Anche il ragionier Fantozzi è cristiano…

La messa per obbedienza al precetto, magari un po' svogliata, con l'occhio all'orologio, mi sembra un'interessante metafora della ferialità della vita cristiana. Una cosa all'antica: attendere con (santa) perseveranza ai doveri del proprio stato.
14 Giugno 2018

Tecnicamente è stata la X Domenica del Tempo Ordinario: abbiamo rivisto il colore verde, dopo tante domeniche in bianco (con l’eccezione notevole del rosso per la Pentecoste). In pratica è la prima domenica d’estate. Le ferie vere e proprie sono ancora lontane da venire; in molte parrocchie ci sono belle attività di animazione per bambini e ragazzi; i vari campi estivi sono stati sicuramente già programmati. Ma, dal punto di vista della percezione di noi fedeli, “abbiamo iniziato la discesa” verso la “messa loffia”.

Non è mia l’espressione; quasi un anno fa era Roberto Beretta ad utilizzarla nel primo di una serie di articoli. Non so se, a sua volta, Ro.Be. avesse attinto da qualche altra fonte. “La messa della domenica sera è già una fatica di per sé: spesso ci vanno quelli che vogliono prendere il precetto per la coda, …. D’estate poi a dare un senso quasi palpabile di noia e di fatica s’aggiungono l’afa e il calante dei canti – quando ci sono – intonati dai soliti volenterosi ma sfiatati animatori. Insomma una messa stanca, sgonfia, loffia” (qui il link). A suo tempo rimasi molto colpito da quella descrizione efficace della messa vespertina d’estate.

Dopo aver letto, iniziai a pensare che mi sarebbe piaciuto un “elogio della messa loffia”. Ma non per parlare della messa. Forse potrei dire qualcosa, ma non è materia mia. La messa al tempo delle ferie, per obbedienza al precetto, magari un po’ svogliata, con l’occhio all’orologio, mi sembrò un’interessante metafora della ferialità della vita cristiana.

Proprio così. Una cosa all’antica: attendere con (santa) perseveranza ai doveri del proprio stato.

All’inizio dell’ultima Esortazione apostolica Gaudete et Exsultate scrive Papa Francesco: In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Suggerisce il Catechismo degli Adulti: “accettare, come una possibilità di bene che viene offerta, se stessi, la propria storia, gli altri, le realtà della natura, gli eventi piccoli o grandi, favorevoli o tristi.” Forse questa accettazione delle situazioni della vita come possibilità di bene rimane inconsapevole. Quello che si vede è il tirare avanti, rimanendo fedeli a qualcosa radicato nel fondo della coscienza; con un pizzico di retorica, dovremmo dire: agli insegnamenti ricevuti da bambini. Nell’omelia del 22 ottobre 2015, il Papa richiamava la Lettera agli Ebrei: “Noi però non siamo di quelli che cedono”; il senso, evidentemente, non è l’assenza di cadute, ma il perseverare nel rialzarsi e riprendere il cammino.

Momenti di gloria, qualche batosta… ma soprattutto la routine dei tanti giorni feriali, l’epopea di Fantozzi Rag. Ugo in salsa cristiana. “il corpaccione della società (e della Chiesa)”: un po’ lento, bisognoso di profeti, ma fedele e quindi affidabile. Scrive il Papa: la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità”. Il Papa, citando santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein), guarda anche ad una dinamica più profonda: Nella notte più oscura sorgono i più grandi profeti e i santi. Tuttavia, la corrente vivificante della vita mistica rimane invisibile. Sicuramente gli avvenimenti decisivi della storia del mondo sono stati essenzialmente influenzati da anime sulle quali nulla viene detto nei libri di storia. E quali siano le anime che dobbiamo ringraziare per gli avvenimenti decisivi della nostra vita personale, è qualcosa che sapremo soltanto nel giorno in cui tutto ciò che è nascosto sarà svelato.

Certo, suona un po’ strano. Troppo antiromantico, troppo poco “sessantottino”. Può essere solo questo la vita cristiana? Adesione ai precetti, magari senza troppa convinzione? Il grigiore di giorni sempre uguali? Che ne è della forza liberante del Vangelo???

In ogni stagione ci pensa lo Spirito Santo a fare germogliare cose nuove. E noi dobbiamo riconoscerle, e dar loro spazio, farle crescere. Ma intanto, mentre lo Spirito si insinua nelle fessure o spalanca i portoni, tanti e tanti membri del Popolo di Dio rimangono semplicemente fedeli. Ogni giorno, nelle cose quotidiane.

Forse perché, evangelicamente, la fedeltà nelle cose piccole può essere la premessa per le cose grandi, per le chiamate importanti. Forse perché anche il Vangelo ha bisogno di radicarsi sulla solidità umana.

In qualche modo lo leggevamo anche nel Documento presinodale dei giovani di Padova. C’erano quattro aggettivi a qualificare i testimoni: credibili, stabili, sereni e coerenti. Credibili, perché stabili e coerenti. Non fissi nelle ideologie, ma con radici salde e coerenti nelle scelte. E poi sereni. Come è sereno chi è consapevole di aver fatto quello che doveva, la cosa giusta. Sereni, come, in fondo in fondo, siamo tutti quando usciamo dalla messa loffia, la messa dell’estate.

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