Voci dal silenzio

Un libro raccoglie quindici interviste ad eremiti italiani e racconta anche il viaggio, esteriore ed interiore, dei due autori: uno stimolo utile per riconsiderare il valore del silenzio e della solitudine.
8 Marzo 2022

Nei giorni che stiamo vivendo, in cui la realtà bussa dolorosa alle porte della nostra vita anche nella sua dimensione collettiva, e in cui il flusso delle informazioni si fa sempre più pressante, dopo due anni di pandemia e di crisi sociale, a cui seguono le vicende della guerra in Ucraina, sentiamo forse in questa Quaresima il desiderio profondo di fare una sosta, ascoltare lo Spirito, immergerci nel silenzio. È, quella del silenzio, una dimensione che la spiritualità occidentale sta via via sempre più riscoprendo, sorella dell’esigenza di armonia con il creato: silenzio e natura, sguardo buono sul mondo e capacità di penetrare nel proprio io, bisogno di fraternità ed equilibrio nelle relazioni: sono queste alcune delle strade che la spiritualità del XXI secolo ci consegna, in quel percorso mai finito di umanizzazione delle proprie vite.

Per questo può essere una lettura preziosa il volume di Joshua Wahlen e Alessandro Seidita Voci dal silenzio. Un viaggio tra gli eremiti d’Italia (Milano, Tea, 2021), che racconta un lungo viaggio condotto dai due giovani autori, documentaristi prima che scrittori, i quali hanno seguito lungo la penisola le diverse tracce degli eremiti del nostro tempo. È un volume che si affianca a un documentario, reso disponibile dal 2018, dal medesimo titolo, documentario che merita sicuramente la visione, come utile completamento e stimolo da accostare alle pagine del libro.

Voci dal silenzio è, dunque, un’indagine sugli eremiti italiani, che stanno progressivamente aumentando di numero, nelle loro molteplici esperienze, storie, religiosità. A una prima parte introduttiva, seguono 15 interviste ad altrettanti uomini e donne che hanno fatto la scelta radicale della solitudine, del silenzio, della meditazione. Wahlen e Seidita seguono nel testo lo sviluppo del loro viaggio, facendo sosta là dove sono accolti, là dove una parola di saggezza e umanità è loro donata, anche quando l’eremita si nega alla videoregistrazione o alla stessa intervista scritta, come capita con Rosalba, che per più giorni fa attendere i due autori senza alla fine permettere la visita, perché non ha sentito in quell’azione la voce dello spirito (Rosalba, l’eremita di Oulx, recentemente scomparsa). Ma laddove si instaura il dialogo, emergono storie di grande intensità, quasi sempre radicate nelle ferite della persona, da cui poi scaturiscono resurrezioni. È il caso di suor Paola, che vive ora nel cuneese, con un matrimonio fallito alle spalle, ma capace di rileggere quel suo evento come un passaggio di necessaria crescita e riconsiderazione di sé: «Qualunque cosa la vita ti proponga, anche un cambio di rotta, come è stato per me, la responsabilità più grande è cogliere l’occasione. Anche nell’evento più incomprensibile e più doloroso c’è un’occasione».

Ciò che conta, sembrano dire le vite più equilibrate ed armoniche raccontate nel volume (gli autori accennano anche a un paio di storie dove la scelta dell’eremitaggio sembra avere i tratti della patologia), è che la solitudine sia «abitata», perché Dio «continua a visitarti anche nella solitudine del deserto», secondo quanto dice Fra Cristiano, eremita della Lunigiana. E proprio per non cadere preda dell’attaccamento a qualcosa (esiste anche un attaccamento alle proprie ferite, annota saggiamente Viviana, della Pieve di san Giorgio) che l’eremita sceglie il silenzio, la vita appartata, il legame con il mondo naturale come libro di narrazione della grandezza del divino. L’eremitaggio è un desiderio, ma anche una lotta continua per discernere ciò che abita il cuore, per orientarsi verso il bene, in una sorveglianza continua dei propri pensieri: è, questo del dominio armonico di sé, un Leitmotiv di numerose interviste. Per gli eremiti di tradizione cristiana vi è poi una frequentazione continua della Parola di Dio: basti pensare a Giancarlo Bruni, biblista e monaco, capace di chiarire la differenza tra isolamento e solitudine, perché, dice, «la solitudine è il momento in cui ho bisogno di stare solo per rimisurare bene il mio rapporto con il cielo, con l’uomo, con il creato. Quindi la solitudine è solo un momento in vista della compagnia, della comunione»; poiché – ricorda in un’altra intervista Frate Bernardino, assai noto a chi frequenta il cammino umbro di san Francesco, essendo egli ricostruttore della Romita di Cesi – vi è anche un ‘ministero dell’ascolto’ dell’altro che spesso si accompagna alla vita eremitica. Sembra paradossale, ma non lo è, dal momento che molti sono coloro che cercano parole di saggezza, di umanità, di accoglienza bussando alle porte degli eremi. Sempre per la tradizione cristiana è poi decisiva una conferma dall’esterno, data «da un accompagnatore spirituale, da un vescovo, da una comunità da qualcuno che ti dica sì o no, che ti dica: provaci», ricorda Frédéric dell’Eremo di sant’Ilarione, in Calabria, secondo il principio dell’affidarsi per non cadere preda delle proprio ambizioni o paure: tutte le vocazioni necessitano di una conferma ‘oggettiva’, compresa quella eremitica: «Non dovresti essere tu, da solo, che t’inventi le cose, vai e parti».

Il libro (che peraltro ha una ricca serie di fotografie) è poi arricchito anche da testimonianze di eremiti che seguono la spiritualità orientale, come Swami Atmananda, che tesse una lode intima alla gratuità dell’amore, dell’agape, o come Gianni, dell’Eremo di Positano, che ha poi deciso di condividere la sua vita con una compagna, Johanna, in una forma di ‘eremitaggio condiviso’ (ossimoro che merita un approfondimento).

Dunque storie differenti, ma capaci di parole di sapienza, di riconciliazione, di bontà. Ciò che conta non è poi, in ultima analisi, dove si vive, ma come si vive: è il finissimo accento di Antonella Lumini, che firma la prefazione, che invita a stare sul come: «l’essenziale consiste nel custodire l’eremo nel cuore per portarlo lì, ovunque si è». Ed è quello che infine apprendono i due autori, capaci di rendersi disponibili all’ascolto, ma soprattutto, a farsi penetrare dalle parole e dalle esistenze incontrate, e quindi capaci di ‘vite nuove’, rinnovate almeno nel desiderio.

2 risposte a “Voci dal silenzio”

  1. Giuseppe Risi ha detto:

    Ciascuno è libero di fare ciò che crede, ma che questi eremiti siano da esaltare come modelli di vita positivi mi lascia perplesso. Come è possibile amare il prossimo (fondamento costitutivo della vita cristiana) rimanendo per scelta fisicamente lontani da ogni relazione con il prossimo stesso?

    • Fabio Colagrande ha detto:

      L’amore per il prossimo autentico e perdurante nasce dall’incontro interiore con Cristo. Io mi chiedo piuttosto come fa ad amare il prossimo chi non è capace di vivere come un eremita, anche urbano.

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