Quante volte, dall’adolescenza ad oggi, ho ascoltato da esterno o sono stato coinvolto in ragionamenti critici su un certo moralismo sterile e noioso che caratterizzerebbe parte della Chiesa cattolica. Poche volte, invece, ho visto nel cattolicesimo feriale mettere l’accento su questioni etiche feconde e interessanti che, invece, dovrebbero essere sempre più affrontate e discusse per la loro importanza circa il nostro futuro di paesi (ancora) democratici.
Una di queste sarebbe a nostra disposizione durante il tempo di Natale, tra il 26 e il 28 dicembre di ogni anno liturgico, se solo si volesse puntare su di essa qualche riflettore. Ma, come cantava Luca Carboni in Una grande festa, «la morte no, non è mai stata un argomento pop / il dolore e l’ingiustizia no, non brillano neanche un po’». Resta il fatto – anche se oscurato – che non si fa a tempo a festeggiare il bianco Natale che esso, tra la morte violenta di Stefano (approvata addirittura dal futuro San Paolo – At 8,1) e la strage dei neonati comandata da Erode per uccidere anche il piccolo Gesù (Mt 2,16), si tinge di rosso.
Rosso come il sangue sparso dal Potere di turno, sia esso religioso che politico, quando deve mettere a tacere alcune persone segnate da una caratteristica che in quei brani biblici mi sembra troppo poco evidenziata dai commentatori: la «sapienza» – sofìa.
La figura di Stefano, infatti, è vittime di alcune amnesie. Gli viene certamente concesso di essere stato il primo martire cristiano e tra i primi diaconi servitori alla mensa. Ma spesso si dimentica che, nonostante quanto traspare dalle intenzioni dei Dodici (At 6,2-4), anche lui predica la Parola (At 7,2-53.55-56), con «sapienza ispirata» a tal punto da renderlo irresistibile nelle dispute (At 6,9-10). Si noti, poi, che è soprattutto quest’ultimo aspetto a far adirare e scagliare contro di lui i suoi uccisori (At 7,54.57-58).
A tal proposito è interessante, anzi decisivo, sottolineare quanto ascoltato domenica scorsa dall’evangelista Luca: proprio quel Gesù, per uccidere il quale Erode mise in conto la “necessaria” eliminazione di un numero indefinito di neonati innocenti, cresceva in «sapienza e grazia» (Lc 2,40) – nello stesso modo in cui Luca dipingerà poi Stefano: «pieno di grazia» e di «sapienza» (At 6,8.10).
In definitiva, come Matteo (2,2-3) ci informa, il Potere (religioso e politico) può essere sì spaventato da chi percepisce come proprio rivale, ma tale terrore, precisa dunque Luca, è strettamente legato alla sapienza, alla saggezza, a quel sapere intellettuale e pratico di cui è “armato”, o meglio di cui è capace, chi si oppone al Potere armato. D’altronde, Erode si adirò per essere stato beffato dai magi (Mt 2,16), ossia da dei sapienti provenienti dall’Oriente che sapevano interpretare i sogni (Mt 2,12).
Ci sarebbe molto da pensare e da fare – se si volesse! – a proposito di questo lato tragico e sapienziale del cristianesimo (qui e qui), tanto trascurato (se non rimosso), quanto fondamentale per affrontare quelle che Papa Francesco nel suo Messaggio urbi et orbe definisce «le trame del male» e «la logica della guerra»:
«questi bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra, dalle guerre, sono i piccoli Gesù di oggi. Allora dire “sì” al Principe della pace significa dire con coraggio “no” alla logica stessa della guerra. Ma per dire questo “no” bisogna dire “no” alle armi. Perché, come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi? Se l’uomo, il cui cuore è instabile e ferito, si trova strumenti di morte tra le mani, prima o poi li userà. E oggi, come al tempo di Erode, le trame del male si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e del nascondimento: quante stragi armate avvengono in un silenzio assordante, all’insaputa di tanti!».
