Cartoline dalle vacanze

Che cosa abbiamo visto di bello? Opere d'arte coi miracoli di Gesù. E insieme la potenza dei media che, pur non facendo miracoli, un aiutino possono darlo
3 Ottobre 2014

CHE FIGURA!

Ora che la stagione è finita, non possiamo dire che per le immagini sia stata una bella estate. Almeno sui media, dove foto e filmati vengono usati in prevalenza per esibire e per impressionare (dalle bombe sulla striscia di Gaza ai neri uccisi nel Missouri, dai boia dell’Isis a quelli di Hamas, dai prigionieri ucraini umiliati fino ai selfie con un aspirante suicida). Per cui si rafforza l’antica diffidenza verso le immagini, cavalli selvaggi difficili da domare, e vien voglia di rimuoverle al più presto.

Tuttavia, grazie ad alcune visite, qualcosa negli occhi è rimasto: anzitutto un quadro di Paolo Veronese, in mostra a Verona, che rappresenta Cristo e il centurione. Miracolo poco frequente nell’arte perché Gesù non vede la persona che guarisce. E un miracolo mediato non è spettacolare.

Quella verso il servo del centurione (Mt 8 e Lc 7) è addirittura una mediazione della mediazione, perché, almeno secondo Luca, il centurione non sarebbe andato di persona da Gesù ma avrebbe incaricato – di presentare la sua preghiera – prima degli anziani e poi degli amici. Pur essendo un capo, si sentiva talmente «subalterno» rispetto a Gesù da non ritenersi all’altezza di stargli davanti: «Signore, non disturbarti! Non sono degno che tu entri sotto il mio tetto…», gli ha fatto dire (in sostanza, la frase di cui facciamo memoria prima di accostarci all’Eucaristia: «Non sono degno di partecipare alla tua mensa…»). Esperto di gerarchie, il centurione conosce il valore delle parole, tanto più se pronunciate da persone autorevoli, sa quanto siano sacre per i sottoposti. E conosce la differenza tra parole pesanti e leggerezza delle chiacchere.

Ma non è, il suo, l’unico miracolo “per interposta persona”, cioè per mezzo di qualcuno che intercede. Ve ne sono altri, sempre mediati da individui senza nome, verso il figlio del funzionario del re (Gv 4) e la figlia della donna cananea (Mt 15 e Mc 7). In essi, come in quello del servo del centurione, sono importanti sia i mediatori che i media, su cui i mediatori elaborano un pensiero. E chissà che il Signore non sia rimasto affascinato dalle loro riflessioni.

Gli indizi dei media nel funzionario sono nel fatto che, dopo la guarigione del figlio (a Cafarnao, mentre Gesù era a Cana), vuole verificare – come un giornalista – l’ora in cui il ragazzo ha cominciato a star meglio. Così che, con precisione, possiamo collocare il miracolo all’una. E, anziché leggere in tale richiesta un segno di incredulità, ci piace accostarla a quella dei bambini che vogliono riascoltare una storia, pur sapendo come va a finire, per il piacere di vedere confermata la verità.

L’altro miracolo è quello per la figlia della cananea, quasi sfrontata nel rivolgersi a Gesù con insistenza. Lui si è ritirato per riposarsi e nemmeno risponde alla donna. Sfiniti dalle suppliche, sono i discepoli a mediare. Senza successo. E poiché lui risponde con metafore («Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele» e «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini»), lei prende quest’ultima immagine e allarga il campo di visuale, per far notare qualcosa che a lui è sfuggita: che anche «i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola del loro padrone». Così Gesù si commuove per la fede della donna «e da quell’istante sua figlia fu guarita».

Dopo il linguaggio dell’immagine, quello dei gesti. Con un ulteriore miracolo in cui Gesù non vede il miracolato, però – stavolta – diretto alla persona che lo invoca: anche qui una donna tutt’altro che docile, che ha l’ardire di interrompere un miracolo in corso, verso la figlia di Giàiro. «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata», dice tra sé l’emorroissa (Mt 9; Mc 5; Lc 8), capendo la forza di una semplice frangia del Signore: ne ha intuito la portata simbolica, ha colto come una piccola cosa possa contenere un valore grande.

Avremmo potuto, di fronte a Cristo e il centurione, evocare l’insufficienza delle immagini. Perché il quadro non mostra granché, al di là di una genuflessione. Ma abbiamo apprezzato il fatto che da un’immagine (dipinta nove volte da Paolo Veronese) sia partito un omaggio alla potenza delle parole. E, nello stesso tempo, la dichiarazione della loro resa (vedi la spada sotto il ginocchio e l’elmo in mano al ragazzo) di fronte alla parola di Dio.

 

[oltre al quadro del Veronese, del Prado di Madrid, in mostra a Verona fino al 5 ottobre, le opere qui riprodotte sono La guarigione del figlio del funzionario del re, nell’altare di Volvinio della basilica di S. Ambrogio a Milano; Cristo e la cananea di Mattia Preti, a Stoccarda, nella Staatsgalerie; Cristo e l’emorroissa, a Roma, nella catacomba dei Santi Pietro e Marcellino]

 

 

 

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