Oltre la legge

La catechesi del Papa sulla Torah, un biglietto di Francesco d’Assisi e la fatica che spesso le comunità cristiane vivono nel generare alla libertà.
1 Settembre 2021

Il mercoledì 18 agosto, quello della catechesi di Papa Francesco sul ‘superamento’ della Legge nel cristianesimo – che ha dato origine alla polemica un po’ scomposta di alcuni rabbini di cui ha parlato anche Gilberto Borghi – ero ad Assisi con alcune persone care.
Proprio quel pomeriggio un amico sacerdote mi parlava del valore che ha la libertà nell’accompagnamento spirituale che svolge con giovani e adulti, ponendo sempre al centro la libertà di scelta di ogni fedele, la libertà di azione, la libertà di coscienza. Nessuno è mai ‘obbligato’ a un cammino di fede, nemmeno quando ‘sceglie’ di intraprenderlo: può sempre fare un passo indietro.
Poco dopo ho letto il discorso dell’udienza del Papa, a mio avviso molto bello e fecondo di spunti, e così abbiamo un poco ripreso il ragionamento sul rapporto tra legge e libertà nella vita spirituale. Stavamo salendo nella cittadella di Assisi, verso la basilica del santo, e un’altra persona che era con noi, una donna sensibile e acuta, appassionata di Medioevo, ci ha fatto notare che uno dei pochi autografi di san Francesco riguardava proprio il tema della libertà. È una breve lettera mandata all’amico frate Leone, ora conservata nel Duomo di Spoleto:

Frate Leone, il tuo frate Francesco ti augura salute e pace.
Così dico a te, figlio mio, come una madre: che tutte le parole, che ci siamo scambiate lungo la via, le riassumo brevemente in questa sola frase e consiglio  – anche se dopo ti sarà necessario tornare da me per consigliarti – poiché così ti consiglio: in qualunque maniera ti sembra meglio di piacere al Signore Dio e di seguire le sue orme e la sua povertà, fatelo con la benedizione del Signore Dio e con la mia obbedienza.
E se ti è necessario per il bene della tua anima, per averne altra consolazione, e vuoi, o Leone, venire da me, vieni!

Un filo di stelle spirituali si andava così unendo, dalle parole del Papa al dialogo tra amici all’antico biglietto di Francesco, in una costellazione che aveva al centro, sempre, la libertà, il desiderio di seguire liberamente ciò che lo Spirito suggerisce nel segreto della coscienza. E ancora, mi pare ci sia una sottolineatura importante nelle parole di frate Francesco, che riguarda la responsabilità: per crescere abbiamo bisogno di fare libere scelte di responsabilità: non seguire passivamente regole e parole d’ordine, non obbedire senza capire, non porre in disparte la volontà, non seguire la massa, ma sempre coltivare, curare e valorizzare i doni della nostra libertà.

La lettera di Francesco non chiarisce quale fosse stato l’argomento del confronto con frate Leone; ma, come un buon maestro spirituale e umano, il santo chiede a Leone di fare ciò che a lui sembra giusto per seguire il Signore, ciò che è meglio per la sua crescita, aprendo così i benedetti spazi della libertà. Come aveva detto in quel giorno il Papa, c’è un momento in cui la legge si supera perché si vive nella libertà dei figli di Dio:

Insomma, la convinzione dell’Apostolo è che la Legge possiede certamente una sua funzione positiva – quindi come pedagogo nel portare avanti -, ma è una funzione limitata nel tempo. Non si può estendere la sua durata oltre misura, perché è legata alla maturazione delle persone e alla loro scelta di libertà. Una volta che si giunge alla fede, la Legge esaurisce la sua valenza propedeutica e deve cedere il posto a un’altra autorità.

C’è poi una nota finale del santo, che con grande tenerezza dice: cammina da solo, ma se hai bisogno, io sono qua, sono qua per te, per darti una mano, per accompagnarti: anche in questo caso, nessun ‘possesso’ del discepolo, ma grande rispetto, grande delicatezza, grande capacità di non sapersi necessari (e non rendersi necessari!).

