Un presepe contro la tradizione?

La tradizione, nata come “consegna di patrimonio” da una generazione alle altre successive, forse non è altro ormai che una gabbia
3 Gennaio 2021

Tra le “novità” di questo 2020 che si è appena concluso appare anche la natività mostrata “urbi et orbi”, e inaugurata per la festa dell’Immacolata, il corpulento presepe in ceramica proveniente dalla piccola città di Castelli in provincia di Teramo, cittadina consacrata al culto e alla produzione della ceramica. Questo “chiacchierato presepe”,  da tanti giorni in Piazza San Pietro, consegnato con una scelta limitata di elementi, facenti parte di un complesso ben più ampio conservato nel museo locale della cittadina di provenienza. L’opera nasce come creazione di un gruppo di studenti  dell’Istituto d’arte “A. Grue” di Castelli che lo ha realizzato tra il 1965 a il 1975, arco di tempo che includeva eventi storici quale lo sbarco sulla luna, il dibattito continuo sulla pena di morte, i fermenti mai sopiti del Concilio Vaticano II appena concluso…

Eppure questo presepe, che ha avuto un’eco mediatica internazionale, non è stato capito da molti, e si sono levate a denigrarlo pesantemente voci autorevoli e non. Tra le prime citiamo Vittorio Sgarbi che ha tuonato affermando addirittura che “il Presepe di Castelli tradisce il mondo religioso… non c’entra niente con la religione cattolica… I personaggi sembrano degli astronauti. … è…l’umiliazione del cattolicesimo”,”e l’esperto di arte sacra ed editore di Fede e Cultura, Giovanni Zenone, afferma, in un articolo de il Giornale.it del 22 dicembre, come esso sia : “…il trionfo del brutto nell’arte sacra contemporanea….”

Tra le meno autorevoli citiamo invece alcuni commenti comparsi sulla pagina Fb di Vatican News dedicata al presepe, e molti sono di questo tenore: “Con tutto il rispetto possibile, ma il presepe è a dir poco orrendo!”, “Simbolo della decadenza della Chiesa”, ”Un presepe osceno…” “Brutti i feticci-totem, inquietanti i personaggi presenti e distanziati. Molto coerente con la bruttezza che da tanto abita quei desolati luoghi”, “I personaggi hanno fatto il tampone?”, “Orrido e demoniaco spettacolo …”

Commenti che esprimono di tutto e di più. Eppure se la Natività di Castelli sembra molto poco nella scia della nostra tradizione, lontana dai canoni estetici consacrati di una visione artistica consolidata da secoli, ad un attento osservatore non si può dire scevra di una sua sapienza artistica.

Partiamo dal primo punto: la tradizione! Considerato come l’ennesima picconata della Chiesa di Papa Francesco a questo valore sacrosanto, viene da chiedersi su due piedi se la tradizione, nata etimologicamente come “consegna di patrimonio” da una generazione alle altre successive, non sia ormai un apparato che rappresenta una gabbia, piuttosto che un bagaglio fecondo di storia e vita come dovrebbe invece essere. Perché, invece, non possiamo credere che un gruppo di allievi di un istituto d’arte, non ci abbia “consegnato” un modo di vedere la Sacra Famiglia, l’accorrere dei pastori, la presenza degli angeli, l’arrivo dei Magi… come la sentivano loro, esperti di tecniche ceramistiche fini, ma anche di echi artistici e architettonici della storia e della tradizione d’arte più dotta?

Da più parti si conviene che questo presepe richiama l’arte assiro-babilonese, quella egizia e sicuramente la scultura greca arcaica nelle figure dei kouros con pettinature simili richiamate… come gli echi di un astronauta, di un guerriero col teschio disegnato sull’elmo, di un personaggio uscito dal primo Star Wars. Insomma, perché non possiamo intenerirci, per una volta, esattamente come quando si permette ai bambini di mettere i loro personaggi lego tra le statuine tradizionali del presepe casalingo?  Perché non si può sorridere nel vedere dopo cinquant’anni il documento artistico di ragazzi che avevano i loro eroi e gli astronauti sulla luna ancora negli occhi, riecheggiando tutto questo in un presepe diverso e corpulento, forse anche sgraziato come forme? Ma proprio in questo è indubbio che ricordi anche i visi di Botero e abbia certe assonanze in Picasso e Modigliani….

Insomma questi ragazzi di allora affidarono alla tradizione, portata in Piazza San Pietro nell’ultimo Natale, un presepe che sa di estremi, di corpi pesanti e di guerrieri che vogliono salvare lo spazio, di angeli che sembrano loro stessi dei Pantocrator (si noti la proporzione imponente dell’angelo che sovrasta il piccolo Bambinello), di crete “graffiate” del pelo delle bestie e di stoffe graffiate negli abiti di Maria e Giuseppe (forse simili alla materia incompiuta e spesso screpolata del Michelangelo dei Prigioni e dell’incompiuta Pietà Rondanini?)… Materia grezza, storia estrema (arcaica o futuristica) oppure tormento di un Rinascimento, in Michelangelo, che cerca una nuova Maniera di far arte, aprendo al Barocco inquieto.

Perciò, non possiamo non vedere una rispettosa ricerca in questi giovani scultori, ricerca che nulla toglie alla tradizione dell’arte del presepio classico, a secoli di splendide sculture e pitture di natività composte e soavi, bellissime, “magiche”, evocative ed equilibrate che nessuno potrà mai toglierci e sono i nostri gioielli di famiglia. Eppure i nostri giovani ceramisti di allora aggiungono un pezzo di tradizione che grida al nuovo, con la voglia di rappresentare Gesù che per loro nasce così, cioè nasceva ancora nel loro tempo di cinquant’anni fa, e forse a noi oggi sembra così datato che alcuni lo hanno perfino tacciato di caratteristiche sessantottine. Quanta paura, quanto terrore che manchi l’idea che la Vergine è sempre la Tota pulchra e Gesù Bambino il più bello tra i figli dell’uomo, sulle cui labbra è diffusa la grazia…! Non è così! Questa idea è ben presente e questo presepe non ha nulla di blasfemo, semplicemente potrebbe non piacerci.