Quanta saggezza, quanta sapienza – e quanto coraggio! – ci vorrebbe, allora, perché soprattutto gli uomini e le donne del giornalismo, della cultura e della politica si facessero carico (senza farsene schiacciare) ed assumessero su di sé il rischio mortale (senza morirne) di quanto chiede il vescovo di Roma (qualcuno direbbe con incoscienza, ma certo con scienza dei recenti bilanci europei):
«La gente, che non vuole armi ma pane, che fatica ad andare avanti e chiede pace, ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti. Eppure dovrebbe saperlo! Se ne parli, se ne scriva, perché si sappiano gli interessi e i guadagni che muovono i fili delle guerre».
Nel frattempo, possiamo riconoscere con molta umiltà e realismo che, per sostenere l’attesa di quello che Goffredo Boselli chiama l’inatteso, non ci resta – ancora una volta – che la potenza del simbolo, del mito, evocato da Francesco che alla sua attualizzazione ci esorta con forza:
«Isaia, che profetizzava il Principe della pace, ha scritto di un giorno in cui “una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione”; di un giorno in cui gli uomini “non impareranno più l’arte della guerra”, ma “spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci”(2,4). Diamoci da fare perché quel giorno si avvicini!».
E così sia…
Quindi qualsiasi Potere raggiunto dall’uomo, anche se nell’ambito di una Chiesa, e’ potere che ha avuto origine dalla volontà dell’uomo stesso. Infatti come a suo tempo un popolo ha desiderato costruirsi un vitello d’oro da porre su un altare e offrirgli onori, così oggi costruiamo un modello a immagine di uomo, un esemplare che esalta le più alte ambizioni coltivate da ingegno e cultura intellettuale umane, un apice di potere che pone domande inquietanti, cosa farne? Può essere per servire a raggiungere un benessere ma anche a farne un altro uso, e questo lo decide l’uomo stesso che ne è il creatore. Se il Potere e da Dio questo opera miracolo sulla natura umana, la trasforma e come ha detto l’apostolo
Paolo non sono io ma è Cristo che vive in me. Da questo si comprende la differenza del “potere esercitato in modo umano che torna senza aver operato, a quello da Dio .
Inoltre, ad avvalorare le Parole dei Profeti sulle quali poggiare Speranza, qui Isaia, basterebbe aprire anche le Parole di Papi già conosciuti a noi vicini, a convincere i non credenti, i lontani di oggi che sono cultori del nuovo mondo di oggi, che si misura con quello da lui costruito dall’intelligenza artificiale. Un confronto che merita essere esplorato a confutare che cosa corrisponde a verità, quale la statura dell’uomo creato da Dio e quella di quel fantoccio metallico pieno di micromeccanismi tutti copiati dal modello umano, ma che in definitiva non danno vita se non a un server che può anche sfuggire a un comando, avere un guasto e procurare danno, come già sembra accadere. Leggere dunque anche questi libri di non minore sapienza, espressa con lingua a noi famigliare e la fiducia che rimane intatta anche dopo la loro dipartita.dal ieri c’è l’oggi ma La Sapienza e per questo via che ci illumina a discernere, a sapere vedere quale il giusto cammino
Che la realtà è questa descritta, peggiore se riportata da un reporter. Ma come per il Covid il vaccino e’efficace ad attenuare gli effetti della malattia, sembra che ciò che si va creando( robot=intelligenza art.), abbia ridotto la facoltà di inorridire di fronte al male di cui l’uomo moderno è capace, tal quale l’antico, anche queste guerre sembrano sgangherate, prive di ciò che ha parvenza di intelligenza che differenzia l’umano da un artificio. Cosa più dire che serva a scuotere quel minimo di coscienza sepolta da assuefazione alla violenza? Non si ha il coraggio di nominare Gesù Cristo, non ad alta voce, Tante buone motivazioni ma non mai invocare Lui. il Suo Potere sanno che esiste altrimenti perché si fanno benedire e si fanno ossequiosi si suoi rappresentanti?oppure distruggono i Suoi templi per la medesima ragione. Giovanni Paolo II l’ha avuto questo scatto, tal quale Cristo dei mercanti davanti al Tempio. E’ l’unica arma rimasta agli inermi.