La speranza operosa oltre la cronaca di un tempo incerto

Cosa accomuna il cantautore Michele Bravi, il filosofo Mounier e il Giubileo indetto da Papa Francesco?
8 Gennaio 2025

In un intenso e allo stesso tempo struggente testo di qualche anno fa (2021) – Cronache di un tempo incerto – il cantautore Michele Bravi si domandava se, in questa infinita cronaca di un tempo incerto nella quale siamo tutti piombati, fosse rimasto qualcosa in cui credere sul serio che «non sia ancora scheggiato, che sia rimasto intero». Il quesito dell’artista italiano rivela il desiderio vitale di andare oltre, di non stare fermi, di trovare senso e finalità alle cose della vita e del mondo.

Come acutamente nota Bravi i nostri anni sono contraddistinti – specialmente in Occidente – da comunità umane sempre più pessimiste, scettiche e sconfortate tanto da prefigurare un presentismo incerto, infecondo e impossibilitato ad andare al di là della cronaca del tutto e subito, del successo effimero e della dimenticanza generalizzata, del calcolo matematico-aziendalistico e dell’organizzazione efficientista. È sorta e si è affermata infatti un’epoca nella quale è difficile ritrovare «qualche cosa in cui credere davvero» canta l’artista esprimendo così la necessità di scovarla, narrarla e seguirla personalmente e comunitariamente.

Nel tempo della rarefazione o meglio della scomparsa delle grandi narrazioni di senso sull’esistenza umana, con il giubileo ordinario del 2025 papa Francesco propone ai credenti e all’umanità intera di tornare a riflettere sulla speranza. Secondo i cristiani la speranza trova fondamento e finalità in Cristo. Speranza significa anche rimettere al centro le virtù umane della pazienza, della perseveranza, della fiducia volte ad arginare la fretta, l’insofferenza, il nervosismo, l’insoddisfazione e la chiusura che devastano le nostre relazioni personali, sociali, istituzionali. Ma sperare, come ha affermato Bergoglio nell’omelia della solennità del Natale, è anche ricordare che «Dio perdona tutto, Dio perdona sempre» ovvero immettere nella nostra esistenza individuale e di popolo la dinamica del ricominciamento, del cambiamento, della conversione da una vita in necrosi ad una di fecondità.

Come prontamente ricordava il filosofo Mounier nella sua opera Cristianità nella storia, a parere dei cristiani la speranza non è posta nei regni del mondo. Tuttavia secondo il pensatore francese, se il messaggio di Gesù «non era direttamente destinato alla felice sistemazione di questo mondo» ciò non significa che i suoi discepoli non debbano lavorare direttamente, insieme a tutti gli altri uomini, al miglioramento del mondo. Il pensiero di Mounier ci introduce alla logica della speranza operosa avanzata dal vescovo di Roma per il quale il nostro compito è quello di «tradurre la speranza nelle diverse situazioni della vita. Perché la speranza cristiana non è un lieto fine da attendere passivamente: è la promessa del Signore da accogliere qui, ora, in questa terra che soffre e che geme» (Omelia della solennità del Natale, 2024).

Risulta evidente che questa tipologia di speranza legata tanto alla storia quanto a Dio non si concilia con le nostre comfort zone, con una prudenza ristagnante, con chi non si espone dinanzi al male perpetuato verso gli uomini e il creato. Si tratta allora di una speranza in grado di animare un rinnovamento spirituale capace di trasformare il mondo al di là dei fallimenti, dei sogni infranti, delle stanchezze e dei tradimenti. Nella bolla di indizione del giubileo Spes non confundit Francesco declina la speranza operosa attraverso alcuni segni che riguardano l’esigenza di pace per tutti i popoli; la tutela della vita in ogni fase della sua maturazione e in qualsiasi condizione sociale, culturale, etnica, politica; la vicinanza e il sostegno ai poveri, ai carcerati, agli emarginati; l’impegno per rimediare alle cause remote delle ingiustizie diffuse a livello globale.

Di conseguenza i cristiani sono chiamati a percorrere sulla terra un cammino con gli uomini e le donne di questo tempo volto a far maturare questi segni. In tal modo la speranza, come ha sostenuto Bergoglio all’apertura della porta santa presso la casa circondariale di Rebibbia, si configura come una sorta di àncora alla quale aggrapparsi sia per uscire dall’infinita incertezza di questa epoca sia per operare concretamente nel mondo per il bene di tutti gli uomini.

 

Una risposta a “La speranza operosa oltre la cronaca di un tempo incerto”

  1. Pietro Buttiglione ha detto:

    Bello quello che scrive il Mounier. Vi si era attaccato Paolo VI.. speranze … DELUSE..sofferenza.. depressione che IMO lo portò alla morte..
    L’invito alle opere, impegno fattivo mi torna molto evangelico ma mi suggerisce anche una fuga dalla manifesta incapacità di dare risposte di SENSO alle domande che ci pressano dalla Realtà in cui siamo immersi.
    Decostruire x chi non ha occhi bendati è facile! basta seguire Tillich, Spong, Arregi, Lenaers, Vigil, Matthew Fox, Corallo, lo stesso Faggin, Gamberini, Squizzato…. e cosa ti resta in mano della ns Chiesa attuale?? Poco e niente!
    Anche perchè il loro costrutto a me non convince del tutto.
    PS dovremo aspettare i 200 anni di Martini,????

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