Tommaso, capace di far «parlare il vuoto»

Tommaso è il discepolo che lascia spazio alle domande, che si mette in ricerca, che, per dirla con Pierluigi Cappello, non riempie le sue inquietudini ma fa parlare ciò che manca.
19 Aprile 2020

In questo tempo di smarrimento, sentiamo Tommaso come uno dei discepoli a noi più vicino. Lo sentiamo compagno, amico, fratello, perché è colui che è capace di abitare le proprie domande, di dare loro lo spazio necessario, di mettersi alla loro sequela. Tommaso è l’unico degli Undici, da quanto sappiamo, che la sera di Pasqua non era rinchiuso nel Cenacolo: mi piace pensarlo come un uomo del movimento, un uomo che non si è fatto irretire dalla paura e, per questo, rischia anche di mancare l’incontro con il Risorto: è il rischio di chi tenta qualche nuova strada e corre il pericolo di smarrire la via. Ma, ci dice il Vangelo di oggi, Gesù sa ascoltare e sa tornare per farsi nuovamente presente.

Tommaso non si accontenta di risposte preconfezionate, non attenua la sua sete di verità per un ‘sentito dire’ che va al di là del suo umano pensare. Ha bisogno di vedere, toccare, fare esperienza. Egli è un ‘cercatore’, un seeker per usare la terminologia del filosofo ceco Tomáš Halík. E così, rischiando, merita però un altro incontro con il Risorto che si offre a lui nella sua più viva concretezza, permettendogli di mettere il dito nei segni reali del dono, di toccare le ferite non cancellate dal corpo del Cristo.

Per tanto tempo ho pensato che Gesù si rivolgesse a Tommaso con un tono di rimprovero; ora mi piace invece credere che abbia usato tenerezza e comprensione. Certo, alla fine l’invito è a credere pur senza aver visto. Ma alla fede, quella vera, quella scelta, quella fatta nostra, si arriva solo mettendo in discussione le ricette già scritte da altri, le risposte preconfezionate. Alla fede si arriva in un percorso di crescita che sa guardare in profondità e sa dare spazio alle domande più vere per poter così fare un incontro personale con il Risorto.

Lo vediamo anche in questi giorni di pandemia: quante parole superficiali in ambito ecclesiale, quante risposte acquietanti che non sanno farsi carico del dramma dell’uomo. Abbiamo ascoltato troppe poche parole che prendano sul serio la sofferenza e prendano sul serio il mistero di Dio.
Dobbiamo aver coraggio di far parlare le domande, i dubbi, anche la ribellione che abita in noi, senza riempire tutto e subito di vuote parole per sedare coscienze e inquietudini.
Come consigliava Pierluigi Cappello nella poesia Scritta da un margine, tratta dalla raccolta Stato di quiete (2016), quel Pierluigi Cappello che aveva patito sofferenza e dolore, essendo su una sedia a rotelle dall’età di 16 anni:

Scritta da un margine

Non si tratta di riempire, si tratta
di far parlare il vuoto. L’ortensia
si è piegata al frutto della luce
ma non c’è tensione oltre le siepi di lauro,
nella tenue foschia della mezza mattina. Sarà
il tremolare delle gemme di marzo, sarà
l’aria spartita dal raschio di un autocarro
e il ricomporsi del silenzio che chiude una scia.
Dalla testolina di un passero, la prospettiva
accompagna lo sguardo alle quinte di alberi alti
dove il cielo si rompe in turgore e il bianco
ha il sapore di un inno; si vive
appena sopra la superficie del sogno
e tutto accade ad un passo da qui.

L’incipit del testo è il consiglio per prendere sul serio la nostra vita e il tempo che attraversiamo: «Non si tratta di riempire, si tratta / di far parlare il vuoto». Far parlare il vuoto, far parlare l’assenza, la mancanza.
Come Tommaso, che fa parlare il vuoto creato dalla morte del Maestro e con grande libertà dice: voglio vedere, voglio toccare, voglio capire. Osservare ciò che ci circonda, l’ortensia come il passero; ascoltare il silenzio e alzare lo sguardo al cielo. Contemplare, ammirare, interrogare. Sapere che «tutto accade ad un passo da qui». Ma per capire che accade, è necessario saper guardare con i propri occhi, lasciarsi mettere in discussione da quanto ci circonda, cercare di entrare nel mistero che è l’esistenza.
Così correremo il rischio di mettere il dito nelle piaghe di oggi, ma potremo anche trovare la vita e il Risorto.

Una risposta a “Tommaso, capace di far «parlare il vuoto»”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Sempre acuminato, Sergio… Con alfa non-privativo😆..
    In qs gg le TV cercano di riempire ma imo sempre più vuote! Mi hanno dis-gustato, credo definitivamente, specie i TG (cfr quello ha detto e l’altro ha detto..) Torno precipitosamente alla Parola ( dopo anni ho ri-preso in mano le Lodi, libretto blu di Martini..) loro sì che ti sollevano in Alto dal vuoto.
    Chiudo col fine vero di qs msg
    OK Tommaso ci ha lasciato così ma ci ha messo la faccia…
    Mah! E l’incredulità degli altri, DOVE vogliamo metterla??
    ( cfr il passo specifico😭)

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