Contro il ddl Zan? (As)saggio di dibattito ecclesiale – 1

Se la CEI auspica un "dialogo aperto" sul ddl Zan è chiaro che tale dialogo deve essere sia 'ad extra' che 'ad intra'...
29 Maggio 2021

Il disegno di legge che porta il nome dell’onorevole Alessandro Zan sta provocando un dibattito acceso che mette in evidenza posizioni, riflessioni e preoccupazioni molto variegate. L’Italia pare divisa in due, e questo sembra un fatto. Al fatto la vulgata aggiunge un giudizio di valore: da una parte stanno i buoni, dall’altra i cattivi. Naturalmente buoni solo e soltanto coloro che appoggiano questo disegno di legge e cattivi tutti gli altri – “chi non è con noi è contro di noi”. L’eco di una citazione evangelica non è casuale qui, perché questa spaccatura sembra ripercuotersi anche all’interno del dibattito ecclesiale. Siccome mi trovo collocato tra i cattivi contrari a questa legge trovo utile provare a decostruire questa narrazione e, soprattutto, la sua trasposizione anche all’interno del dibattito ecclesiale.

Lo scopo dichiarato di questo disegno di legge è «tutelare dimensioni dell’identità personale di ciascun individuo, come il sesso, il genere, l’orientamento sessuale, l’identità di genere e la disabilità, dimensioni che la Repubblica ha il compito di preservare e difendere» (così Zan). Se mettiamo tra parentesi il riferimento all’identità di genere, che è nozione ambigua e discutibile, questa dichiarazione di intenti sembra consonante con quanto il magistero pontificio insegna. «Perciò desideriamo anzitutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare “ogni marchio di ingiusta discriminazione” (CCC, n. 2358) e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza» (Amoris Lætitia, n. 250). Peraltro la frase “va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto” suona male in italiano per una ripetizione che non è nemmeno calco dell’originale “reverenda esse sua in dignitate et observanter accipienda”, che potrebbe esser resa con un “va rispettata nella sua dignità e accolta con apprezzamento”. Con la correttezza il testo guadagna pure in significatività – posto inoltre che già il “reverenda” reso con rispettata perde qualcosa in intensità, ma del tutto comprensibilmente a livello di traduzione. L’apprezzamento di ogni persona è cristiano (e cattolico!) e qui – nel testo e nella vita – prepara e dà il giusto senso ad ogni accompagnamento ed aiuto.

Il confronto non è fuori luogo perché la lettera di Zan da cui è estratta la prima frase intende esprimere l’animus di quella legge, e il testo pontificio è un’esortazione rivolta a tutti i cristiani: in entrambi i casi sono dichiarazioni di intenti rispetto all’essere umano quando si presenta come altro. Accostare questi due testi fa emergere le consonanze tra l’intento espresso dal Senatore Zan e propagandato su tutti i mezzi di informazione da un lato, e l’intento che è proposto autoritativamente ad ogni fedele cristiano: ogni persona va accolta indipendentemente dal proprio orientamento sessuale. Si potrebbero e dovrebbero fare delle precisazioni sul fatto che l’onorevole Zan parla di salvaguardare alcune dimensioni dell’identità personale mentre invece Papa Francesco richiama all’accoglienza della persona, ma in ogni caso la consonanza è limitata all’intento anti-discriminatorio ed anti-violento, che si può certo tenere per base comune, laddove appunto indichi la fondamentale accoglienza della persona indipendentemente dalle forme e convinzioni di vita di cui è portatore e che incarna.

Sembra dunque che possa dirsi risolto il dibattito sul ddl Zan. Il ddl è anti-discriminazioni, noi – cristiani qualificati dalla missio comune o da una specifica – siamo contro le discriminazioni e dunque (ergo): il ddl è cosa buona e giusta. Così alcuni, anche in quello spaccato della società che è la Chiesa italiana, concludono senza riserve. Forse subendo la stessa tentazione preponderante a livello dei principali media generalisti cui accennavamo sopra: dare per decisa senza appello la totale infondatezza, a livello argomentativo o etico, di ogni tipo di opposizione al ddl. Per tradurre ancora meglio: gli oppositori o sono disinformati o sono persone che tendono a discriminare.

Il primo caso si dà con il giornale online Open che svolge un’opera di propaganda serena secondo il genere letterario dell’articolo informativo obiettivo o, come si preferisce dire oggi, del “fact-checking”. Emblematico il passo: «In altre parole, ognuno potrà continuare a dire di non gradire, ad esempio, le adozioni, i matrimoni gay o l’utero in affitto. Non potrà più dire, invece, – o meglio potrà continuare a farlo ma rischiando delle sanzioni – “disabile di merd*a” o “froc*o di merda”». Interessante la riconduzione della resistenza etica ad adozioni o all’utero in affitto come questione di “gradimento”. Non credo sia il segno di un’approfondita presa di posizione per la morale del sentimento, quanto una neutralizzazione a mero gusto personale. Da piccoli segnali come questi si capisce che il “fact-checking” – in questi casi – è un genere letterario a servizio di un’idea, non un servizio all’informazione.