A fronte di questi esempi e parole, dobbiamo forse riconoscere che nelle nostre comunità cristiane abbiamo avuto (e abbiamo) ancora troppa paura della libertà; temiamo di ‘perdere’ persone, quasi identificando uno spazio con il Vangelo, una proposta con la verità, un percorso con la salvezza. Abbiamo a volte l’ansia che gli altri possano sbagliare prendendo una strada differente, non calcolata, inconsueta (ansie risvolto di altre insicurezze nostre, sovente). Tutto ciò porta a comunità chiuse, gruppi autoreferenziali, in cui si ripetono motti e slogan, lessico e ragionamenti in modo meccanico, senza davvero educare alla responsabilità e alla libertà, magari poi dando giudizi senza appello su tutto ciò che è diverso. Penso anche a quei casi di narcisismo che portano i vari ‘capi’, siano essi laici o consacrati, a costruirsi corti di persone fedelissime e mai critiche, sempre prone e mai in grado di fare un passo di lato (con tutte le conseguenze patologiche che la cronaca, anche nei suoi risvolti più criminali, ha raccontato).

Invece, ci ricordano Francesco d’Assisi e Francesco da Buenos Aires, il cristiano è colui che a un certo punto del suo cammino di sequela e maturazione supera la legge per seguire in libertà e creatività quello che lo Spirito sta suggerendo: se ogni essere umano è figlio di Dio, ha anche una sua strada, non riproducibile per tutti. E se perfino Dio non viola la libertà della persona, ugualmente dovremmo fare noi, nelle nostre comunità, movimenti, associazioni, gruppi: la libertà come valore, come luogo teologico della manifestazione di Dio. Anche in questo, davvero, il nostro cammino è ancora lungo…

4 risposte a “Oltre la legge”

  1. Giorgio Gatta ha detto:

    Ottimo articolo Sergio!
    Completa a meraviglia quanto ha scritto Gilberto e allarga lo sguardo a tutta la società.
    Difatti non è solo un problema della Chiesa Cattolica ma al contempo pervade tutto l’associazionismo in Italia e gli organismi del Terzo Settore e gli organismi politici, dal locale al nazionale.
    Sono gli stessi processi che vengono replicati in tutte le sfaccettature della società.
    Come direbbe Gherardo Colombo: viviamo un clima di prevaricazione e noi vogliamo essere fra quelli che impongo le proprie idee sugli altri.
    Diceva Riccardo Petrella a lingua sciolta al primo convegno nazionale da me organizzato nel 1998: Ogni associazione pensa che il proprio handicappato sia meglio di quello dell’altra associazione.
    Dal mio piccolo osservatorio dico – a parte le dovute eccezioni – che nulla è cambiato nel modo di fare associazionismo in Italia.
    Ti ringrazio per gli stimoli che ci hai dato.

    • Sergio Di Benedetto ha detto:

      Caro Giorgio, hai allargato opportunamente il discorso… ogni ‘gruppo umano’ rischia di vivere dinamiche poco liberanti, come hai giustamente fatto presente. Il fatto è che spesso nemmeno se ne è consapevoli…

  2. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Meditavo stanotte sulla con-caten-azione tra:
    Cambiamenti sempre più rapidi e diffusi…

    Messa in crisi di depositi, tradizioni, riferimenti, che lungi da essere boe diventano ostacoli..

    La paura conseguente genera chiusure, resistenze, difese ad oltranza di strutture e forme obsolete che ovviamente così verranno TRAVOLTE ( cieco chi già non lo vede..😭)

    Il massimo che l’Episcopato sembra in grado di produrre, da vari Sinodi, è:
    Ti accompagno io!!

    Quello che manca è la visione dei cambiamenti come OPPORTUNITÀ.

    • Sergio Di Benedetto ha detto:

      Pietro, come dici, manca visione dell’opportunità. Anche, forse, il timore di ‘difendere Dio’ come se avesse bisogno della nostra difesa…

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