Dobbiamo cambiare occhi, a mio avviso, nel giudicare impietosamente un’opera di ragazzi di cinquant’anni fa e credere che non volevano togliere nessuna bellezza ai protagonisti della storia della Salvezza, o a una tradizione estetica e pittorica che ha troppi secoli e troppo spessore per temere il piccolo e tozzo, tenero presepe di Castelli. Perché se è l’estetica a guidare il nostro giudizio, allora non identifichiamo solo questa parola con l’idea di bello che abbiamo dentro, ma anche qui dobbiamo pensare al suo primo significato, dove “àistesis” significa in greco “cogliere coi sensi”!  Hanno colto coi loro sensi, toccato la creta, respirato e sentito così quei ragazzi, autori di allora. E se come scriveva Amedeo Modigliani  all’amico Paul Alexandre: “La felicità è un angelo dal volto severo”, viene da sorridere nel guardare il volto serio dell’angelo sopra Gesù Bambino, un angelo severo o un angelo colto così da quei ragazzi che sono stati felici, spero, nel ritrarre la Natività in tale modo.

E un grazie vada anche alla tradizione, con la T maiuscola, che ci dà sempre nuovi regali e ci rende più ricchi di vita e di creatività umana.

 

 

7 risposte a “Un presepe contro la tradizione?”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Forse hanno voluto creare con la ceramica un’opera ispirata al presepe.Prese una per una I personaggi esprimono stupore, del bambino non vi è forma umana solo calore? O colore? L’animale invece e come presenza rassicurante indica l’ambiente dove il fatto è accaduto. Forse era l’opera in ceramica che si premeva realizzare , la santa rappresentazione non era l’intento di cui parlare. Non mi sembra abbiano offeso la tradizione visto l’idea presepe , del resto se ci vengono mostrati i presepi nati da fantasie diverse,, Questo può non piacere ma è presepe, non ispira spiritualità,non descrive umiltà, non racconta una storia, una opera in ceramica con dei personaggi. Forse è anche così che viene visto il presepe da gente che guarda senza essere cristiano, così come visitatori vanno nelle chiese o pinacoteche senza interesse a conoscere la storia rappresentata.

  2. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Non ho visto.. qui di dovrei tacere..😥
    Ma contesto che il denominatore di una opera d’arte o di un Presepe debba essere la “bellezza”..
    Piuttosto userei parole come ‘partecipazione’ ‘riflessione’ tra cui apprezzo quella di Gianpiero..

  3. Ornella Ferrando ha detto:

    A mio avviso, anche se ognuno di noi ha il suo modo di vedere questo presepe, una cosa è essenziale comprendere: Gesù entra nella storia di ogni uomo .

  4. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Questo Presepe , e’ profetico : ci dice come sara’ la nostra societa’ di domani. Mentre le statuine dei Presepi tradizionali interagiscono fra loro, per esempio Maria e Giuseppe sinchinano sul bambino , tengono le mani giunte, il bambino tradizionalmente allarga le braccia per accogliere in un abbraccio d’ amore l’ intera umanita’, i pastori o si inginocchiano in adorazione o levano le braccia a cielo per la sorpresa , in questo Presepe ognuno sta chiuso in se stesso, gli occhi fissi avanti, senza mani e senza braccia,e fra i vari blocchi monolitici NON C’ E’ RELAZIONE! Anche gli animali, le pecore, sono come delle pietre.
    Questa e’ la cupa profezia di come saremo noi nel futuro: distanziati gli uni dagli altri, monadi a cui ogni gesto spontaneo di toccare, abbracciare, entrare nello spazio dell’ altro sara’ proibito, individui con gli occhi fissi inavanti, che non guardano ne a destra né a sinistra astronauti chiusi nella loro tuta …

  5. Paola Meneghello ha detto:

    Lascando stare la tradizione, ci sono forme d’arte che elevano o spengono l’anima…forse questo presepio voleva evocare i tempi attuali, dove tutto – paura, distanza, chiusura musei, teatri, ecc – contribuisce a spegnere e a uccidere le nostre anime, contagiandole, al di là del virus.. avrei preferito provasse a curarle, con una bella terapia di “bellezza”, ma tant’è. .

    • Stefania Corrias ha detto:

      Senza alcuna polemica.. Ma la bellezza é negli occhi di chi guarda..
      Possiamo imparare a vedere il bello anche nelle forme apparentemente semplici.. Finalmente in piazza davanti agli occhi di tutti si eleva il “semplice”, non “perfetto” ma graffiato.. Un po come noi uomini..
      Complimenti per l’articolo, ricco di spunti e riflessioni..

      • Paola Meneghello ha detto:

        Vero, la bellezza infatti è quel punto Sacro interiore che ognuno di noi possiede, e che va sempre stimolato.
        Però la bellezza è anche un dato oggettivo: certi edifici delle nostre città non evocano bellezza e non nutrono l’anima, secondo me; la questione soggettiva è sempre in ballo, ma è anche vero che ci sono i
        forme d’arte che mettono d’accordo tutti: fare certe scelte, porta a polemiche sicure; non sono contro le provocazioni, se servono per crescere, ma in questo caso, e questo è un parere assolutamente opinabile, mi sembra servano solo a tenere in basso, tra un mi piace o no, anziché nutrire la nostra parte elevata, che mai come ora ha un gran bisogno di essere scaldata.

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