Era inevitabile. Troppo fuori dalle righe le dichiarazioni di alcuni partecipanti per non diventare oggetto di attenzione, critica e sarcasmo da parte dei miei studenti. Ero entrato in classe con l’idea di fare un passo avanti dentro il grande tema dell’amore. Già avevamo aperto la questione “omosessualità”. Oggi è impossibile parlare di amore con gli adolescenti senza che qualcuno di loro tiri dentro, come dato assolutamente scontato, che anche una relazione omosessuale sia una forma di amore.
“Prof., ma l’ha sentita l’intervista de “Le iene” sul congresso di Verona?” In modo rispettoso, ma deciso, Valentina mi interpella fissandomi negli occhi. “Sì, l’ho sentita, ma credo che non tutti quelli che erano a Verona pensino quelle cose – rispondo”. “Ma quali cose? Cosa hanno detto?” Dall’altro lato della classe arriva la domanda di Angelo. La sua compagna di banco gli riassume grosso modo le cose più estreme: “che gli omosessuali vanno all’inferno, che è una malattia e va curata con la conversione a Dio”. Angelo la guarda e scoppia a ridere fragorosamente.
“Va bene ragazzi. Credo che su questa cosa ci sia bisogno di discutere. Se volete si può fare”. “Si va bene prof., però senza pregiudizi – ribatte Valentina”. “Beh, nessuno mai ne è esente, Vale, non illudiamoci. E forse se uno se li riconosce è probabile sia più “pulito” nei suoi ragionamenti di uno che invece non se li riconosce. Io ci provo sempre a tenere a bada i miei pregiudizi, dovreste saperlo. E devo riconoscere che molti di voi pure ci provano. Mi piacerebbe ci provassimo tutti”. “Ma prof. qui non si tratta di pregiudizi – ribatte Valentina – dire che l’omosessualità è una malattia è semplicemente una grossa balla. Ci sono le prove”.
“Ecco vale – le rispondo – cominciamo da qui. Difficile parlare di prove. Ci sono degli indizi e dei dati che, per ora, sono stati interpretati almeno in tre modi diversi”. E provo a spiegare le tre teorie maggioritarie sull’origine dell’omosessualità, quella genetica, quella sociale e quella psicologica. “Ma prof., – riprende Valentina – non è più semplice e normale riconoscere che l’omosessualità è un dato naturale, che ci si nasce, e che, come l’eterosessualità, è una delle possibilità della natura di definire l’orientamento sessuale degli esseri umani, senza dover per forza immaginare che sia una malattia o qualcosa di negativo?”. “Capisco Vale. Secondo te uno nasce con questo orientamento sessuale e ciò è perfettamente normale come l’eterosessualità”. “ Eh. Certo prof.”. “Ok. Se seguo il tuo pensiero faccio però fatica a rispondere a due domande: come mai il dato statistico, offerto dalle stesse organizzazioni degli omosessuali, indica una stima massima dei non omosessuali attorno al 9% dell’umanità? Se l’orientamento sessuale fosse un dato puramente naturale ci dovremmo aspettare dei numeri molto diversi. Seconda domanda. Come spieghi che la natura produca un orientamento sessuale che renderebbe impossibile, per natura, la riproduzione, quando questo istinto è uno di quelli essenziali, non solo della specie umana, ma di tutti gli esseri viventi? Sul piano evolutivo non avrebbe senso”. “Eh prof., lo vede, lei ragiona con dei pregiudizi. Per lei l’omosessualità è sbagliata a prescindere”. “Vale, ho solo posto due domande e credo che meritino una risposta a partire della tua stessa idea di fondo”.
Angelo interviene: “Per me invece l’orientamento sessuale è un dato acquisito: non ci si nasce, ma è costruito nel contesto sociale in cui uno cresce. E perciò non è certo una colpa. Perciò non vedo perché un omosessuale non dovrebbe avere gli stessi diritti di un etero, ad esempio di avere dei figli”. “Scusa Angelo – ribatto – se essere omosessuale fosse una colpa, allora non avrebbe diritto ai diritti?”. “Eh prof, se fosse una colpa potrebbe anche non averne diritto”.
“Un momento – dico – i diritti delle persone non stanno in piedi sul fatto che uno sia senza colpe e che la sua condizione sia esente da negatività. Qui credo davvero che ci sia una distorsione della realtà. Guardate, io credo che anche a Verona alcune persone ragionassero alla stessa maniera. Chiedevano di non riconoscere il diritto agli omosessuali di avere figli perché l’omosessualità viene pensata come grave imperfezione, contraria alla natura umana. Nel modo di pensare di Angelo, il rischio è che si usi lo stesso criterio, ma rovesciato nel contenuto. Siccome gli omosessuali sono perfettamente imperfetti come tutti, hanno diritto ad avere figli, come tutti. Capite che il principio formale per concedere i diritti è lo stesso, la non negatività della propria condizione?
A Verona giudicata solo dall’oggettività della natura umana, qui giudicata solo dalla soggettività della volontà del singolo. A Verona la negatività da eliminare starebbe nell’orientamento omosessuale, qui starebbe nel non poter avere figli senza un rapporto eterosessuale. Entrambi i ragionamenti chiedono di eliminare una negatività e nessuno dei due ipotizza che la negatività si possa accettare, e attraversare.