borghi ha detto:

    Che la Chiesa sia lenta ci sta ed è anche giusto ma che sia cieca no. Che oggi il mondo sia diverso da quello degli anni ’80 lo vede chiunque lo voglia vedere. Mi sembra che buona parte della gerarchia non lo voglia vedere. Un altra parte lo vede e pensq che si debba tornare indietro. Altri ancora cercano faticosamente strade nuove per mantenere vivo Cristo nella storia.

  4. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    In qualsiasi azienda disastrata si procederebbe prima ad una individuazione degli ERRORI commessi, e ce ne sono tanti e grossi!
    Quindi si passerebbe alla disamina dei PERCHÉ, anch’essi tantissimi , perché si è sbagliato, perché si è avallato, perché si è intervenuti con ENORMI ritardi..
    Tutto questo sarebbe inutile, lettera morta, senza:
    1) decidere interventi e cambiamenti urgenti e importanti e senza remore su Cardinali &c. Chi ha fatto del male.. fuori!!
    2) Last but not..
    Come chiosa Paola:
    PERCHÉ SI È TRADITA LA MISSIONE, i.e. Gesù??

  5. Paola Buscicchio ha detto:

    La Chiesa ha sempre camminato con il passo lento e mi piace pensare che dietro a questo ci sia la cura di non lasciare indietro un solo credente.
    In una società quale la nostra determinata dalla fretta ben venga una stagione di matura riflessione su dove lo Spirito ci sta chiedendo di andare.
    Molti documenti della Chiesa rappresentano le tante aspirazioni che vorremmo fossero tutte rappresentate ma in fondo una è la principale racchiusa in poche parole: Voi chi dite che Io sia?
    Sta tutta qui la misura dei passi da fare.
    Scoprire una persona che abita il nostro essere e lo dirige per passi suoi.

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