La seconda opzione si concretizza in un articolo qui pubblicato in cui si cerca di suggerire che la “paura” delle derive illiberali del ddl Zan seguano ad una cattiva coscienza – in questo caso nel mondo dell’insegnamento. Tutto questo scritto è un po’ una risposta a tale “provocazione”, sperando di aprire un sano dibattito. Va precisato che quell’articolo nasce come risposta ai toni molto forti con cui il professor Incampo definisce i pericoli di questo articolo per gli insegnanti di religione.

In particolare rispetto alla questione della libertà di espressione in generale e nell’ambito dell’insegnamento per alcuni non può essere questione che di difendere il ddl oppure di ammettere di avere qualcosa da nascondere.

In ogni caso va precisato che la concordanza rilevata – con benevolenza – tra l’animus del promotore del ddl e quello generato nella Chiesa al riguardo non può essere la conclusione di un giudizio su di un disegno di legge, perché le leggi si giudicano sul testo, il contesto e la prassi giuridica che genereranno, così come sulle concettualità etiche e sociali sottese. In realtà non tutti tra i promotori ritengono questa legge uno strumento per la difesa della dignità delle persone, ma (anche) un inizio di un cammino (utero in affitto? identità di genere per sola dichiarazione?). E dunque forse non tutti hanno la volontà di costruire il consenso necessario per un cambiamento della società quanto invece l’intento di ricostruire le radici di una nuova società. Così come, va detto, alcuni si oppongono al ddl Zan per conservare uno spazio grigio per discriminare.

Posto questo metodo, nel contributo successivo evidenzierò quelli che mi sembrano essere i tre problemi serî di questo disegno di legge.

 

5 risposte a “Contro il ddl Zan? (As)saggio di dibattito ecclesiale – 1”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    E’ questo un subject non facile a essere discusso entro mille battute, ma a scansare fraintendimenti, come semplice lettrice della Parola di Dio, io in quella Parola credo fermamente, la credo Unica capace di aprire vie per ogni persona qualunque sia il suo stato e questo avvalendomi di esempi di vita cristiana, di difficoltà superate proprio per grazia di quel “potere” che la divinità compi realmente, tanto da far apparire miracoli lavata di persone “. deboli e n difese”. unto qui espresso in prima risposta resta, il rispetto alla persona umana, il diritto a vivere in libertà di scelta, ma nel contempo sono per la salvaguardia del concetto di vita che il Creatore ritiene degno per iella creatura fatta a sua immagine e somiglianza, alla quale ha mandato come Messaggero il Figlio suo unigenito a insegnare come l’Uomo sia stato fatto per avere vita eterna

  2. Paola Meneghello ha detto:

    Giusta la tutela delle minoranze, ma ho come la percezione che alla base ci sia una sorta di normalizzazione, e ho dei dubbi che mai avrei pensato di avere: ad esempio, i passi in avanti hanno portato a poter curare la disforia di genere, ed io sono favorevole, perché essere felici è un diritto, e non credo siano capricci, per persone che ingiustamente dovevano nascondersi come appestate, – ed è sul riconoscimento dell’anima di una persona, più che sulla sua esteriorita’, che, secondo me, si deve lavorare -, ma se ho bisogno di un trattamento ormonale, o addirittura di un intervento, tutto questo, può passare per evento normale, come avere gli occhi blu o neri ? Probabilmente questa è una condizione anche più diffusa di ciò che si pensi e che la società deve imparare ad accettare : ma il rispetto delle differenze non può voler dire omologazione o simulazione per sentirsi tutti uguali, e se esprimere il dubbio è quasi diventata eresia, me lo fa aumentare. .

    • Mattia Lusetti ha detto:

      Concordo sui suoi dubbi che nella seconda parte ho espresso in maniera un po’ più articolata, grazie per la lettura!

  3. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Se il Deputato Zan ha ritenuto di dover presentare un disegno di legge a protezione di cittadini soggetti a manifestazioni offensive obbedisce a ciò che la Legge stessa tutela “tutti i cittadini hanno pari dignità davanti alla legge (3)….E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli etc.” La Chiesa protegge l’uomo tanto più se è debole, indifeso. Ma questo rispetto va garantito reciproco,;ci sono diversità che sorgono nuove ,coinvolgono sentimenti, contrastano cultura e tradizione, un modo nuovo di intendere, di nuova visione di società , e per questo richiede l’apertura a un dialogo largo e approfondito dove la libertà di uno non si opponga a quella dell’altro. In pratica potrebbe anche accadere che si creino famiglie e comunità con ispirazioni diverse. È per questo anche l’approccio culturale può interessare in tutti quegli ambiti dove la personalità va a formarsi.

    • Mattia Lusetti ha detto:

      Condivido anche io la necessità di un dialogo sereno e paziente, che riesca a far emergere gli aspetti grigi della vita quotidiana e delle lotte di tutti nella propria condizione.
      Penso che l’intento di difendere i deboli sia condivisibile, ma bisogna discernere le intenzioni e i mezzi con cui lo si fa.

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